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Web tax, Londra va avanti da sola: “Il tempo per discutere è scaduto”

Secondo quanto annunciato dal ministro delle Finanze Philip Hammond si punta a una tassazione nazionale considerato che le trattative sia a livello Ue sia Ocse sono “in stallo”. Sui colossi del digitale il Regno Unito prepara anche la stangata antitrust: nuove norme contro il rischio monopoli del digitale

Pubblicato il 01 Ott 2018

Patrizia Licata

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Web tax , la Gran Bretagna farà da sola. Se non sarà raggiunto un ampio accordo internazionale sulla tassazione delle aziende di Internet, ha indicato il ministro delle Finanze Philip Hammond, Londra adotterà unilateralmente un’imposta sui servizi digitali per allineare il prelievo fiscale sulle grandi Internet companies come Google, Amazon e Facebook a quello dei colossi tradizionali. Lo riporta l’agenzia di stampa Reuters.

“Il modo migliore di tassare le aziende multinazionali è attraverso accordi internazionali, ma abbiamo esaurito il tempo ed è ora di superare questa fase di stallo“, ha indicato Hammond. “Se non si riuscirà a raggiungere un accordo, la Gran Bretagna agirà da sola con una propria Digital Services Tax”.

Il ministro ha già in passato sottolineato l’urgenza della web tax – o “Google tax”, come la definiscono i media anglosassoni facendo riferimento al target numero uno dell’imposizione fiscale, il colosso della ricerca e della pubblicità digitale con sede a Mountain View. La scure su Google & co. non si fermerà tuttavia a eventuali nuove imposizioni fiscali: Hammond ha indicato che la Gran Bretagna sta valutando dei modi per aggiornare le sue norme antitrust in reazione al potere dominante assunto da alcune grandi aziende. “L’espansione dei colossi hitech e delle piattaforme digitali porta senz’altro benefici ai consumatori ma solleva questioni sulla possibile concentrazione di potere in un gruppo ristretto di aziende della tecnologia”, secondo Hammond.

Hammond ha nominato Jason Furman, ex chief economist del presidente degli Stati Uniti Barack Obama, come direttore di un progetto di revisione del quadro normativo del Regno Unito sulla concorrenza. L’intenzione è di ammodernare l’impianto in modo da allinearlo alle nuove sfide dell’era digitale, anche se la Confederation of British Industry, la “Confindustria britannica”, ha invitato il governo a evitare misure fiscali che danneggiano la competitività globale della Gran Bretagna.

Nell’Unione europea la Web tax è fortemente sostenuta da Francia, Italia e Austria. I tre paesi vorrebbero adottare entro fine anno la proposta avanzata dalla Commissione europea: prelievo del 3% sul fatturato dei gruppi dell’economia digitale che fatturano nell’Ue più di 50 milioni di euro l’anno. La soluzione europea verrebbe adottata temporaneamente, mentre proseguono i negoziati su scala Ocse per arrivare a una formula condivisa anche al di fuori dell’Ue. La presidenza austriaca è in pressing sui ministri delle Finanze Ue e ha chiesto di non cedere alla “tentazione di agire unilateralmente”: undici paesi europei sarebbero pronti a procedere con la loro web tax nazionale.

Le trattative in Europa si sono scontrate con l’opposizione di alcuni paesi Ue come Lussemburgo e Irlanda, che vogliono aspettare la soluzione internazionale, e con l’ostracismo della Germania, che vuole evitare la “demonizzazione” di Google & co. Berlino insiste  tuttavia nel garantire che la decisione sulla Web tax ci sarà e anche Francia e Austria hanno parlato di “progressi”.

@RIPRODUZIONE RISERVATA

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