Ultrabroadband, Giacomelli: “Presto Decreto Comunicazioni anche con gli incentivi alla domanda”

“Determinati a recuperare il ritardo del Paese”, ha detto il sottosegretario alle Comunicazioni rispondendo alle domande del direttore di CorCom Gildo Campesato. “Disponibili più risorse di quelle previste. Soldi pubblici riservati solo alle aree a fallimento di mercato”

Pubblicato il 21 Mag 2015

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“Il nostro governo è determinato a recuperare un ritardo umiliante per il nostro paese, ovvero il ritardo nel digitale. Le iniziative finora sono state settoriali, oggi per la prima volta si procede con un piano che riguarda il sistema paese: in pochi mesi siamo riusciti a dotarci di un piano strategico nazionale”.

Ha esordito così Antonello Giacomelli, Sottosegretario allo Sviluppo Economico con delega alle Comunicazioni, intervistato da Gildo Campesato, direttore di CorCom, al termine della prima parte dei lavori del convegno CorCom Telco per l’Italia. “E’ un piano che è stato lodato anche dal commissario Ansip, una buona base su cui costruire”, ha continuato Giacomelli, “prevede anche bandi per il Sud e non corre il rischio, da qualcuno paventato, di privilegiare una tecnologia rispetto ad altre. Siamo anche stati accusati di voler essere dirigisti, nostalgici dell’Iri, ma noi abbiamo semplicemente messo il paese sui binari dove la comunità internazionale evoluta sta, questo è il senso del piano. Nelle parti avanzate del mondo la capacità di banda si misura in Giga, in Europa si parla di 100 Megabit/s e da noi c’è chi ci accusa di dirigismo perché vogliamo superare i 30 Mega: l’Italia è ultima in Europa per banda ultra-larga e il governo è determinato a usare tutte le sue prerogative perché entro il 2020 siamo sopra gli obiettivi europei”.

I soldi ci sono?

“Anche più di quelli previsti, 2 miliardi dalle Regioni e 5 miliardi del Fondo sviluppo e coesione. Ora occorre un decreto, e nei prossimi giorni si adotterà, in cui specifichiamo forme, incentivi e modalità con cui useremo queste risorse. Intanto alcuni bandi Infratel per la banda ultra-larga sono già partiti e abbiamo riaperto formalmente la consultazione su richiesta di Telecom. Questo è un dato positivo perché da quando abbiamo approvato il piano tutti gli operatori si sono dati da fare per accelerare i loro investimenti. Quindi si ridefiniranno le aree di intervento e comunicheremo il piano a Bruxelles”.

Che tempi prevede?

Per quelli che dipendono da noi tempi rapidi: entro alcuni giorni il decreto Comunicazioni sarà pronto e non ci saranno sorprese, gli strumenti e le risorse sono quelli che abbiamo già anticipato. Per la fase europea non dipende da noi ma confidiamo che il tempo per avere un formale ok sarà breve.

Ma l’Europa non ci mette anche paletti?

No, il sistema è chiaro: i soldi pubblici sono riservati alle cosiddette aree a fallimento di mercato, poi ci sarà uno strumento di credito di imposta per tutti gli operatori che investono ma non limitato alle aree a fallimento di mercato, perché l’idea è che l’investimento nuovo genera nuovo reddito che in questo caso è sì profitto per l’operatore ma anche interesse generale del pubblico, serve a stimolare coraggio negli investimenti innovativi nel paese. Quindi staremo nelle regole di Bruxelles ma occupando tutte le zone di confine negli strumenti e risorse per dare sostegno agli investimenti di mercato.

Enel potrà avere il credito di imposta?

Ma io non so se Enel vorrà fare infrastrutture di telecomunicazione, non mi sembra. Mi sembra invece che Enel faccia un’altra cosa, utile per tutti: mette a disposizione i suoi cavidotti esistenti e questo consente di alzare gli obiettivi e di abbassare i costi. Dà una disponibilità che viene in aiuto, non si sovrappone, è un acceleratore, consente di alzare il livello delle ambizioni e delle possibilità del paese.

