LA PROPOSTA

Tassa sui robot, si riapre il dibattito. Salvini: “Imposta a tutela del lavoro”

In vista delle elezioni riparte la polemica sul “balzello”: strumento per proteggere l’occupazione o disincentivo ad investire in innovazione? Il leader della Lega: “La macchina deve essere un aiuto allo sforzo umano, non sostituzione dell’essere umano”. Calenda: “Ricetta suicida”

Pubblicato il 08 Feb 2018

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Matteo Salvini riapre il dibattito sulla tassazione dei robot. Intervistato da Radio24, il leader della Lega ha detto di ritenere “utile tassare le imprese che impiegano robot per tutelare i lavoratori che rischiano di perdere il posto di lavoro”.
“Se ci sono secondo le stime 3 milioni di posti di lavoro a rischio, la vogliamo governare (la situazione), la vogliamo organizzare? Il robot deve essere un aiuto allo sforzo umano, non deve essere meramente la sostituzione dell‘essere umano – ha evidenziato – Investi, fai ricerca, mi va benissimo però il futuro va accompagnato”.

“Se con la flat tax noi riduciamo le tasse sulle famiglie e le imprese, per quanto riguarda le grandi imprese sarebbe opportuno che una parte di questi maggiori utili venissero reinvestiti in formazione in tutela e in stipendio per i lavoratori in protezione del territorio”, ha detto ancora il leader leghista.

Pronta la risposta del ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda: “Dazi e tasse sui robot ricetta suicida”, ha detto senza mezzi termini.

In Italia è stata comunque presentata una prima proposta di legge sulle tasse ai robot. “Salvini arriva tardi. Una proposta di legge sulla tassazione della manodopera robotizzata c’è già ed è stata presentata da me il 3 agosto dello scorso anno. Prima di parlare il leader leghista, forse distratto, dovrebbe informarsi – ricorda Oreste Pastorelli, deputato socialista-La legge da me presentata prevede l’aumento di un punto percentuale dell’aliquota Ires qualora un’attività produttiva sia realizzata e gestita direttamente da macchine intelligenti. Il testo, inoltre, introduce anche misure in favore della riqualificazione professionale: se l’impresa che impiega i robot decide di investire nel relativo anno d’imposta una somma pari allo 0,5 per cento dei propri ricavi in progetti di riqualificazione professionale dei lavoratori o in strumenti di welfare aziendale, l’aumento della tassazione non scatta”.

Il primo a lanciare l’idea di una tassazione ad hoc era stato Bill Gates, fondatore di Microsoft.  “Oggi se un essere umano guadagna 50 mila dollari all’anno, lavorando in una fabbrica, deve pagare le imposte. Se un robot svolge gli stessi compiti, dovrebbe essere tassato allo stesso livello” aveva detto il manager.

L’idea di Gates ha aperto un ampio dibattito su un tema comunque “caldo” ai tempi della digital transformation ovvero quello del lavoro. Joseph Stiglitz, economista Premio Nobel, non crede sia utile tassare i robot per raccogliere fondi pubblici necessari a compensare la disoccupazione generata dall’automazione con sussidi per il lavoro. Per Stiglitz sarebbe un disincentivo ad investire in innovazione: “Si potrebbero tassare di più le grandi corporation, si possono raccogliere più risorse con i prelievi dai profitti extra dei grandi gruppi e, magari, anche dai Ceo più pagati”.

Contrario anche Marianio Corso, docente del Polimi e direttore scientifico di P4i nonché uno dei massimi esperti di lavoro 4.0. In un’intervista rilasciata a CorCom qualche tempo fa, Corso spiegava come fosse più utile detassare il lavoro: “La questione per il futuro è l’accompagnamento della trasformazione tecnologica, che dovrà puntare su redistribuzione del reddito e formazione”.

Totalmente contrario alla tassa il segretario della Fim Cisl, Marco Bentivogli. “Non abbiamo paura della tecnologia – ha detto in una intervista al Sole 24 Ore – Non chiediamo a FCA di rinunciare ai  16 robot della Butterfly utilizzati a Melfi per saldare in poco tempo la carrozzeria della Jeep Renegade perché rimpiangiamo di far respirare le esalazioni della saldatura ai lavoratori. Invece di sostenere la tassa futura sui robot chiediamo di ridurre subito il cuneo fiscale”.

Il dibattito resta dunque aperto con alcuni numeri che suffragano, invece, l’idea che i robot possano essere anche una grande leva di sviluppo di business e dunque di occupazione. Secondo uno studio Accenture presentato all’ultimo World Economic Forum di Davos gli investimenti in intelligenza artificiale potrebbero far crescere del 38% i ricavi delle imprese e del 10% l’occupazione entro il 2020.

Lo studio parte da un assunto fondamentale: le aziende che non saranno in grado di rimodellare flussi di lavoro, modelli di business e dipendenti rischiano di scomparire. In questo contesto la forza lavoro, che va formata per potere essere parte attiva nella collaborazione tra uomo e macchina, elemento imprescindibile dell’imprea 4.0.

Attualmente si riscontra ancora forte ritardo: sebbene il 54% dei dirigenti aziendali consideri la collaborazione uomo-macchina cruciale per il business, solo il 3% ha previsto un aumento significativo degli investimenti nella riqualificazione dei propri collaboratori entro i prossimi tre anni.

“Per riuscire a crescere nell’era dell’IA, le aziende devono investire di più in formazione, al fine di preparare i dipendenti a un nuovo modo di lavorare in cooperazione con le macchine – spiega Marco Morchio, ‎Accenture Strategy Lead per Italia, Europa Centrale e Grecia. “Quella che noi definiamo Applied Intelligence, cioè la capacità di integrare rapidamente tecnologia intelligente e ingegno umano in tutte le funzioni aziendali, sarà sempre più un elemento imprescindibile per il successo e la crescita delle imprese”.

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