L'OPA DI KKR

Tim, per i piccoli azionisti l’offerta non basta. Il paper di Ibl: “Tic nazionalista, nulla da temere”

Secondo Asati il valore opportuno sarebbe tra 0,7-0,8 euro per azione. Il presidente Lombardi: “Contrari a eventuali spezzatini, gli asset devono rimanere uniti”. L’Associazione sostiene Gubitosi. L’Istituto Bruno Leoni si schiera a favore dell’operazione americana e accusa i fautori del Golden Power: “La rete sempre invocata come pretesto per intervenire a gamba tesa sull’azienda”

Pubblicato il 23 Nov 2021

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“Il titolo Telecom Italia è ancora troppo sottovalutato, quindi il valore di 0,5 euro ad azione, proposto da Kkr, è troppo basso, il valore opportuno sarebbe tra 0,7-0,8 euro per azione”: questa la posizione di Asati, l’associazione che rappresenta i piccoli azionisti di Telecom Italia, messa nero su bianco dal presidente Franco Lombardi in una lettera agli azionisti.

Asati considera positiva l’attenzione del fondo americano e la proposta di acquisto del 100% delle azioni ordinarie e di risparmio – “si mette un punto fermo nella disputa in atto tra Vivendi e il top management dell’azienda” – ma non concorda sulla proposta economica. L’Associazione tiene inoltre alta la guardia sul futuro dell’azienda:Asati è fortemente contraria ad un eventuale spezzatino da parte del compratore che penalizzerebbe ulteriormente l’azienda. Gli asset importanti e pregiati, come Sparkle, Tim Brasil, la rete, o Noovle, devono rimanere uniti”. Pieno sostegno l’Ad Luigi Gubitosi: “Siamo contrari ad un eventuale cambio dei vertici. Questi ultimi due cda straordinari sono serviti in qualche modo ad aumentare la tensione sulla dirigenza”. In conclusione della missiva Asati “consiglia a tutti gli azionisti di mantenere le attuali posizioni in attesa di una contro offerta migliore che possa essere avanzata a breve dall’azionista di riferimento Vivendi e soprattutto dalla posizione del governo italiano attraverso Cdp”.

Il paper dell’Istituto Bruno Leoni: “Non abbiamo da temere da Kkr, no a nazionalismi”

Sul dossier Kkr si è espresso anche l’Istituto Bruno Leoni in un paper: “È un soggetto da cui non abbiamo proprio nulla da temere: anche perché la rete, sempre invocata come pretesto per intervenire a gamba tesa su Tim, è un asset disciplinato da norme nazionali ed europee”. Secondo Ibl l’eventuale stop all’operazione da parte del Governo attraverso il Golden Power potrebbe nascere da un “nazionalismo economico” oppure dalla “pretesa, o la speranza, che un investitore nazionale sia più mansueto di fronte alle richieste della politica”. “L’idea che un azionista straniero possa abusarne (di Tim, ndr) e che invece un azionista nazionale non lo farebbe non è solo smentita dall’esperienza recente – Tim ha influenti azionisti esteri dal 2007 – ma è, semplicemente, ridicola. Peraltro, è ancora più insostenibile la tesi che gli investimenti esteri siano una specie di notte dove tutte le vacche sono nere: nell’esercizio del golden power dovremmo non solo distinguere tra soggetti europei ed extraeuropei, ma anche – tra questi ultimi – tra investitori che provengono da paesi trasparenti e tradizionalmente attenti alla rule of law (come gli Stati Uniti) e quelli che invece arrivano da paesi dove la commistione coi governi è molto più profonda e opaca (come la Cina)”.

La richiesta di far scattare il semaforo rosso, secondo Ibl si spiega solo in due modi: “L’onnipresente tic nazionalista e la pretesa, o la speranza, che un investitore nazionale sia più mansueto di fronte alle richieste della politica. Ma, in questo modo, e a prescindere da come si risolverà la partita attorno al controllo di Tim, non si fa altro che trasmettere dell’Italia l’immagine di un paese che dice di volere investitori esteri (e sulla loro attrazione stanza ingenti risorse), ma in realtà ne desidera solo i soldi, senza che essi possano realmente esercitare le loro prerogative di azionisti. Non cerchiamo investimenti, ma elemosine: dimenticandoci che il motore della crescita è mosso dai primi”.

I sindacati non mollano la presa

Non mollano la presa i sindacati pronti anche alla mobilitazione. In ballo ci sono 40mila lavoratori. “La difesa degli attuali livelli occupazionali ed il loro sviluppo non possono passare dal rimanere in attesa di cosa farà il mercato o da un gruppo di lavoro, la politica nella sua più alta rappresentazione ovvero i Ministri ed il Presidente del Consiglio prenda una posizione urgente e chiara che preservi le infrastrutture del Paese e gli occupati del settore”, si legge nella nota congiunta a firma delle Segreterie generali di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil. “Ci dispiace constatare che, malgrado i segnali che, come sindacato, avevamo manifestato al Governo ed in particolare al ministro Giorgetti, le richieste del Sindacato siano cadute nel vuoto”.

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