Insomma Enel non è una pistola del governo puntata su Telecom

No, noi rispettiamo il mercato e le scelte dei protagonisti del mercato non ci riguardano, ma useremo le nostre prerogative per far sì che interessi di parte non prevalgano sull’interesse del paese e per creare le condizioni perché il paese faccia il salto di qualità nelle infrastrutture digitali di cui ha bisogno.

Nelle aree nere in cui gli operatori si impegnano a investire, occorrerà una forma di controllo perché gli obiettivi ambiziosi siano rispettati?

Noi abbiamo fiducia negli operatori, fanno grandi annunci, i fatti seguiranno. Certamente ci sono strumenti già previsti per controllare i vari step di realizzazione, gli impegni saranno contrattualizzati secondo una formula europea ma io sono convinto che gli operatori abbiano capito le intenzioni del governo e che gli operatori, se ci sono le possibilità, non si tirano indietro dagli investimenti. E noi le condizioni le stiamo dando.

Come funzioneranno i voucher? Varranno solo per i 100 Mega?

Sull’entità non posso dire nulla, ma i voucher sono un incentivo che interviene in un secondo momento rispetto al credito di imposta e lavora sul lato delll’accelerazione della domanda. E saranno voucher future-proof, non possiamo pensare di fare un’infrastruttura oggi che dovrà essere ritoccata domani, l’esplosione della banda larga mobile è dietro le porte.

Qual è la sua posizione sulla liberazione dello spettro e l’elettromagnetismo?

Gli standard europei mi sembrano adeguati e sufficienti, e mi colpisce che noi siamo più scrupolosi dell’Europa. Secondo me, se si uniscono tutti i parametri di sostenibilità e sviluppo e si legano sotto quello che è lo standard europeo, poi procedere è più facile. Intanto noi stiamo lavorando per semplificare oneri e rapporti con le amministrazioni locali con il catasto delle infrastrutture del suolo e l’obbligo di condivisione: sono punti importanti per dare certezze agli operatori.

In questo piano che ha bisogno di regia forte, quale ruolo ha Agid?

Agid agisce più sul lato Agenda digitale, noi più su quello infrastrutture, ma la regia forte c’è ed è Palazzo Chigi. Il Piano banda ultra-larga ci insegna un’importante lezione: l’abbiamo tolto dall’ambito settoriale e l’abbiamo messo sotto Palazzo Chigi ed ecco che l’accelerazione è stata notevole. Se si devono confrontare varie amministrazioni il processo rallenta e si complica, Palazzo Chigi è invece il centro e l’acceleratore, la regia è quella, politica, e il coordinamento di Palazzo Chigi è fondamentale. Il premier Renzi sa che il digitale è strategico per il paese e ha investito nel digitale più di chiunque altro.

Come vede il ruolo degli OTT e la questione net neutrality?

Sul tema così complesso della rivoluzione digitale, il governo di Internet, la net neutrality e la composizione dei nuovi modelli di business per me sarà necessario istituire un nuovo e più stretto rapporto tra Europa e Stati Uniti e lo abbiamo già sottolineato durante il semestre di presidenza Ue, dedicata alla governance di Internet. L’Europa deve essere partner degli Usa e parlare con una voce sola. La direzione presa in America dalla Fcc sulla net neutrality è corretta, tiene conto della complessità del mercato; si può affinare e migliorare, ma è la direzione giusta.

Quanto agli OTT, noi siamo il governo in Europa col miglior rapporto con queste aziende, il nostro Garante Privacy per primo ha sottoscritto con Google impegni vincolanti e spero che anche con l’editoria italiana si faranno accordi. In generale, spero che aziende come Google e tutti gli OTT guardino alla possibilità di investire in Italia: queste aziende non sono nemici ma interlocutori importanti con cui costruire un dialogo e confronto utile per lo sviluppo della nostra economia e stare dentro la rivoluzione che cambia il mondo, perché il petrolio del futuro sono i Big data. Inutile chiudersi nel sospetto e nell’autarchia e nella paura del futuro.

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