IL CASO

Web reputation sotto processo

Il tema della reputazione su Internet sempre più importante. Ma ci sono elementi che possono essere manipolati nel funzionamento dell’algoritmo di ricerca

Pubblicato il 16 Dic 2013

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Avere una buona reputazione online è importante per tutti, ma soprattutto è importante per le imprese.

Yelp è probabilmente il più significativo tra i siti di recensioni in rete, in particolare per gli operatori locali. Spesso usato dalle persone in cerca di cose molto diverse, ad esempio da un posto per il pranzo ad un nuovo medico, è stato oggetto recentemente di un’ inchiesta del Washington Post che ha analizzato le recensioni positive e negative fatte su quel sito e il loro grande impatto, in particolare sulle imprese più piccole. È emerso che molti imprenditori si sono lamentati per alcune recensioni negative e addirittura casi che sono finiti in tribunale (ad esempio, l’anno scorso un imprenditore edile ha portato in tribunale una donna della Virginia che aveva lasciato una recensione negativa sulla sua azienda).

Soprattutto la pubblicità sulle pagine di Yelp e il suo eventuale effetto sulle recensioni è diventato un argomento di dibattito tra la comunità imprenditoriale. Il sito Web MuckRock ha postato una comunicazione della Ftc, la Commissione federale del commercio, cioè il garante della concorrenza americano, che ha portato a conoscenza come la stessa Commissione abbia ricevuto 685 lamentele contro Yelp. Molte di queste affermano che sarebbero state soppresse buone recensioni o elencate recensioni migliori per coloro che fanno pubblicità sullo stesso sito. Yelp ha decisamente negato, ma la meccanica del suo algoritmo rimane argomento di discussione.

In un studio sulle dinamiche di reputazione il professore Michael Luca della Harvard Business School ha analizzato un certo numero di fattori in gioco nelle recensioni sulla reputazione, in particolare i cosiddetti “livelli di esperienza”. Si tratta di elementi centrali nella formazione della reputazione sul web giacché costituiscono il fattore che attribuisce valore alla relazione tra noi è l’oggetto o il soggetto commentato. Sono elementi che possono essere manipolati nel funzionamento dell’algoritmo di ricerca, in parte dagli stessi inserzionisti, ma anche dal titolare del sito che può favorire, ad esempio, un’azienda che fa pubblicità.

Quello che è certo che il tema del valore della reputazione nel web è sempre più importante (per imprese o singoli cittadini) e di recente si è ampliato anche alle forme di responsabilità del sito e di chi posta una recensione.

In Italia nei giorni scorsi c’è stato un caso relativo al commento di una donna su Tripadvisor a proposito di un vino che sarebbe stato aperto da molto tempo in una osteria e poi finito sul suo tavolo. Un commento ritenuto diffamatorio dai gestori che hanno deciso di presentare querela. La polizia postale si è messa sulle tracce del nickname collegato alla recensione ed è risalita facilmente alla donna, una habitué di Tripadvisor, che per la verità non ha fatto nulla per tenere celata la sua identità. La donna, una docente universitaria, indagata dalla Procura ha da poco ricevuto un invito a comparire ed è intenzionata a difendersi con vigore contro quella che ha definito una “pagliacciata”.

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