INTERVISTE

Tim Berners-Lee: “Giusta la legge sui cookie. Ma interpretata male”

L’informatico padre del World Wide Web: “Apprezzo l’attenzione alle regole dell’Europa anche se si scontra spesso con la difficoltà di scrivere leggi da applicare a tecnologie e servizi che verranno utilizzati domani”

Pubblicato il 03 Dic 2015

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“Apprezzo l’attenzione alle regole dell’Europa anche se si scontra spesso con la difficoltà di scrivere una legge da applicare alle tecnologie, ai servizi che le persone useranno domani. Quella sui cookie per esempio era parzialmentte giusta, eppure è stata interpretata male: gestori di siti che non tracciavano i loro utenti hanno trovato ingiusta l’universalità del provvedimento. C’è bisogno di un vocabolario comune fra chi fa siti, chi li frequenta e chi detta le regole”. Cosi’ Tim Berners-Lee, il fisico che nel 1989 invento’ la Rete, in un’intervista al Corriere della Sera.

In Rete, spiega, “abbiamo qualche monopolio, certo”. “La storia del web e’ apparentemente una storia di alternarsi di monopoli, ma la verita’ e’ che all’improvviso il vento cambia e l’enfasi si sposta altrove: mentre siamo concentrati sul presunto ‘nemico’ del momento, arrivano invenzioni. In rete c’è molto piu’ offerta di quella che appare: ci sono le grandi compagnie ma anche le piccole che non profilano i propri utenti. Anche se in questa parte di mondo Google resta dominante, esistono altri siti che si prendono cura delle informazioni personali degli iscritti”. “Il web e’ ancora un mercato libero e per questo puo’ cambiare velocemente”.

Berners-Lee riflette poi sulle limitazioni alla privacy per favorire la sicurezza: e’ “una relazione parecchio difficile che comprende innanzitutto una questione di responsabilita’: dare conto delle proprie azioni. Se c’e’ bisogno di raccogliere i dati dei cittadini a scopo di sicurezza o di anti-terrorismo, ho il diritto di sapere a cosa servono i miei dati e chi li gestira'”.

“Responsabilita’ significa non consentire un accesso di massa ai dati privati, ma limitare l’attivita’ a un fine, rendendo trasparente il processo. Le rivelazioni di Snowden hanno mostrato che la raccolta dei nostri dati avviene invece in un vuoto preoccupante di responsabilita'”.

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