E-TOURISM

Turismo, Federalberghi: “È tempo di social o perderemo competitività”

Il direttore generale Alessandro Nucara: “Fondamentali le competenze digitali. Ma le politiche turistiche non possono essere lasciate solo al web marketing”

Pubblicato il 19 Feb 2015

Antonello Salerno

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“Noi siamo a favore delle recensioni, siamo felici quando sono positive, e ci sta che qualcuna sia negativa. Ma ci attendiamo di trovare su Tripadvisor opinioni vere di veri clienti, che raccontano vere esperienze. Il sistema di controlli è un colabrodo: ci si può inventare identità fasulle e scrivere quello che si vuole”. L’impatto di Federalberghi con i giganti del turismo digitale è per momento disseminato di carte bollate, con due ricorsi all’Antitrust. A spiegare la posizione degli albergatori italiani è Alessandro Nucara, direttore generale dell’associazione, che traccia un quadro dettagliato del settore nel nostro Paese.

Nucara, battaglia vinta con Tripadvisor, multata dall’Antitrust per le recensioni fuorvianti?
Ai controlli delle recensioni, per Tripadvisor, lavorano 5 persone in tutta Europa, di cui una sola parla italiano. Così capita che escano commenti che citano l’autostrada Palermo-Alghero, o le uova di gallo. Nel 2014 Gartner dice che la percentuale delle recensioni fasulle è del 14-15%, ma c’è anche chi parla del 40%. Il 15% di 200 milioni di recensioni è 30 milioni, un numero preoccupante. E sempre più spesso si sente parlare di fenomeni spiacevoli, come pressioni o ricatti di vario genere. Il risultato è un danno intrinseco anche per Tripadvisor: dovrebbero cambiare atteggiamento rinunciando a qualche click, certificando l’identità dell’utente. Non si può pensare che Internet sia il far west: serve la tutela dei diritti, seppur con formule nuove. Speriamo che nei tre mesi che ha a disposizione Tripadvisor proponga soluzioni per tutelare sé stessa ed evitare abusi.

All’Antitrust pende un altro vostro ricorso sulla parity rate.
Siamo convinti che le politiche di Booking.com e degli altri grandi player del settore, che detengono ormai il 70% della torta, siano lesive del normale funzionamento del mercato. E’ vero che quello delle Olta è un mestiere da big player, ma è anche vero che se ci fosse concorrenza le tariffe scenderebbero, come è successo nella telefonia. Il secondo aspetto riguarda la possibilità dell’albergo di applicare tariffe più basse rispetto a quelle proposte sui portali delle Olta. Tutti sanno che se si va dal contadino le mele costano di meno, ma in questo caso i contratti impongono tariffe identiche. E vorrei precisare che ricorsi simili pendono, oltre che in Italia, anche in Francia, Svezia, Germania, Belgio, Ungheria, e Svizzera. Giusto per dire che il problema esiste e non è solo italiano.

Come può realizzarsi la concorrenza che auspicate?
Google hotel finder esiste già, non è un esperimento, anche se è un’esperienza ancora grezza. Google fa un passo indietro e uno avanti, ma bisogna anche considerare che Booking è uno dei suoi principali clienti. All’orizzonte c’è Amazon, si era diffusa la notizia che potesse sbarcare in pompa magna. C’è un bottone prenota di Facebook, e qualche gigante cinese che inizia a farsi avanti. Sicuramente l’intervento di nuovi competitor potrebbe aiutare il mercato a essere più efficiente.

Cosa si aspetta dalle istituzioni per tutelare gli interessi del settore in italia?
Si potrebbe fare qualcosa per razionalizzare la spesa. Ma in questo campo si tratta di svolgere attività commerciali, essere veloci, dinamici. Certe cose le deve fare il mercato. Dubito che la mano pubblica possa intervenire per gestire direttamente. La riflessione deve essere più ampia, riguarda le condizioni di sistema.

Quanto contano le competenze digitali per essere competitivi?
Abbiamo tutti bisogno di competenze digitali, una quota sempre crescente di utenti si trasferisce online. Ma troppo spesso si fa confusione, mischiando le politiche turistiche con le tecniche digitali: se devo fare il palinsesto della Rai non chiamo un antennista o un tecnico, ma qualcuno specializzato nei contenuti. Invece oggi c’è una confusione di ruoli, e non è abbastanza chiaro che le politiche turistiche non possono farle gli esperti di web marketing: così si confonde il fine con il mezzo.

Quali saranno le principali sfide per il futuro?
La sfida tecnologica da qui a due anni non sarà vinta da chi ha più wifi. Quello è uno sviluppo naturale: esistevano case e camere d’albergo senza bagni, o senza televisore, ma oggi non è più immaginabile. Credo che il settore in cui sarà necessario investire sia quello della condivisione delle esperienze, quindi dei social. L’interazione è a mio avviso il driver principale per presidiare il mercato. E’ passata l’epoca del sito vetrina, la condivisione dell’esperienza sarà sempre più presente nel mercato di domani.

Che valutazione dà delle iniziative di formazione che iniziano a diffondersi?
Penso che siano importanti, purché si punti l’attenzione più sulle competenze che sulle figure. Nella riunione annuale degli albergatori italiani il tema di quest’anno erano i Big data: come utilizzare le informazioni messe a disposizione dalla rete per adattarsi al meglio alle esigenze dei clienti. Si tratta di competenze indispensabili, ai manager ma anche agli operatori. E d’altra parte sull’aggiornamento professionale stiamo investendo molto, anche in accordo con i sindacati dei lavoratori, con cui su questo tema gli interessi convergono.

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