L'INTERVISTA

Vem sistemi a caccia di talenti cyber. Stefanelli: “HR leva di crescita”

L’azienda romagnola cerca 30 sistemisti, sviluppatori di software ed esperti in sicurezza informatica. Il Vp: “Competenze non facili da reperire in Italia, serve una più stretta collaborazione tra imprese e università per invertire la rotta. Cruciale il ruolo degli Its”

Pubblicato il 19 Dic 2018

Davide-Stefanelli_vem

Vem sistemi a caccia di talenti 4.0. La società romagnola è alla ricerca di circa 30 persone da inserire nella sede centrale di Forlì e in quelle di Milano, Padova, Modena e Senigallia, ai quali si aggiunge Roma, con una filiale appena inaugurata.

Si tratta di figure con competenze sistemistiche, ma anche di sviluppo software, nonché analisti specializzati nel campo della cybersecurity. Figure che però non sono così facili da trovare, come spiega a CorCom Davide Stefanelli, Vice Presidente e direttore finanza, controllo & HR di Vem sistemi. “C’è molta difficoltà nel trovare figure specializzate – sottolinea Stefanelli – E la difficoltà aumenta se si tratta di persone con esperienza: esperti in campo IoT, sviluppatori in ambito cloud, sistemisti in campo IT security, solo per citarne alcune. Per questo siamo alla costante ricerca di nuovi talenti da formare e collaboriamo con Università e istituti di formazione.

Ad sempio?

Vem sistemi collabora con la Cyber Security Academy di Modena, Fitstic (Fondazione Istituto Tecnico Superiore Tecnologie Industrie Creative), l’università Iulm per l’Executive Master Data Management & Business Analytics. L’obiettivo è contribuire all’istruzione di menti eccellenti da inserire in organico, preparando in questo modo studenti al mondo del lavoro con concrete possibilità di assunzione.

Le collaborazioni vi hanno premiato. In questi anni avete inserito nuove leve. Ci può dare qualche numero?

Negli ultimi 24 mesi sono state oltre 90 le assunzioni e 59 dipendenti sono stati inseriti da ottobre 2017 a ottobre 2018. Prevediamo che per il 2019 il trend sarà in crescita.

Il dibattito sulla trasformazione del lavoro nell’era del digitale “pervasivo” verte anche sulla formazione continua. Vem sistemi come si muove su questo fronte?

Lavorare in Vem vuol dire entrare a far parte di un contesto in cui la formazione svolge un ruolo chiave: nel 2018 sono state 15000 le ore dedicate alla formazione e ogni anno 1,2 % del fatturato (che nel 2017 era corrispondente a 50 milioni di euro ndr) viene investito in corsi di formazione, non solo per specializzazioni tecniche e certificazioni, ma anche verso lo sviluppo delle soft skills. In un’organizzazione infatti la cui anima è costituita da figure tecniche, 238 persone in tutto il gruppo, lo sviluppo delle capacità relazionali, di ascolto e di public speaking devono essere necessariamente imparate e sviluppate.

In che direzione si stanno orientando gli investimenti in innovazione?

Vem si pone come Ict player a livello nazionale, per questo la copertura territoriale è particolarmente strategica. Recentemente abbiamo inaugurato una nuova sede anche a Roma per la quale stiamo già selezionando numerose figure. In ogni sede, infatti, sono presenti oltre alle figure commerciali, persone con elevate competenze sulle nostre numerose tecnologie per garantire ai nostri clienti l’eccellenza di servizio che ci contraddistingue. La sfida oggi è creare valore integrando competenze trasversali anche molto lontane tra loro, dallo sviluppo software, alla realizzazione dell’infrastruttura, al monitoraggio e sensoristica IoT fino alla cybersecuity: tutto concorre alla digitalizzazione dei processi di business.

Quali sono, secondo l’azienda, le azioni a livello “politico” che consentirebbero di dotare il Paese di risorse più adatte a rispondere alla domanda di mercato?

Dal punto di vista politico andrebbero valorizzata di più la formazione di tipo tecnico. Il numero di figure tecniche che oggi escono dalle università è largamente insufficiente rispetto alla domanda, il numero chiuso di molte facoltà di ingegneria non aiuta. Esempi di eccellenza come la Cyber Academy fondata dalla Università di Modena e Reggio Emilia che forma specialisti in ambito cybersecurity, ad esempio, andrebbero replicati presso tutti gli atenei.

Nella rivoluzione 4.0 è cruciale anche il ruolo che possono svolgere gli Its. Lei che idea si è fatto?

Gli istituti di formazione tecnica superiore andrebbero maggiormente pubblicizzati e valorizzati: i percorsi post diploma di 2 anni permettono di acquisire competenze immediatamente spendibili e in linea con le esigenze delle aziende. Negli ultimi anni abbiamo stretto numerose partnership anche con questi istituti, spesso collaborando alla redazione dei programmi didattici. Condividiamo appieno la proposta di Confindustria di garantire agli studenti degli Its crediti formativi che siano riconosciuti anche dalle Università. Non solo, oggi l’opinione prevalente delle famiglie considera di serie B i diplomi degli istituiti tecnici quando invece la formazione garantita da questi istituti permette di approcciare il mondo del lavoro occupando ruoli chiave per le aziende. In un’economia stagnante dove i tassi di occupazione sono in fase calante, è paradossale penalizzare aziende che invece hanno la potenzialità di assumere, ma non riescono a trovare candidati con le competenze giuste.

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