Il dato ha quasi dello scioccante: dei circa 271 milioni di Mau (monthly active users, utenti attivi mensilmente) di Twitter, 23 milioni, ovvero l’8,5%, potrebbero essere bot. Che – attenzione – non significa che si tratti in maniera esclusiva di programmi malevoli: al di là dei fastidiosi programmi di spam, molti bot sono utili al funzionamento della maggior parte delle piattaforme Internet, incluso naturalmente il network dei cinguettii, e per chi non lo sapesse rappresentano già il 60% delle attività svolte online a livello mondiale.
Ma la notizia, ricavata dal rapporto che Twitter ha consegnato ieri alla US Securities Exchange Commission, si rivela molto delicata per il tipo di business che sta cercando di perseguire il servizio di microblogging ideato da Jack Dorsey nel 2006. Non è un mistero che Twitter si stia proponendo agli investitori pubblicitari come capofila delle società che vogliono diventare una sorta di cartina di tornasole per verificare e segmentare l’audience di eventi mediatici, specialmente televisivi, attraverso il rumore generato sui social media e sui second screen. Ed ecco il dubbio: quanto potranno essere attendibili i big data ricavati dalle survey on line se quasi un utente su dieci non è una persona reale, un consumatore, bensì un bot?
Dal rapporto di Twitter però emergono altri dati interessanti per chi si occupa di marketing. Circa 8 milioni di utenti accedono al social network attraverso TweetDeck o Twitter for Mac, mentre 7 milioni di utenti utilizzano app di terze parti. Il che vuol dire che una significativa percentuale di Mau della piattaforma non è raggiunta dal servizio pubblicitario di Twitter. I messaggi commerciali, sempre secondo la società, sono infatti visualizzati dall’89% degli utenti. Un capitolo a parte è rappresentato da chi visualizza i tweet senza essere iscritto al social network. Twitter sostiene che si tratta di centinaia di milioni di contatti unici anch’essi esposti agli annunci prodotti in base all’hashtag ricercato, e che è allo studio uno strumento per misurare le visualizzazioni e le impressioni generate da chi non possiede un account. Ma di aggiornamenti in questo senso, nel rapporto, non c’è traccia.
Esiste un programma in grado di “smascherare” i bot, distinguendo attraverso le attività di un account una persona reale da un programma di spam. Lo strumento è stato sviluppato da un gruppo di ricercatori dell’Università dell’Indiana, negli Stati Uniti, che dopo aver pubblicato l’indagine “The rise of social bots” hanno messo a punto “Bot or not” (disponibile al link: truthy.indiana.edu/botornot/), una semplice interfaccia che fornisce la percentuale di autenticità di un profilo Twitter inserendo il nickname nella stringa di ricerca. “Bot or not” può rivelarsi utile nell’utilizzo quotidiano e personale del network, ma per gli analisti che lavorano sui grandi numeri il problema rimane: quante e quali delle attività mensili registrate su Twitter e sugli altri social hanno reale valore statistico?
In attesa di conoscere la risposta, il Twitter TV Ratings di Nielsen è già una realtà negli Stati Uniti, e a partire da settembre dovrebbe sbarcare in Italia. “Sarà basato su un sistema di marcatura o tag dei contenuti e sui profili dell’audience ottenuti tramite big data”, spiegava a giugno al Corriere della Sera Luca Bordin, general manager area Media di Nielsen Italia. Sia Mediaset che Sky si sono pronunciati in maniera favorevole rispetto all’adozione del nuovo meter, che in teoria dovrebbe garantire sia in senso quantitativo che qualitativo una fotografia più accurata di quella scattata dall’Auditel (a cui il nuovo sistema si affiancherà). A patto che i bot non vadano pazzi per MasterChef o per il Grande Fratello.