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Energia: Italia alla svolta digital, ma gli utenti non ne approfittano

Report I-Com: imprese pronte ad utilizzare le nuove tecnologie per efficientare il settore. Big data al centro della trasformazione. Ma la mancanza di competenze informatiche frena: si teme per la sicurezza

Pubblicato il 18 Ott 2017

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L’Italia è tra i Paesi europei in cui le aziende mostrano una maggiore predisposizione all’utilizzo di tecnologie digitali, insieme a Finlandia, Svezia e Slovenia, ma il livello di competenze informatiche dei cittadini italiani rimane ancora molto basso se paragonato a quello di altri cittadini europei e non consente di sfruttare appieno la rivoluzione digitale in atto. È quanto emerge dal Report dell’Istituto per la Competitività, I-Com, “Energia digitale. Infrastrutture, tecnologie abilitanti e ruolo del consumatore”, che verrà presentato oggi all’Europarlamento a Bruxelles, alla presenza di diversi rappresentanti della Commissione Ue e di altri stakeholder europei.

Lo studio, realizzato grazie al sostegno di Acquirente Unico, Enel, E.ON e Terna, curato dal presidente di I-Com, Stefano da Empoli, e da Franco D’Amore, vicepresidente e direttore Area Energia del think tank europeo, parte da un’analisi degli investimenti in energia digitale, destinati ad aumentare in tutta Europa, per poi focalizzarsi sull’uso delle nuove tecnologie da parte di aziende e consumatori.

Per dare un’idea dei progressi realizzati dal settore energetico nel processo di digitalizzazione, I-Com ha sviluppato un indice basato sul grado di sviluppo di cinque variabili all’interno delle aziende energetiche: l’analisi dei big data; l’utilizzo di servizi di cloud computing; la gestione automatizzata dell’invio delle fatture; l’uso di sistemi di CRM (Customer Relationship Management); la definizione di una chiara politica di sicurezza informatica.

Secondo l’indice I-Com, in testa alla classifica europea ci sono le imprese energetiche finlandesi (alle quali va un punteggio di 100, in quanto prime classificate), seguite da Slovenia e Svezia a pari merito (con un punteggio di 81). L’Italia è fuori dal podio ma con un quarto posto (corrispondente a un punteggio di 72) è il primo tra i grandi Stati Membri della UE, precedendo Spagna (7a con 57), Germania (8a con 53) e Francia (9a con 51).

L’energia è l’unico settore nel quale le imprese italiane analizzano big data più della media europea (19% contro il 16% laddove la media di tutte le aziende a livello italiano si ferma al 9% contro una media Ue del 10%). Dall’analisi emerge che il 58% delle Utility europee che analizza big data utilizza come fonte delle informazioni i sensori e i dispositivi smart. Percentuale che in Italia arriva addirittura al 79%. Un segnale importante che testimonia come l’Internet delle cose (IoT) sia sempre più una componente fondamentale nella strategia di crescita aziendale, diventando un punto di forza per le imprese che vogliono restare sul mercato.

Se da un lato l’Italia si dimostra virtuosa per l’alto grado di competenze tecnologiche in ambito aziendale nel settore energetico, dall’altro il Paese è ancora indietro rispetto al resto d’Europa per lo scarso livello informatico dei propri cittadini. L’Italia, su questo, è agli ultimi posti della classifica europea. In cima si trovano i Paesi del Nord Europa, in particolare il Lussemburgo e la Danimarca dove – ad esempio – la percentuale degli individui che non utilizza Internet è solo del 2%, a fronte di un dato per l’Italia del 25% (14% a livello Ue). In generale non esistono grandi differenze tra l’accesso maschile e quello femminile.

Lo studio mette in luce, poi, una delle principali preoccupazioni alla base dello sviluppo della digitalizzazione del settore energetico, ovvero quella relativa alla sicurezza informatica. Secondo i dati elaborati da I-Com, solo il 40% delle utility europee ha definito una strategia aziendale per la cybersecurity, a fronte di una media per tutti i settori del 32% e un valore per il settore ICT del 62%. Dopo Svezia e Finlandia, nelle quali rispettivamente ben il 68% e il 53% delle utility si è dotata di una policy di sicurezza informatica, in Italia questa percentuale arriva quasi alla metà, con il 47%, sopra Germania (44%), Spagna (43%), Francia (41%) e Regno Unito (39%). Dallo studio I-Com emerge come la crescente interconnessione tra reti elettriche e informatiche necessiti di un quadro normativo comune a livello europeo.

“Sarebbe utile creare un gruppo di lavoro specifico nell’ambito dell’Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell’informazione (Enisa) dedicato esclusivamente all’energia digitale – spiega Stefano da Empoli, presidente di I-Com – Alla luce della massiccia diffusione prevista dei dispositivi IoT legati al mondo energetico, è fondamentale salvaguardare i consumatori attraverso una certificazione europea che garantisca elevati standard di sicurezza. Questo, infatti, potrebbe portare a lungo termine enormi vantaggi alle imprese UE rendendole più competitive sul mercato. I consumatori, in questa partita, giocano un ruolo chiave e solo aumentando la loro consapevolezza informatica si potrà trarre il massimo vantaggio dal processo di digitalizzazione in atto”.

“La rivoluzione digitale impone senza dubbio anche un diverso approccio decisionale e politico, per questo è necessario che la Commissione europea proponga politiche e misure normative che incoraggino gli investimenti digitali, ponendosi così alla guida del cambiamento – evidenzia Franco D’Amore, vicepresidente e direttore Area Energia di I-Com – Siamo convinti che l’Europa possa svolgere un ruolo centrale nel supportare l’innovazione delle imprese e la qualificazione professionale della forza lavoro. La creazione di un mercato unico europeo dell’energia digitale potrebbe generare una forte domanda di soluzioni tecnologicamente avanzate e consentire una crescita sostenibile di una offerta di prodotti e servizi ‘Made in Ue’ altamente competitivi”.

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