Ultrabroadband, le telco: “Il nostro sforzo è rendere le reti italiane future-proof”

Il Piano del governo esprime la volontà politica centrale e netta di investire in digitale e innovazione. Gli operatori accelerano sugli investimenti “ma devono esserci condizioni uguali per tutti, neutralità tecnologica e regole chiare e semplici”. Catania (Confindustria Digitale): “Positivi i progetti del governo, ora necessaria l’execution”

Pubblicato il 21 Mag 2015

Patrizia Licata

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Il Piano Banda Ultralarga alla prova degli obiettivi del 2020 ha fornito il punto di partenza per il dibattito della prima Tavola Rotonda al convegno di CorComTelco per l’Italia“, che ha riunito oggi a Roma stakeholders, operatori e regolatori. Moderata dal direttore del CorCom Gildo Campesato, la Tavola si è aperta con l’intervento di Franco Bassanini, Presidente, Cassa Depositi e Prestiti: “Penso che il fatto che Telecom Italia stia progressivamente aumentando la sua quota di investimenti in fibra sia importante e utile per il paese e un primo risultato concreto del piano banda ultralarga del governo”, ha tenuto a sottolineare Bassanini. “E’ positivo in generale che si siano fatti avanti diversi soggetti che hanno dichiarato la loro intenzione di concorrere all’attuazione del piano ultra-broadband”. Bassanini ha voluto ancora sottolineare come, col Piano Ultra-banda larga l’Italia abbia compiuto per la prima volta una “scelta di politica industriale importante e netta tesa a far risalire posizioni al paese nei Digital scoreboard; oggi esiste il preciso obiettivo di rendere le reti di comunicazione più competitive e future-proof”.

“Non avendo in Italia la cable tv non abbiamo a disposizione della telefonia mobile le frequenze che sono occupate dal digitale terrestre e questo è un problema che si porrà presto perché i device mobili consumano sempre più spettro. La risposta data dallo Stato è la migliore possibile: favorire la Fiber to the home per reggere la sfida competitiva, usando sia capitali privati che fondi europei. La determinazione mostrata dal governo è positiva, ci consente di recuperare il ritardo accumulato su questa infrastruttura chiave per la crescita del paese e la vita delle persone. La Cassa Depositi e Prestiti“, ha concluso Bassanini, “farà tutto il possiile per concorrere con le sue risorse finanziarie e con chi vorrà stare con noi e contribuire al piano, siamo aperti a tutti. La CDP ci mette il muscolo finanziario, dobbiamo pensare nel lungo termine, investire oggi in una tecnologia che vada bene domani, e non aspettare dieci anni per liberare le frequenze per le reti mobili”.

La necessità di investimenti in progetti e tecnologie future-proof è tornata nell’intervento di Alberto Calcagno, Amministratore Delegato, Fastweb: “I fatti mi permettono di essere ottimista”, ha esordito Calcagno: “I dati di mercato del primo trimestre 2015 mostrano che la banda larga in Italia ha raggiunto altre 200.000 famiglie e la prospettiva di crescita della penetrazione per l’anno intero è di 2-3 volte rispetto al 2014; inoltre le aziende stanno investendo tanto in Italia. In questo contesto si innesta il piano del governo, con ambiziosi ma solidi e condivisibili obiettivi e, grazie anche agli investimenti privati, saremo in grado nel 2018 di scalare i Digital scoreboard che oggi ci vedono indietro. Il punto è che il 2018 è vicino e raggiungere gli obiettivi di copertura non equivale a raggiungere quelli di service adoption, cioè avere clienti attivi: occorrerà dunque una velocità di execution dei piani. Quanto alla tecnologia, per noi oggi la scelta vincente è la Fiber to the cabinet, sostenibile, rapida e con performance future-proof e non antagonista ma sorella dell’Ftth. Il piano del governo qui è cruciale e gli incentivi fondamentali, sia sul lato offerta (per gli operatori) che sul lato domanda ed è importante che in tali incentivi il governo si mostri neutrale rispetto alle tecnologie adottate. I fondi devono essere aperti a tutti gli operatori privilegiando la maggiore espansione della rete, non la sovrapposizione nelle aree dove gli operatori hanno già investito ed evitando distorsioni concorrenziali. Passare in un successivo momento dall’Fttc all’Ftth non è una sfida impossibile: ci sono solo 230 metri da coprire”.

