SCENARI

Tech women: 600 miliardi di extra Pil ma in Europa è una chimera

È quanto stima McKinsey secondo cui, per mettere a segno il risultato, la quota di donne nel settore dovrebbe raddoppiare dall’attuale 22% ad almeno il 45%, pari a 3,9 milioni di addette. Ma la situazione potrebbe addirittura peggiorare: nel 2027 si rischia di scendere al 21%

Pubblicato il 11 Apr 2023

Women in tech

Le donne impiegate nel settore hitech possono portare all’Europa fino a 600 miliardi di euro di Pil aggiuntivo entro il 2027 – ovviamente, se ci sarà un numero significativo di professioniste della tecnologia nella forza lavoro. Si tratta di raddoppiare la quota di donne occupate in Europa in quest’ambito, portandola a circa il 45%, ovvero circa 3,9 milioni di donne in piazza entro il 2027. La stima emerge dal rapporto “Women in tech: The best bet to solve Europe’s talent shortage” a cura di McKinsey (SCARICA QUI IL REPORT COMPLETO).

Il titolo dello studio evidenzia il ruolo chiave che le donne possono svolgere nel risolvere la penuria di talenti hitech nel nostro continente: la forza lavoro potenziale esiste, ma occorre agire per dare pari opportunità di carriera nel settore tecnologico, migliorare il work-life balance e portare le donne verso le competenze tecnologiche innovative.

Nei lavori cloud e DevOps solo l’8% di donne

Attualmente, rileva lo studio, solo il 38% dei laureati in materie Stem sono donne, solo il 22% delle persone con un ruolo tech sono donne e nelle posizioni più ricercate, ad esempio DevOps e Cloud, la quota di donne è pari all’8%.

Allo stato attuale il problema – secondo lo studio – è destinato a peggiorare. Il tasso di ingresso delle donne nelle discipline Stem durante l’istruzione superiore è in calo. Inoltre, la quota di donne nella forza lavoro è più bassa nei ruoli tecnologici che stanno crescendo più rapidamente, come DevOps e cloud. Ai ritmi attuali, la quota di donne che svolgono professioni tech in Europa è destinata ad arrivare al 21% entro il 2027.

Gli ostacoli per le donne nel tech

Per capire meglio perché l’Europa fatichi a trovare e trattenere talenti tecnologici femminili e per determinare come affrontare al meglio il problema, McKinsey ha analizzato l’intero percorso di formazione in Europa, dalla scuola primaria fino all’ingresso nel mondo del lavoro.

Dall’indagine emerge che un calo significativo della percentuale di donne nei corsi Stem si verifica in due momenti: durante la transizione dall’istruzione primaria e secondaria all’università, quando la percentuale scende di 18 punti, e durante la transizione dall’università alla forza lavoro, quando scende di altri 15 punti.

Mentre il tasso di donne che lavorano all’interno di aziende tecnologiche (come i social network) è vicino a quello degli uomini, il tasso di donne che svolgono professioni legate alle tecnologie (come sviluppatori e ingegneri dei dati) è molto più basso.

Gli interventi possibili: più supporto e flessibilità 

Quattro interventi potrebbero aumentare la quota di donne nel totale dei ruoli tech in Europa fino a circa il 45% entro il 2027.

Il primo è rimodulare consentendo alle donne del settore tecnologico di affermarsi sul lavoro. Secondo l’analisi condotta da McKinsey il numero di donne che ricoprono ruoli nel settore tech potrebbe aumentare di 480.000 persone, fino a raggiungere il milione, se le aziende, e gli uomini in posizioni di influenza, fornissero alle donne il supporto necessario per crescere e affermarsi.

Le aziende dovrebbero iniziare con un piano completo che affronti attivamente i punti dolenti e le esigenze delle donne. Circa il 70% delle donne nel settore tecnologico, infatti, sente di dover lavorare di più e di dover dimostrare il proprio valore a causa del proprio sesso.

In questo intervento rientra il miglioramento della flessibilità sul lavoro. Circa il 7% delle donne europee (contro lo 0,5% degli uomini) è fuori dal mondo del lavoro a causa delle responsabilità di caregiving. Quasi una donna su quattro cita la mancanza di equilibrio tra lavoro e vita privata come una delle ragioni principali per cui ha abbandonato la carriera nel settore tecnologico. Offrire programmi di lavoro a distanza o ibridi, orari di lavoro flessibili e assistenza all’infanzia in loco, ad esempio, può fare una grande differenza.

