Indra prova a intercettare lo slancio delle imprese italiane verso la digital economy e avvia nella Penisola le attività della divisione Minsait, specializzata per l’appunto in servizi di supporto alle organizzazioni che vogliono affrontare la disruption senza esserne travolte. La presentazione ufficiale è avvenuta ieri a Milano, al termine della prima giornata del World Business Forum. La multinazionale spagnola (vendite per 2,85 miliardi di euro, 37 mila collaboratori attivi su progetti in 140 Paesi, un miliardo di euro investiti negli ultimi cinque anni in R&D anche attraverso 200 accordi con centri di ricerca e università) è in realtà in Italia dal 2011, “quando abbiamo fatto una scommessa su un mercato molto competitivo”, ha spiegato Pedro Garcia, numero uno del gruppo. “Un mercato che rappresenta oggi un pilastro fondamentale per l’espansione in Europa”.
Oltre a essere diventato la seconda piazza dopo la Spagna, lo Stivale ha anche accolto due dei 22 Software labs che Indra ha aperto in tutto il mondo. Le strutture tricolori si trovano a Napoli e a Matera, e insieme alle sedi di Roma, Milano e Bologna (a cui si aggiungerà Torino) danno lavoro a circa 600 persone. Tra gli use case di Indra si possono citare il Centro di Risposta alle Emergenze della direzione generale di aiuto umanitario e protezione civile della Commissione Europea a Bruxelles, il progetto di alta velocità La Mecca-Medina in Arabia Saudita, i sistemi che gestiscono il traffico ferroviario in Lituana, Spagna e Marocco, oltre alla piattaforma su cui è basata l’offerta sanitaria nazionale del Bahrein. In Italia Indra è stata l’artefice del contact center di nuova generazione di Wind, ha preso parte al progetto Dalì per la creazione di un deambulatore intelligente per le persone anziane, e ha sostenuto Enel Green Power nell’integrazione del modello economico-finanziario SAP. “Con Minsait puntiamo ora al consolidamento nel mercato della trasformazione digitale”, ha precisato Garcia.
La divisione è stata affidata a Claudio Golino. “Sempre più spesso le imprese riscontrano come il proprio portfolio di prodotti e servizi stia diventando o sia addirittura già diventato obsoleto a causa dell’impatto della digital disruption: cambiano i paradigmi in tutti i settori industriali, mentre i consumatori, che dispongono di una quantità sempre maggiore di informazioni, detengono il controllo del rapporto commerciale”, ha detto il manager. “La nostra unità si propone come partner per le organizzazioni che vogliono trasformare il business attuale dall’interno, crearlo dall’esterno senza però subire i vincoli e le restrizioni dati dalle soluzioni legacy, oppure puntare su nuovi modelli per reinventare l’offerta in vista dei trend futuri”. Secondo Golino la forza di Minsait sta soprattutto nella sua capacità di aiutare i clienti a testare i possibili outcome dei processi di trasformazione in ambienti di controllo simulati che permettono alle aziende di indirizzare correttamente gli investimenti. “Se da una parte il change management va inserito in un piano progressivo, il time to market di questi tempi è fondamentale. Il nostro compito è quindi aiutare i clienti a prevedere e anticipare la formazione di nuove nicchie di mercato e modelli di business massimizzando allo stesso tempo l’efficienza dei processi produttivi”.
Alla conferenza era presente anche Silviano Andreu, direttore globale di Minsait, che ha enumerato le industry e le aree funzionali su cui la struttura è specializzata. Dai servizi finanziari alle telco, passando per le media company e le utilities, l’expertise del gruppo si estende dall’e-commerce alla sensoristica e agli analytics dell’IoT, passando per la digital experience di consumatori ed end-user. “Abbiamo da tempo compreso che la digital transformation crea legami interdisciplinari tra i vari settori ed è per questo che siamo convinti che consulenza digitale e consulenza di business debbano intersecarsi per risultare vincenti in questo nuovo contesto. La tecnologia deve inoltre evolvere da semplice leva a elemento chiave di ogni strategia di business”.
Andreu ha poi invitato sul palco Joichi Ito, direttore del MIT media lab e tra i relatori del World Business Forum, che ha colto l’occasione per tracciare alcuni dei temi tecnologici che attraverseranno l’economia nei prossimi anni. Primo tra tutti, il machine learning, che “è già qui, anche dobbiamo ancora capire come farlo funzionare a dovere, mutuando dalla biologia gli elementi utili per indirizzarne lo sviluppo”. Ci sono poi il Blockchain, che “avrà un impatto notevole sul mondo della finanza, a partire dalle banche centrali”, e l’IoT, per costruire il quale è “importante lavorare sull’architettura del sistema ancor più che sui dispositivi connessi”. Ito ha anche sottolineato che l’Europa può avere un ruolo di rilievo nel mondo che verrà.
“In Europa c’è una concezione della privacy molto più avanzata che negli Stati Uniti, senza contare che i continui scambi tra i diversi Paesi membri hanno creato parecchia esperienza sul piano della cooperazione, una delle aree rispetto alle quali la Silicon Valley è più indietro”. Secondo Ito, questa peculiarità tutta europea sarà rilevante proprio per lo sviluppo del machine learning: “Man mano che le macchine apprendono, imparano a usare le informazioni che servono realmente, eliminando quelle superflue e il semplice rumore. Quindi non mi preoccupa tanto la massa di dati che si verrà a generare nel sistema, quanto la creazione delle policy per garantire un accesso e un uso corretti dei dati. In questo senso, il Vecchio continente può davvero far sentire la propria voce”.