IL DOSSIER RETE

Tim, ecco il piano occupazione: 20mila lavoratori in Netco, 16mila in Servco

Varata la riorganizzazione. I sindacati si appellano al governo. Uilcom: “Servono risposte chiare anche sui criteri di divisione di apparati e infrastrutture”. I 5 Stelle chiedono al ministro Giorgetti di riferire in Aula sull’operazione di cessione

Pubblicato il 24 Nov 2023

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Tim vara l’organizzazione di Netco, il ramo d’azienda che verrà conferito in FiberCop al closing dell’operazione di cessione della rete fissa a Kkr, previsto per l’estate 2024.

La distribuzione delle risorse

Il ramo d’azienda comprenderà l’infrastruttura di rete fissa e gli immobili di pertinenza, di cui avrà in carico la gestione, l’attività wholesale e l’intera partecipazione nella controllata Telenergia. La divisione si compone di oltre 20 mila persone, di cui già oggi oltre 19 mila lavorano in ambito di Wholesale & Network, mentre altre 900 circa confluiscono dalle funzioni Staff di Tim.

I lavoratori di Servco

A seguito della nuova organizzazione, Servco – si tratta delle componente servizi del gruppo Tim – occuperà al primo dicembre complessivamente circa 16.300 Full Tim Equivalent corrispondenti a circa 17.500 persone, e comprenderà per competenza la componente relativa alla rete mobile.

La reazione dei sindacati

I sindacati, a cui era già stato presentato il riassetto, hanno preso atto della situazione e chiederanno al governo di farsi garante del perimetro occupazionale sia di Netco e Servco. La Uilcom ritiene però “quantomeno bizzarro poter affrontare un incontro parlando di come verranno divise le varie strutture e dove saranno allocate le persone, senza prima avere alcuna certezza sul futuro e sulle prospettive delle stesse lavoratrici e lavoratori”.

Al netto del numero dei lavoratori che passeranno, il sindacato evidenzia come “sulle questioni tecniche, e sui relativi criteri di divisione di apparati e infrastrutture, non ci sono state risposte puntuali”.
Uilcom rileva come il governo stia latitando da mesi al confronto con le parti sociali e “anche l’ingresso dello Stato nella Netco appare relegato ad una successiva fase, lasciando come unica certezza la proprietà della rete da parte del fondo speculativo, e generando forti preoccupazioni anche per quella che fino a ieri veniva considerata un porto sicuro in cui approdare”.
“Ma fino a quel momento, continueremo, a differenza degli slogan di circostanza di qualcuno, ad opporci all’operazione ed a manifestare il nostro dissenso  in tutte le sedi opportune, a gridare la nostra contrarietà ad un progetto che smembra il gruppo Tim, crea due società di dubbia sostenibilità (al momento due poi chissà), e consegna nelle mani di un fondo di speculazione americano, lo stesso fondo protagonista dell’annunciata chiusura dello stabilimento Magneti Marelli di Crevalcore, parte della rete oggi di proprietà di Tim Spa, relegando ad un futuro incerto le lavoratrici ed i lavoratori del Gruppo”.

I 5 Stelle chiedono chiarimenti a Giorgetti

Intanto il M5S, attraverso il deputato Marco Pellegrini, chiede che il Governo, in particolare il responsabile del Mef Giancarlo Giorgetti, venga a riferire nell’Aula di Montecitorio sulla “vendita di Tim a due fondi speculativi: il kkr statunitense e uno emiratino”.

“Lo avevamo chiesto già tempo fa – ricorda il parlamentare – ma a più di un mese dalla nostra richiesta nè Giorgetti, nè il resto del governo sono venuti a riferire” e questo è “gravissimo perchè si tratta di questioni di sicurezza nazionale”. “I contorni di questa operazione vengono resi noti da organi di informazione, in assenza di comunicazioni del governo”, prosegue il parlamentare che sottolinea come il fondo americano e quello di Abu Dabi “dovrebbero avere il 65% della società, mentre al governo ora non toccherebbe più del 20%”. Ora, incalza Pellegrini, da informazioni giornalistiche “emergono altri dettagli come quello del rafforzamento dei fondi esteri nella proprietà di Tim”. Kkr, prosegue il deputato, “aveva già investito in Fibercop”.

“Il valore della rete secondaria”, poi, “è aumentato”, quindi, “quando la Netco vedrà la luce, i due fondi potrebbero avere una quota maggiore di quella che si ipotizza sinora, arrivando sino al 75%. E il Tesoro non potrà esercitare più il minimo controllo pubblico”. “Situazione ancora più grave per Sparkle perché dispone delle reti sotomarine”, insiste il pentastellato.

“Perché quello che il governo dice ai giornali, attraverso conunicati stampa, non viene a dirlo al Parlamento?”, chiede Pellegrini che ribadisce l’invito a “Giorgetti a riferire in Aula”. “Come Movimento 5 stelle – assicura – seguiremo questa vicenda con grande attenzione fino a quando non verrà garantito un controllo pubblico vero su questo asset così importante” anche per la sicurezza del Paese.

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