L'INTERVENTO

Transizione digital & green, Lagarde: “Serve unione dei mercati dei capitali”

La presidente della Bce: “I governi hanno i livelli di debito più alti dalla seconda guerra mondiale e i finanziamenti europei per la ripresa termineranno nel 2026. Non possiamo fare affidamento sul quadro esistente per sostenere gli investimenti”

Pubblicato il 17 Nov 2023

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La sfida della digitalizzazione e quella del contrasto ai cambiamenti climatici dovranno essere in cima all’agenda dell’Europa se il vecchio continente vorrà fare in modo che il proprio sistema economico rimanga competitivo sullo scacchiere internazionale. A sottolinearlo, durante il suo intervento al Congresso Bancario Europeo, è Christine Lagarde, presidente della Bce.

La sfida delle “tre D”

L’Europa si trova ad affrontare una serie di sfide comuni, tra cui le ‘tre D’: deglobalizzazione, demografia e decarbonizzazione, che incombono sempre di più – afferma Lagarde – Vi sono segnali crescenti che l’economia globale si sta frammentando in blocchi concorrenti. Ci stiamo avvicinando a un punto di svolta demografico atteso da tempo: nell’area dell’euro, un calo continuo della popolazione in età lavorativa, quindi quella di età compresa tra 15 e 64 anni, sembra destinato a iniziare già nel 2025. E l’impatto dei disastri climatici aumenta ogni anno, così come la necessità di azioni a favore del clima. Affrontare tutte queste sfide contemporaneamente richiederà uno sforzo generazionale e sono necessari ingenti investimenti in un breve lasso di tempo“.

Il ruolo della digitalizzazione

“Con la comparsa di nuove barriere commerciali, dovremo rivalutare le catene di approvvigionamento e investire in nuove che siano più sicure, più efficienti e più vicine a casa – prosegue la presidente della Banca Centrale Europea  – Man mano che le nostre società invecchiano, avremo bisogno di utilizzare nuove tecnologie in modo da poter produrre maggiori risultati con meno lavoratori. La digitalizzazione aiuterà. E man mano che il clima si riscalda, dovremo portare avanti la transizione verde senza ulteriori ritardi. Per dare un’idea dei volumi in gioco, la Commissione Europea stima che la sola transizione verde richiederà investimenti aggiuntivi di 620 miliardi di euro ogni anno, in media, fino al 2030, e altri 125 miliardi di euro all’anno saranno necessari per la transizione digitale. Proprio come negli Stati Uniti nel 19° secolo, che finanziarono lo sviluppo delle ferrovie, è chiaro che non possiamo fare affidamento sul quadro esistente per finanziare questi investimenti“.

Il problema dell’indebitamento degli Stati

I governi hanno i livelli di debito più alti dalla Seconda Guerra Mondiale e i finanziamenti europei per la ripresa termineranno nel 2026 – sottolinea Lagarde – Le banche avranno un ruolo centrale da svolgere, ma non possiamo aspettarci che si assumano così tanti rischi nei loro bilanci. Questo mi porta all’unione dei mercati dei capitali. Nonostante due piani d’azione della Commissione Europea, il mercato dei capitali europeo rimane frammentato. L’integrazione finanziaria è inferiore rispetto a prima della crisi finanziaria. I mercati obbligazionari sono tre volte più piccoli di quelli degli Stati Uniti. E il capitale di rischio dell’UE è molto indietro rispetto agli Stati Uniti, pari ad appena un quinto delle sue dimensioni. Non riusciremo a portare a termine queste transizioni – argomenta – se non rimettiamo in carreggiata l’unione del mercato dei capitali. E sono soprattutto due i modi in cui l’Europa viene frenata“.

Il nodo dei finanziamenti delle imprese

Le imprese esistenti che desiderano digitalizzarsi o decarbonizzarsi non possono accedere all’intero ammontare dei finanziamenti di cui hanno bisogno. Per fare un esempio – spiega Lagarde – in una recente indagine della Bce sulle piccole e medie imprese, quasi il 40% degli intervistati considerava la mancanza di volontà degli investitori a finanziare investimenti verdi un ostacolo molto significativo. Il problema qui non è solo che le Pmi non possono attingere ai mercati dei capitali, ma anche che la mancanza di sviluppo dei mercati dei capitali influisce sulla capacità delle banche di concedere prestiti più rischiosi. Una vera unione del mercato dei capitali – questa la ricetta proposta da Lagarde – significherebbe costruire un mercato di cartolarizzazione sufficientemente ampio, consentendo alle banche di trasferire parte del rischio agli investitori, liberare capitale e sbloccare ulteriori prestiti. Negli Stati Uniti, le banche hanno accesso a un mercato della cartolarizzazione tre volte più grande di quello europeo. Ciò potrebbe essere ancora più potente nel nostro sistema finanziario basato sulle banche”.

Le imprese giovani e innovative

“In secondo luogo – aggiunge Lagarde i mercati dei capitali sottosviluppati comportano che le imprese giovani e dirompenti che guidano l’innovazione abbiano meno accesso alla qualità dei finanziamenti di cui hanno bisogno. Oggi, le startup europee attirano meno della metà dei finanziamenti delle loro controparti statunitensi, mentre il volume degli investimenti nelle scaleup negli Stati Uniti è più di quattro volte maggiore che in Europa. Tuttavia – conclude Lagarde – l’analisi mostra che il rapido sviluppo dell’unione dei capitali potrebbe portare altre 4.800 aziende in tutta Europa a raccogliere 535 miliardi di euro in più all’anno”.

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