IL DIBATTITO

TikTok, Giacomelli: “Democrazie devono difendersi”

Il commissario Agcom interviene sul nuovo “caso cinese”, ossia sui ban a catena dell’app dagli Stati Uniti all’Europa in nome della tutela della sicurezza. Anche in Italia misure al vaglio a partire dal divieto di utilizzo per i dipendenti pubblici sull’onda della decisione Ue

Pubblicato il 03 Mar 2023

Domenico Aliperto

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Le decisioni su TikTok assunte dalla Commissione europea, dal Consiglio Ue e dall’amministrazione americana ripropongono nuovamente, come nel caso di strategie pianificate di disinformazione, la necessità per le democrazie di difendersi da offensive che puntano ad alterare i corretti processi democratici’’. Così ha parlato il commissario Agcom Antonello Giacomelli nel corso del seminario organizzato dall’Arel intitolato ‘’Piattaforme e nuovi regolamenti Ue, quali diritti per il cittadino?’’ e di scena ieri a Roma. ‘’Mi domando”, ha proseguito Giacomelli, “se non dobbiamo porci in termini più generali il problema della coesistenza, nello stesso mercato globale, tra Paesi democratici e autocrazie illiberali, prendendo atto che l’assenza di condivisione dei valori fondamentali della persona, della sua libertà e della sua dignità, rende difficile parlare, con lo stesso significato, di libero mercato”.

L’ipotesi di bloccare TikTok per i dipendenti pubblici

La parole di Giacomelli arrivano a pochi giorni dall’annuncio fatto dal Ministro della Pa Paolo Zangrillo, che ha aperto un dossier con l’ipotesi di bannare l’app della cinese ByteDance dagli smartphone dei dipendenti pubblici. Una dichiarazione di intenti che fa seguito al provvedimento preso nei giorni scorsi dalle istituzioni europee, che a loro volta hanno seguito a ruota la decisione del governo americano di escludere l’accesso alla piattaforma social dai device dei dipendenti delle agenzie federali.
Il tema – aveva precisato Zangrillo – “è all’attenzione da qualche giorno” e sull’argomento, per il quale si promette una decisione in tempi brevi, si sta “già impegnando il Copasir“, il Comitato parlamentare per la sicurezza che controlla i servizi segreti italiani. “È evidente che il mio ministero, avendo 3,2 milioni di dipendenti, è fortemente coinvolto”.

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Sul tavolo sono due le opzioni possibili: “muoversi come si è mossa la Commissione europea”, che ha messo al bando il celebre social network dei video brevi, “o eventualmente assumere una decisione diversa”. Prima però il governo intende valutare attentamente la situazione. “È una scelta che non posso compiere in solitaria, mi devo confrontare con le altre istituzioni e insieme concorderemo una linea“, aveva detto Zangrillo, annunciando che proprio in questi giorni si sarebbe aperto un confronto per “cercare di arrivare a una sintesi. Prenderemo una decisione in fretta. Ora dobbiamo comprendere bene quale è effettivamente la profondità dei rischi legati alla sicurezza nazionale“.

TikTok: “Ma i dati degli utenti non sono in Cina”

Alle dichiarazioni del ministro Zangrillo aveva fatto immediatamente seguito la replica di Giacomo Lev Mannheimer, responsabile relazioni istituzionali Sud Europa di TikTok, il qualche ha spiegato che “i dati degli utenti italiani, così come quelli europei, non sono conservati in Cina ma negli Stati Uniti e Singapore e presto all’interno dell’Unione Europea nel data center irlandese. Così come dichiarato pubblicamente più volte, il governo cinese non ha mai chiesto l’accesso ai dati dei nostri utenti e laddove dovesse non li condivideremmo. “La nostra strategia di data governance, in conformità al Gdpr, si basa su un approccio volto a limitare il più possibile l’accesso ai dati, riducendone al minimo il flusso al di fuori dell’Europa, nel rispetto di rigidi protocolli di sicurezza”, ha aggiunto Mannheimer per il quale, “così come per la decisione della Commissione europea, vorremmo rimarcare la nostra piena disponibilità a chiarire i dubbi del governo italiano, auspicando in un confronto dettato da regole e processi certi e trasparenti”.

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