Trattenere i talenti con le opportunità

Il secondo intervento prevede di agire per trattenere i talenti, dando alle donne un motivo per rimanere nel settore tecnologico. Oltre la metà delle donne che lavorano nel settore tecnologico lo abbandonano a metà carriera – più del doppio degli uomini – con il risultato che molte meno donne raggiungono ruoli di leadership. Migliorando la fidelizzazione delle donne, le aziende europee potrebbero aumentare la loro presenza nel settore tecnologico da 370.000 a 440.000 persone.

Due le ragioni principali di abbandono: la prima è che le aziende non forniscono alle donne un supporto sufficientemente solido da parte del management e/o buone opportunità. Il secondo problema è che le donne che aspirano a ricoprire ruoli migliori nel settore tech spesso sentono di dover cambiare datore di lavoro. Questo fa parte di una tendenza più ampia: secondo una ricerca McKinsey cambiare datore di lavoro è la strada intrapresa da quasi l’80% di tutti i lavoratori che vogliono migliorare il proprio ruolo.

Formazione e redistribuzione dei ruoli

Terzo intervento: ridistribuire. Bisogna portare le donne verso i ruoli tecnologici rilevanti. Molte donne lavorano nei ruoli tecnologici in più rapido declino, come gli amministratori di sistema e gli analisti programmatori, che sono anche i ruoli che sono stati colpiti dalle recenti ondate di licenziamenti nel settore tecnologico. Le aziende dovrebbero concentrarsi sull’assunzione e sulla formazione di donne che vadano a ricoprire i ruoli che stanno acquisendo importanza nel mercato e nella società, come i responsabili di prodotto, gli ingegneri dell’apprendimento automatico e gli esperti di intelligenza artificiale. Le aziende potrebbero prendere esempio dalle imprese tecnologiche, dove oggi circa il 44% delle donne che ricoprono ruoli tecnologici provengono da percorsi di studio non scientifici e imparano sul posto di lavoro.

Il potenziale che può essere sbloccato con la ridistribuzione dei ruoli proviene da due gruppi. Il primo è costituito dalle donne europee che possiedono le competenze tecnologiche più richieste, come Sql e Python, ma che lavorano in ruoli non tecnologici (270.000-850.000 donne), il 39% delle quali ha una formazione Stem e il 3% no. Il secondo gruppo è composto da donne europee con competenze tecnologiche attigue a quelle più richieste, ad esempio C++, Java e Linux, e che hanno già le basi per imparare Python.

Tirocini e coaching nelle facoltà Stem

Quarto intervento, indica ancora McKinsey, è potenziare. Occorre rispondere al calo delle materie Stem all’università. Far sì che un maggior numero di ragazze scelga una specializzazione Stem è una grande ambizione, ma non servirà a molto. Considerando gli attuali tassi di abbandono nei corsi di laurea, anche se i Paesi europei riuscissero ad aumentare dell’1% il numero di ragazze che si iscrivono ai corsi universitari Stem (circa 300.000 donne), questo porterebbe solo a circa 15.000 donne in più che intraprendono ruoli tecnologici fino al 2027.

L’offerta di programmi di sostegno alle donne che già frequentano corsi universitari Stem può invece avere un impatto maggiore. Iniziative come offrire maggiori e migliori opportunità di tirocinio, fornire mentoring e coaching alle donne che si preparano a entrare nel mondo del lavoro può aiutare ad aumentare i tassi di laurea delle donne nelle Stem e aumentare il loro numero complessivo nel settore tecnologico di circa 225.000-695.000 persone.

In Italia riparte StartupHer

Via alla seconda edizione di StartupHer, la call to action per startup dell’innovazione al femminile, ideata per sostenere e rafforzare le buone idee imprenditoriali e superare i limiti del gender gap. Rinnovato per il 2023 il coinvolgimento dei partner del progetto che confermano il loro pieno supporto e contributo: da Agos Ducato, la società finanziaria main partner di StartupHer, all’Associazione Donne 4.0 e Le Village by Crédit Agricole Milano, due realtà strategiche ed impegnate nel sostenere la crescita delle nuove generazioni per accelerare progresso e innovazione, fino a Daxo Group, società di consulenza e formazione strategica di digital transformation che ha ideato il progetto e ne gestisce il programma di mentoring e incubazione.

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