Una regolazione lungimirante deve essere “su misura”

Gli incumbent chiedono regole troppo light. Il rischio è danneggiare i consumatori per la concorrenza inefficiente. Ladder of investment: principio ancora valido. Da regolare anche gli Ott. L’articolo di Antonio Preto, commissario Agcom

Pubblicato il 16 Ott 2015

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Al FT Etno summit, tenutosi martedì pomeriggio a Bruxelles, è apparsa molto chiara la visione degli incumbent sul futuro della regolazione europea delle telco: consolidamento del mercato e regole meno stringenti favoriscono investimenti, innovazione, efficienza e qualità del servizio.

Che la regolazione del mercato possa influenzare le decisioni d’investimento degli operatori è un dato di fatto. Tuttavia, la relazione tra regolazione, investimenti e innovazione non è ancora del tutto nota, nemmeno agli addetti ai lavori.

La vera sfida è trovare il giusto mix di norme: né troppo “light”, come invece le vorrebbero gli incumbent, né troppo rigide.

Il quadro normativo europeo e nazionale dovrebbe semplicemente essere adeguato a raggiungere gli obiettivi fissati dalle direttive europee di settore: tutelare gli utenti (soprattutto i più svantaggiati), garantire la piena concorrenza tra operatori e favorire gli investimenti e l’innovazione.

Si tratta di obiettivi che debbono essere tutti perseguiti. E che il nuovo quadro normativo previsto nell’ambito del Digital Single Market non potrà certo mutare.

In realtà, gli incumbent che dichiarano di volere regole light per investire, spesso sono i primi ad approfittarne per mettere in atto azioni anticompetitive. Soprattutto dove esiste una sola rete, con le caratteristiche di un’infrastruttura non duplicabile.

In Italia, tanto per citare un caso che ci riguarda, l’incumbent è stato sanzionato dall’Autorità di concorrenza per abuso di posizione dominante nella fornitura dei servizi di accesso (Agcm, caso A428). E la sanzione è stata confermata dal giudice amministrativo.

Ad essere interessati dalle violazioni delle regole sono tra l’altro quei segmenti della rete in cui come effetto della regolazione ex ante si è realizzata un’elevata concorrenza infrastrutturale.

Dunque bisogna essere cauti quando un incumbent chiede meno regolazione.

La pressione regolatoria è in qualche modo decisa a monte dalle istituzioni europee e nazionali che forniscono alle Autorità indipendenti gli strumenti necessari per realizzare condizioni di equilibrio nei mercati dove tutti gli operatori possano esercitare la loro attività ad armi pari, mentre i consumatori, soggetti deboli, vengono adeguatamente tutelati. Visione quanto mai importante proprio alla luce della revisione in atto del framework europeo.

Perciò la regolamentazione dei prezzi non può essere limitata ai soli casi “eccezionali”, come sostengono gli incumbent.

Sono invece d’accordo che si deve intervenire solo dove necessario, e l’intervento deve essere assolutamente proporzionato agli obiettivi da raggiungere.

Peraltro, regolare l’accesso ad una essential facility è sempre una necessità, se vogliamo garantire la parità di condizioni nei mercati finali.

Perché il fine ultimo del regolatore non è favorire gli investimenti in quanto tali, ma assicurarsi che gli investimenti nella rete apportino i giusti benefici ai consumatori finali, ad esempio attraverso lo sviluppo di nuovi e migliori servizi a prezzi concorrenziali. Favorire gli investimenti tout court, magari attraverso un ammorbidimento delle regole, comporta solo il rischio, come giustamente ha osservato il Vicepresidente della Commissione europea responsabile del Mercato unico digitale Andrus Ansip, di trasferire i costi degli investimenti (e, aggiungerei, soprattutto i rischi ad essi correlati) sui consumatori finali, i quali si ritroverebbero con meno scelta e prezzi più alti.

E a sostegno del rapporto virtuoso tra concorrenza ed investimenti si è espresso varie volte anche il Parlamento europeo.

Dunque, la regolazione dell’accesso deve avere come obiettivo lo sviluppo di una concorrenza sostenibile nei mercati a valle. Sappiamo bene che il rischio principale di chi investe nella rete non è tanto il vedersi costretto a concedere accesso alle proprie infrastrutture (a regole più o meno rigide), bensì l’aumento della concorrenza che si avrebbe sui mercati a valle per effetto della concorrenza infrastrutturale nei mercati a monte.

