L’IMPATTO AMBIENTALE

Tlc, retorica sul green: i consumi energetici aumentano, scarso l’uso delle rinnovabili

Secondo le rilevazioni di Researchandmarkets l’industria delle telecomunicazioni resta al palo in termini di risultati concreti. “Obiettivi troppo conservativi, gli operatori hanno il potenziale per essere all’avanguardia, ma in questo momento riescono a malapena a tenere il passo. Nel 2024 si dovrà fare di più”

Pubblicato il 10 Gen 2024

green economy, ambiente 4

Le telecomunicazioni “non sono abbastanza grandi per salvare il pianeta, ma ogni settore industriale deve fare la propria parte (e anche di più) per alleviare il riscaldamento globale. Sfortunatamente, al di là della retorica fannullona, il settore tlc sta sottoperformando. Nel 2022, sulla base di un ampio campione di società di telecomunicazioni, la somma delle emissioni di carbonio degli ambiti 1 e 2 è stata di 132 milioni di tonnellate di CO2 equivalente”.

Lo afferma il rapporto con cui ResearchAndMarkets affronta le tendenze dell’impronta di carbonio nel settore delle telecomunicazioni, presentando i dati sulle emissioni dei servizi e dei loro principali fornitori nel periodo 2020-22. L’indagine rivela che, ad oggi, la tipica grande azienda di telecomunicazioni punta alla neutralità del carbonio (negli ambiti 1 e 2) entro il 2035, con il 2050 come anno target per l’azzeramento delle emissioni nette in tutti gli ambiti. Questi obiettivi, tuttavia, vengono definiti “eccessivamente conservativi” da ResearchAndMarkets per un settore costruito sulla tecnologia. “Telecom ha il potenziale per essere leader, ma al momento riesce a malapena a tenere il passo. Occorre fare di più nel 2024″, ammonisce il report.

“Modesta” la crescita dell’uso di rinnovabili

Secondo l’indagine, il dato che quantifica le emissioni del comparto è stabile rispetto al 2021, mentre il consumo di energia continua a crescere del 3-4% all’anno nei servizi di telecomunicazione e l’uso di fonti rinnovabili cresce solo in misura modesta: da circa il 10% del consumo totale nel 2020, al 15% nel 2022. Alcune telco hanno compiuto sforzi concertati per acquistare crediti o compensazioni per le emissioni dell’ambito 2 e sono in grado di riportare le emissioni dell’ambito 2 “basate sul mercato”, che stanno diminuendo rapidamente. Si tratta però di eccezioni e quasi tutte in Europa; esempi significativi sono BT, Deutsche Telekom e Vodafone.

Emissioni di ambito 3: la “buona posizione” dei fornitori

Oltre alle emissioni di ambito 1 e 2, le telecomunicazioni generano anche emissioni di ambito 3, come tutti i settori industriali. L’ambito 3 è di solito il 70-80% delle emissioni totali dell’ambito 1/2/3, e nelle telecomunicazioni è dovuto in gran parte alla catena di fornitura, cioè ai fornitori. I fornitori sono in una posizione migliore rispetto alle telecomunicazioni per diventare ecologici in tempi brevi, in quanto non gestiscono vaste reti con cicli di ammortamento di oltre 10-20 anni.

Il problema della dipendenza dalle supply chain cinesi

Secondo un’analisi condotta su 25 aziende, che complessivamente rappresentano ben oltre il 70% della spesa tecnologica nel settore delle telecomunicazioni, alcuni fornitori stanno ottenendo buoni risultati: migliorando l’efficienza energetica delle proprie attività e procedendo con gli investimenti in fonti rinnovabili attraverso vari strumenti (crediti, compensazioni, Ppa, investimenti diretti, ecc.). Ciena, ad esempio, ottiene ben oltre il 50% della sua energia da fonti rinnovabili e ha emesso solo 55 tonnellate di CO2 equivalente (Mt CO2e) per GWh di energia consumata nel 2022 (stima). I venditori cinesi sono ritardatari. Ancora più importante, Huawei e Zte hanno un’impronta di carbonio molto elevata per unità di energia consumata, poiché investono poco nelle energie rinnovabili e la rete cinese dipende dal carbone. Una maggiore dipendenza dalle catene di approvvigionamento cinesi tenderà a rendere più difficile per le società di telecomunicazioni raggiungere gli obiettivi climatici.

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