Dal 2008 Vodafone ha fatto una scelta di total telecommunications, investendo nell’integrazione fisso-mobile. Lo ha ricordato Pietro Guindani, Presidente, Vodafone Italia, ribadendo che “sono solo gli investimenti che possono generare crescita e in particolare gli investimenti in Ict sono motore di crescita produttiva, creano reddito, lavoro. Ma gli investimenti devono essere veloci e efficienti”. “La nostra esperienza ci insegna che i modelli di business di successo si basano sull’integrazione dei servizi e che l’offerta crea la domanda: noi abbiamo messo in campo il 4G per l’84% popolazione italiana e l’offerta del 4G e 4G plus ci ha permesso di avere già 2,8 milioni clienti attivi, con un volume dati cresciuto anno su anno del 78% in italia”, ha indicato Guindani. “Ma in futuro il collo di bottiglia può essere rappresentato dalle frequenze: avremo bisogno di frequenze capaci di penetrare anche negli edifici, come la banda dei 700 Mhz. Anche nel fisso Vodafone ha accelerato con gli investimenti”, ha proseguito Guindani, “abbiamo sistemato 5000 cabinet in 6 mesi in 56 città e in due città già collaboriamo con Metroweb; il piano prevede di portare la fibra in 150 città ma senza creare discriminazione tra aree geografiche; per questo ci pare un concetto fondamentale, semplice, quello della condivisione delle reti, che abbiamo già abbracciato nel campo delle infrastrutture passive di reti radiomobili, e si potrebbe adottare anche nelle infrastrutture passive di reti fisse. La scelta tra Ftth e Fttc è di tipo infrastrutturale e noi siamo aperti anche alle collaborazoni con utilities nazionali e locali per le infrastrutture passive per poter usare i cavidotti per la posa della fibra. Guardiamo anche con trepidazione al prossimo decreto Comunicazioni, dove si parlerà di condivisione di infrastrutture e altri punti importanti come tempi organizzativi, oneri, accessi ai verticali e altre questioni importanti per chi investe in infrastrutture”.

Semplificazione è la parola d’ordine per Karl Manfredi, Amministratore Delegato, Brennercom, società che agisce più su scala “locale” muovendosi tra Nord Italia e Austria. Un operatore che ha scommesso molto sulla fibra ma conosce tutte le problematiche del condurre gli scavi: “Devo parlare col sindaco, e poi coi segretari comunali, e quindi coi vigili, e poi le municipalizzate, e mettere insieme volumi di carte”, racconta Manfredi. “E quando poi mi presento con tutte le mie autorizzazioni, la cosa è sempre più complicata del previsto: salta fuori che c’è da fare una bonifica, e poi interviene l’autorità portuale per un altro problema e insomma, da una trafila all’altra, i tempi si allungano e le scartoffie si moltiplicano. In Italia è tutto troppo complicato. Ora c’è la volontà politica di fare l’ultra-banda larga, sembra ci siano anche i soldi, forse si faranno anche gli scavi, ma servono regole semplici e chiare o creare una via preferenziale per le priorità”, ha concluso Mandredi, ribadendo: “Senza regole chiare non si possono spendere soldi”.