Gli incumbent sembrerebbero avere allora buon gioco nel dire che ad una maggiore concorrenza infrastrutturale (conseguenza di azioni regolatorie ad hoc) segue una minore disponibilità a investire, con effetti negativi sull’intero processo d’innovazione.

Eppure una soluzione c’è, ed è la stessa indicata nel rapporto sul Concorrenza ed investimenti che WIK Consult ha realizzato per Ofcom nel luglio scorso.

Si tratta della ladder of investment (principio teorizzato dal professor Martin Cave) e al momento credo che sia il paradigma su cui basare la strategia regolamentare in ambito NGA.

L’idea di fondo di questo modello è quello di mettere tutti gli operatori nella condizione di entrare nel mercato e consolidare la propria posizione per una futura, possibile, infrastrutturazione. Ciò non significa che tutti gli operatori debbano risalire la ladder of investment fino all’ultimo livello. Il bypass totale della rete è, con ogni probabilità, economicamente inefficiente. Ciò che conta è che tutti siano messi nelle stesse condizioni di poter scegliere (liberamente, e qui entra in gioco la regolazione) da dove partire e soprattutto dove arrivare. Se le regole sono eque ed efficaci, il mercato evolverà naturalmente verso una struttura più matura, in cui operatori più infrastrutturati e operatori meno infrastrutturati si fronteggeranno l’un l’altro fino all’ultimo utente. Gli operatori meno infrastrutturati non devono essere considerati operatori di serie B se sono in grado di fornire valore aggiunto al mercato (per esempio offrendo servizi avanzati o tailored su determinati segmenti di clientela).

Il regolatore deve porsi innanzitutto l’obiettivo di eliminare le barriere all’ingresso nel mercato, per fare in modo che tutti gli operatori siano messi nella condizione di investire in reti proprie. Perché anche la sola minaccia di un’infrastrutturazione potrebbe in teoria spingere l’incumbent a investire. E non solo l’incumbent: la concorrenza – attuale o potenziale – degli altri operatori spinge il singolo OLO a massimizzare la sua copertura o a incrementare la qualità dei propri servizi.

Io credo che il successo di una politica di regolazione non possa essere circoscritto a un mero confronto tra la “durezza” delle regole e l’intensità degli investimenti. Le variabili in campo sono numerosissime e la loro interazione è spesso imprevedibile. Se è in parte vero che dove si è regolamentato poco si è investito di più in NGA, non va mai dimenticato che a livello europeo gli investimenti nelle reti sono stati influenzati soprattutto da altri fattori, come il ruolo delle autorità locali o delle utilities, la geografia del territorio e, ovviamente, la domanda finale, su cui la regolazione non può che avere un effetto positivo, con la sua funzione di controllo indiretto sui prezzi e di tutela del consumatore.

In sintesi, sono convinto che una regolazione equilibrata e tailor-made sia lo strumento più idoneo realizzare gli obiettivi indicati dal framework regolatorio europeo.

L’impegno di AGCOM a favore del multi operator vectoring nell’ultima analisi del mercato dell’accesso fisso è la dimostrazione di come la regolamentazione possa favorire l’innovazione, garantendo il giusto livello di apertura del mercato senza compromettere la redditività degli investimenti.

È questo l’approccio che ha ispirato la regolazione ex ante di Agcom in questi ultimi tre anni e che ispira l’analisi dei mercati dell’accesso che l’Autorità si appresta a varare dopo il via libera convinto della Commissione europea.

Ma questo mondo che mobilizza concorrenza e investimenti è tra passato e presente. La nuova frontiera, come ha ricordato il premio Nobel Jean Tirole martedì a Bruxelles, è la regolazione degli OTT e delle nuove piattaforme. La sfida sarà quella di creare una regolazione forward looking che non crei barriere all’entrata ma allo stesso tempo prevenga le discriminazioni e stabilisca un vero level playing field. Agcom sta in piena indagine conoscitiva sulle piattaforme, proprio per ridurre l’asimmetria informativa che ancora la riguarda ed essere così pronta alle nuove sfide regolatorie che l’attendono.

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