IL CASO

Turchia, vince Twitter: il Governo toglie il blocco

Finito il braccio di ferro del Governo di Ankara sul social network, che torna utilizzabile dopo la sentenza a favore emessa dalla Corte costituzionale. Sulla questione si erano divise le più alte cariche istituzionali del Paese

Pubblicato il 04 Apr 2014

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Alla fine il primo ministro Recep Tayyip Erdogan ha dovuto tornare sui suoi passi, ordinare la rimozione del blocco a Twitter che aveva disposto due settimane fa, sull’onda dell’irritazione.

Il Ggoverno turco aveva bloccato l’accesso a Twitter lo scorso 20 marzo, dopo che molti utenti avevano postato link che alludevano alla corruzione degli ambienti governativi. Successivamente, era toccato a Youtube, bloccato perché al suo interno era stato caricato un file audio in cui era stata registrata una conversazione avvenuta durante un meeting segreto del governo sulla sicurezza.

La decisione di Erdogan aveva provocato un’ondata di indignazione in tutto il mondo, con prese di posizione e appelli che si erano susseguiti nei giorni scorsi, fino al pronunciamento della Corte Costituzionale di Ankara che ha dichiarato illegittimo il blocco, giudicandolo lesivo della libertà di espressione, e disposto che il Governo ne effettuasse la rimozione.

Una sentenza dello stesso tenore era arrivata nei giorni immediatamente precedenti anche dal tribunale amministrativo di Ankara, mentre il presidente della Repubblica, Abdullah Gul si era espresso a favore della rimozione del blocco, in un clima di tensione istituzionale che ha tenuto banco per giorni.

Ieri Un funzionario del governo anonimo, ai microfoni dall’emittente Al Arabiya, aveva affermato in proposito che un team di legali esperti in telecomunicazioni stava esaminando la decisione della Corte.

L’avvocato per i diritti umani e parlamentare del principale partito d’opposizione turco (Il Partito Repubblicano del Popolo) Sezgin Tanrikulu aveva invece lanciato una petizione insieme ad altri due accademici per sollecitare la Corte a far rimuovere il blocco e permettere nuovamente l’accesso, minacciando azioni legali contro il governo per “abuso di potere” e violazione della legge.

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