“Startup, il successo non dipende dai decreti”

Ancora vacanti alcune norme, come quella che prevede la creazione di una nuova impresa senza la necessità di riccorere al notaio. Ma l’avvocato Antonia Verna dello studio Portolano Cavallo avverte: “La semplificazione aiuta ma in alcuni casi può generare un effetto boomerang”

Pubblicato il 07 Dic 2015

Mila Fiordalisi

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“La semplificazione delle norme e delle procedure aiuta senz’altro l’avvio di un’impresa, ma per il successo di un’azienda ciò non è sufficiente. Anzi, in alcuni casi troppa semplificazione può generare un effetto boomerang”. La pensa così l’avvocato Antonia Verna dello studio Portolano Cavallo, specializzato nelle tematiche che riguardano operazioni di investimento, venture capital e startup.

Fra i decreti attuativi che devono ancora essere emanati, quello ad esempio che riguarda la possibilità di dare vita ad una startup senza dover ricorrere al notaio (lo prevede l’Investment Compact). “In attesa delle disposizioni attuative di tale normativa, è comunque possibile avvalersi di una procedura semplificata per la costituzione di una startup: mi riferisco alla procedura di costituzione della srl semplificata, che prevede la compilazione di un modulo prestampato da parte del notaio. Una modalità usata da non poche startup ma che può rivelarsi un’arma a doppio taglio”. Secondo l’esperienza dell’avvocato Verna la compilazione del modulo prestampato – “che non è possibile modificare in nessuna sua parte” – spesso e volentieri non rende onore alle attività che le new company si apprestano ad avviare, lasciando “lacune” che impediscono alle startup di avvalersi di nuovi strumenti , come ad esempio il work for equity o l’emissione di categorie di quote o di strumenti finanziari partecipativi. Come a dire, la semplificazione estrema è un troppo che storpia al pari del caos estremo. “Una srl semplificata si configura poi come un soggetto poco credibile da un punto di vista economico. Per creare un’azienda di questo tipo basta un euro di capitale a fronte dei 2.500 necessari per una srl “tradizionale” con più soci e capitale minimo di 10mila euro. Sorge spontanea una domanda: come si può pensare di fare impresa con un euro di capitale?”.

Secondo l’avvocato dello studio Portolano Cavallo il 2016 vedrà l’Italia delle startup sempre più protagonista nello scenario europeo. “La raccolta fondi si sta facendo più cospicua e sta crescendo la consapevolezza nelle potenzialità del mercato, nonché la voglia di investire e di rischiare. Ma per avere un peso nello scenario economico e contribuire alla crescita del Paese è opportuno che le nostre startup acquisiscano le competenze tecniche necessarie per rapportarsi ad investitori sempre più sofisticati e si diano obiettivi di business da impresa tout court non solo in termini di crescita, ma anche e soprattutto di struttura organizzativa interna”. Insomma più sostanza e meno forma e soprattutto più network: “Sono molte le startup che si rivolgono a noi pensando che possiamo aiutarle a trovare investitori. Questo perché sul territorio manca un sistema rete in grado di far circolare le informazioni e far dialogare tra loro tutte le parti interessate. Lo scenario dal 2012 è profondamente cambiato: ci sono decine e decine di acceleratori e incubatori sparsi per tutta Italia e sono nati nuovi fondi e società che investono in startup, ma ciò non è sufficiente: se non si sviluppa una “rete” efficiente di comunicazione e non si incentiva lo spirito di collaborazione tra tutti gli operatori del settore non si va da nessuna parte”.

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