Luca Torrigiani, Sales Director, BT Italia, ha portato il punto di vista di una grande telco che in Uk è attiva sui mercati sia consumer che business, mentre in Italia è focalizzata solo su quest’ultimo segmento, includendo grandi aziende e Pubblica amministrazione. Anche noi abbiamo un piano di investimenti per migliorare la qualità del servizio per i nostri clienti, per noi è una necessità di tipo industriale, abbiamo investimenti legati a grandi città italiane, da Milano a Roma, da Palermo a Torino, ma non c’è solo un problema di larghezza di banda, ma anche di qualità della connessione e noi cerchiamo di migliorare il servizio end to end”, ha chiarito Torrigiani. “In Uk BT non è partecipata dallo Stato ma ha usufruito di fondi pubblici e noi siamo favorevoli alla competizione di più operatori per avere fondi pubblici per la banda larga”, ha proseguito il top manager di BT Italia. Con un monito però: “Pur essendo ottimisti sull’Italia, dove siamo cresciuti a due cifre l’anno scorso, bisognerebbe accelerare sulla banda larga e ci sarebbe bisogno di completare il piano investimenti dando libertà a tutti gli operatori di presentare un piano anche concorrenziale con l’operatore dominante, l’importante è non disperdere gli investimenti pubblici per realizzare le infrastrutture. Inoltre in Uk esiste la possibilità di competere su una killer application e dobbiamo chiederci in Italia quale potrebbe essere la killer app che genera accelerazione: per noi può essere la Pubblica Amministrazione, che deve spingere sulla digitalizzazione dei suoi servizi e porsi come killer app per i piani di ultra-broadband del governo italiano”.

Elio Catania, Presidente, Confindustria Digitale, è tornato sulla centralità del piano Ultra-broadband del governo: “Il nostro paese ha un gap nella trasformazione digitale che gli costa 25 miliardi di euro, cresceremmo di più se avessimo più innovazione. Il 2015 deve rappresentare un momento di svolta, per infrastrutture e servizi, le condizioni macro vanno nella giusta direzione e il governo ha fatto un passo importante, con il documento sulla banda ultra-larga e il documento servizi, che dimostrano nuova consapevolezza sull’innovazione. Abbiamo anche grandi eccellenze nelle nostre imprese e start-up, la nostra filiera è pronta e le competenze non ci mancano: quello che serve adesso è l’execution, dobbiamo metterci a fare e accorciare i tempi, come classe dirigente e politica ci manca questo passaggio fondamentale”.

Parlando di infrastrutture Catania ha sottolineato: “Gli operatori sono pronti, hanno investito e stanno investendo con una visione di lungo periodo. Ora il piano del governo segna un importante impegno politico, fissa degli obiettivi, mette delle risorse in campo per stimolare la domanda e superare le asimmetrie di mercato dove non c’è ritorno economico. Allora qui execution vuol dire mettere in campo subito le condizioni per operare, vuol dire semplificare. Le aziende vogliono chiarezza su modi e tempi; chiediamo la risoluzione di nodi aperti come il decreto scavi o le emissioni elettromagnetiche. E non vogliamo risposte vaghe, ma una data. Anche nella PA la fase attuativa è chiave: occorre mettere Agid in condizione di operare; anagrafe, Spid, fascicolo unico dello studente, cartella elettronica, ecc. sono progetti eccellenti ma quando saranno realizzati? Oggi ci sono due Italie: quella dei giovani, delle start-up e dei leader visionari, e poi l’italia che frena, che teme la disintermediazione, che difende regole vecchie applicandole ai nuovi fenomeni, col rischio di sovraccaricare gli operatori con compiti impossibili. Diritto all’oblio, copyright, tasse: sono questioni che vanno adattate alla nuova era”.

La Tavola Rotonda si è conclusa con un commento di Maurizio Decina che ha sottolineato la centralità della tecnologia Fttc: “Mi sono mi sono sempre lamentato perché in Italia non si partiva conl’Fttc quando lo facevano altri paesi già dal 2008, così nel frattempo gli altri hanno raggiunto la copertura necessaria e noi abbiamo accumulato un ritardo. E anche se oggi stiamo tentando di recuperare, c’è da considerare la differenza tra copertura e abbonato. Questo governo ha il grande merito di aver messo soldi nelle telecomunicazioni, anche per le zone a fallimento di mercato (2 miliardi), mentre gli operatori stanno facendo la loro funzione nelle grandi città. Nessun governo ha mai destinato cifre del genere alle Tlc. L’obiettivo 2020 più sfidante è quello dei 100 Megabit con 12 milioni di abbonati raggiunti dall’Fttc. Ma non abbiamo altra scelta che recuperare il ritardo e guardare al futuro”.

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