Aumento delle start up innovative, diminuzione degli investimenti pubblici ma incremento di quelli non istituzionali, Paese a due velocità. È il ritratto tracciato dal secondo report da Italia Start up “The Italian Startup Ecosystem: Who’s Who”, presentato allo Smau di Milano, iniziativa nata con il supporto del Ministero dello Sviluppo Economico e la collaborazione degli Osservatori del Politecnico di Milano e Smau.
Qualche dato della ricerca: 2.716 sono in Italia le startup innovative, con una crescita del 120% rispetto al 2013 che erano 1227, mentre le startup finanziate crescono del 74% passando da 113 nel 2013 a 197 nel 2014. Per quanto riguarda gli investimenti pubblici invece si ha una contrazione del 15% (passando da 129 milioni di euro contro i 110 milioni di quest’anno, cifra inoltre molto bassa se paragonata agli altri paese europei, anche se aumentano gli investimenti da parte di soggetti non istituzionali, i cosiddetti business angel.
“Le start up sono aumentate così tanto perché vi sono stati contributi per aiutare le start up innovative a venir fuori”, commenta Davide Dattoli, 24 anni, che di start up se ne intende essendo co-founder di Talent Garden, il primo coworking in Italia con il quartier generale a Milano, ma oramai approdato anche a Bergamo, Brescia, Cosenza, New York, Padova, Genova, Pisa e Torino e che conta la condivisione di spazi tra 500 creativi italiani e non solo.
“Il fatto che il numero di investimenti totali non sia cresciuto – aggiunge Dattoli – non è che sia tanto negativo, perché sta tornando una certa proporzione abbastanza normale tra il numero delle start up totale e di quelle investite. Il Governo ha già fatto parecchio con i decreti start up, oggi quello che potrebbe fare è migliorare queste norme, visto che sono abbastanza recenti. Lo stato non deve investire direttamente nelle start up innovative, ma investire nei fondi di investimento up in modo che ci sia un supporto anche privato che migliori la qualità di questi. Infine il Governo potrebbe utilizzare l’enorme patrimonio immobiliare del nostro paese mettendolo a disposizione di realtà giovani e innovative, che potrebbero sfruttarlo molto di più mettendo a reddito e a fattor comune questi spazi”.
Dal rapporto emerge anche che le competizioni o gli eventi dedicati alle start up sono in aumento, passando da 33 a 50 e dimostrando il fermento e l’interesse verso questo settore.
Di recente si è tenuto Digitalmeet in 13 città del Nord est Italia coinvolgendo anche la Croazia e la Slovenia, evento di cui è promotore proprio Tag e Dattoli e a cui la Piccola e media impresa ha risposto molto bene, partecipando ad esempio all’evento dedicato all’e-commerce per PMI in 260 realtà del territorio, un dato molto importante che fa capire come la PMI stia capendo che per superare questa crisi l’impresa tradizionale ha bisogno dell’innovazione.
Non sono quasi per niente cresciuti i cosiddetti incubatori innovativi o parchi scientifici: infatti dai dati risulta che sono 100 gli incubatori ed acceleratori e lo scorso anno erano 97; 38 i parchi scientifici (sono diminuiti, erano 40) e 62 gli spazi di coworking, diminuiti di una unità.
Per Dattoli “non sono cresciuti incubatori, non sono cresciuti coworking per l’innovazione o centri per l’innovazione, perché penso fondamentalmente che siano già troppi. Abbiamo un ecosistema abbastanza frammentato rispetto al numero delle start up, quindi lo ritengo un dato positivo.”
Quello invece che non è tanto positivo è l’immagine a due velocità dell’Italia emersa dal rapporto con un’alta concentrazione al Nord di start up, con un centro e un sud Italia davvero indietro. Infatti le percentuali di presenza delle start up innovative parlano chiaro: 57% al Nord, 21% al Centro e 22% al Sud. Gli investitori istituzionali sono dislocati rispettivamente 75% al Nord, 19% al Centro e 6% al Sud. Gli incubatori: 58% N, 21% C, 21% S. I Parchi scientifici e tecnologici: 50% N, 24% C, 26% S. Gli spazi di coworking: 69% N, 19% C, 12% S e così via.
Studiando questo fenomeno e non solo il cofounder di Talent garden sottolinea questa frammentarietà come un punto debole del sistema Italia e rimarca la sua filosofia: “Di sicuro quello che si legge è un’Italia a due velocità, in cui la Lombardia con Milano fa da padrona e poi le altre regioni seguono più o meno velocemente. Questa è un po’ la filosofia con cui Talent garden si muove – conclude Dattoli – con cui contrastare questo sbilanciamento: promuovere non solo un territorio, ma promuovere e muoversi in vari territori diversi, proprio perché crediamo che dobbiamo dare la possibilità alle città e territori secondari di essere connessi non solo alla Lombardia, ma un pochino in tutto il mondo. È questo che stiamo facendo, stiamo dicendo tu puoi rimanere nella tua città, ma entri a far parte di una piattaforma di un network che ti permette di sviluppare e fare contatti nei territori in cui ci sono più finanziamenti”.