TECNOLOGIE

Big Data: streaming, IoT e intelligenza artificiale guidano la rivoluzione

La conferenza Strata+Hadoop accende i riflettori sul tema: la figura del data scientist al centro del nuovo business

Pubblicato il 08 Apr 2016

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Streaming, IoT e intelligenza artificiale. Sono questi i trend che stanno emergendo nel settore dei Big Data secondo gli esperti riuniti nel Strata + Hadoop, la conferenza sul tema che si è appena tenuta a San Josè.

Lo streaming, cioè la capacità di costruire sistemi in grado di gestire flussi continui di informazioni, genera ‘insights’ in grado di far prendere, alle persone o alle macchine, decisioni migliori e istantanee. L’Internet delle cose, invece, la fa da padrone con i miliardi di sensori già presenti nel mondo (molti nascosti nei nostri smartphones) che producono continuamente informazioni.

E di fianco alle tecnologie di gestione di questi flussi di dati, ci sono i Real Time Analytics capaci di rendersi conto in tempo reale, per esempio, di una frode su una carta di credito o di un mancato acquisto su un sito di e-commerce.

Un altro tema caldo è stato quello dell’Intelligenza Artificiale (AI). Oggi gli algoritmi – i programmi in grado di dare un significato ai dati – sono i veri padroni della scena quando si parla di Big Data e Analytics. Una volta inventate le tecnologie in grado di raccogliere le informazioni, è infatti l’algoritmo quello che sa estrarne il valore. In particolare, tra gli algoritmi, si sta facendo strada il mondo dell’AI e cioè di quei sistemi in grado di apprendere in autonomia compiti e comportamenti sempre più complessi. Un esempio è l’account Twitter creato da Microsoft che, imparando dagli altri tweet, doveva essere in grado di interagire come un vero teenager. Il ‘bot’ dal nome TAY è stato a tal punto bravo ad apprendere da costringere Microsoft – dopo solo un giorno – a fermarlo. L’intelligenza artificiale in così poco tempo dava evidenti segni di antisemitismo, misoginia ed era perfino diventato simpatizzante di Hitler.

Tutto questo perché stimolato opportunamente dai troll (così viene chiamato su internet chi interagisce su internet con l’obiettivo di fomentare e disturbare) che si sono rivelate “le cattive compagnie” che si trovano nella vita e con cui anche l’Intelligenza Artificiale deve imparare a fare i conti, per il nostro bene.

In questo contesto è evidente che la figira del Data Scientist sarà sempre più centrale. Alcuni definiscono il Data Scientist come una specie di oracolo, parliamo di un esperto di dati con sensibilità di business, un programmatore che conosce la statistica e che sa estrarre significato dalla quantità di numeri, misure e informazioni che ogni giorno produciamo.

In passato, in un contesto più tradizionale e con un business che si evolveva molto lentamente, era possibile pensare di sdoppiare alcune competenze: c’erano gli esperti di marketing che individuavano le esigenze delle persone, gli analisti che le sapevano convertirle in azioni sul prodotto e i tecnici in grado di trasformare i documenti nel prodotto stesso.

A seguito di quella che viene chiamata Data Revolution, nulla è stato più come prima. La grande quantità e la tipologia di dati nuovi che hanno invaso la nostra vita e il nostro business, hanno reso queste competenze non più frazionabili: esiste un continuum tra l’immaginare nuove esigenze, verificarle sui dati, creare prototipi in grado di dare risposte molto velocemente. Da qui la necessità di fondere all’interno di una stessa persona queste capacità creando quello che Harvard Business Review ha definito come “il mestiere più sexy del nostro secolo”.

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