Web tax, Boccia-Civati: “Politica non lasci sola la magistratura”

Secondo i deputati Pd “è un dovere dare Procure, alla Gdf e all’Agenzia delle Entrate gli strumenti, oggi inesistenti, per contrastare l’elusione fiscale delle multinazionali di Internet”

Pubblicato il 25 Mar 2015

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“E’ dovere della politica dare alle Procure, alla Guardia di Finanza, all’Agenzia delle Dogane e all’Agenzia delle Entrate tutti gli strumenti adeguati, oggi inesistenti, per contrastare l’elusione fiscale delle multinazionali del web. Continuiamo ad aspettare un cenno del governo alle proposte parlamentari che attendono una risposta da oltre due anni”, affermano Francesco Boccia e Pippo Civati ricordando che “i numeri che vengono fuori dalle inchieste fiscali in corso della procura di Milano e delle amministrazioni fiscali dello Stato su Apple, Amazon e Google, sono impressionanti”.

“La Apple – riprendono i deputati Pd – avrebbe portato all’estero, secondo l’inchiesta, in sette anni 9,38 miliardi di euro contro un fatturato complessivo dichiarato al fisco italiano di soli 150 milioni. Su Google e Amazon le inchieste in corso confermano scenari inquietanti di perdita di gettito fiscale. E la politica cha fa? Non capire che la vendita di servizi, beni, spazi pubblicitari in Italia, dall’Italia e per l’Italia consentendo, però, la fatturazione in Irlanda, o anche altri Paesi extra UE – avvertono – è di una gravità inaudita. Trasforma il nostro immobilismo in autolesionismo. In Italia c’è un mercato complessivo superiore a 25 miliardi di euro con un gettito fiscale praticamente inconsistente”.

La vicenda della presunta evasione fiscale di Apple, accusata dai Pm di Milano di non aver pagato all’erario 879 milioni di euro, versando le tasse in Irlanda a condizioni più favorevoli, potrebbe concludersi con un patteggiamento tra la casa di Cupertino e l’Agenzia delle Entrate, che potrebbe essere utile per “limare” sostanziosamente l’importo dovuto da Apple al fisco italiano.

Alla conclusione delle indagini nei confronti di tre manager di Apple la procura di Milano, in attesa della decisione sul rinvio a giudizio, ipotizza il mancato versamento dell’Ires, dal 2008 al 2013, per un ammontare complessivo di circa 879 milioni di euro nell’arco dei cinque anni. Accusa che la casa di Cupertino respinge con decisione, definendo la tesi dei Pm come “priva di fondamento”.

“I redditi relativi all’attività commerciale svolta da Apple in Italia sono stati sottoposti a tassazione in Irlanda con applicazione di un’aliquota più favorevole, compresa tra lo 0,06% allo 0,05% rispetto a quella italiana pari al 27,50%”, spiegava ieri in una nota Edmondo Bruti LIberati, procuratore della Repubblica di Milano.

Apple è uno dei più grandi contribuenti al mondo e paghiamo ogni euro di tasse dovute ovunque operiamo – afferma in una nota un portavoce della società fondata da Steve Jobs – le autorità fiscali italiane hanno sottoposto a verifiche fiscali le attività italiane di Apple nel 2007, 2008 e 2009 e hanno confermato che eravamo in piena conformità con i requisiti di documentazione e di trasparenza Ocse. Queste nuove accuse contro i nostri dipendenti sono completamente prive di fondamento – conclude il comunicato – e siamo fiduciosi che questo procedimento arriverà alla stessa conclusione”.

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