NADEF/3

Impresa 4.0, si allargano le maglie del bonus formazione

Più ampio il perimetro delle spese ammissibili per accedere all’incentivo, con l’obiettivo di agevolare un maggiore coinvolgimento delle Pmi. Si stringe sull’operatività del Fondo nazionale per l’Innovazione. Allarme Federmeccanica: livelli di produzioni scesi del 3% in un anno. “Serve un piano straordinario”

Pubblicato il 01 Ott 2019

F. Me

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Novità per impresa 4.0 nella nota di aggiornamento al Def. Il governo potenzia il piano smart manufacturing allargando il perimetro delle spese ammissibili per accedere al bonus formazione 4.0.

“Il piano – si legge nel NaDef – verrà rafforzato attraverso una revisione organica delle spese esistenti, per favorire la più ampia partecipazione delle Pmi, delle filiere produttive e stimolare l’attrazione di grandi investimenti strategici”.

Come funziona attualmente il credito di imposta sulla formazione 4.0

La manovra 2019 prevede un credito d’imposta del 40% delle spese relative al personale dipendente impegnato nelle attività di formazione ammissibili, limitatamente al costo aziendale riferito alle ore o alle giornate di formazione, sostenute nel periodo d’imposta agevolabile e nel limite massimo di 300.000 euro per ciascun beneficiario, pattuite attraverso contratti collettivi aziendali o territoriali. Focus sull’aggiornamento del personale sul fronte big data, cloud, e cybersecurity.

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Sono ammissibili al credito d’imposta anche le eventuali spese relative al personale dipendente ordinariamente occupato in uno degli ambiti aziendali individuati nell’allegato A della legge n. 205 del 2017 e che partecipi in veste di docente o tutor alle attività di formazione ammissibili, nel limite del 30% della retribuzione complessiva annua spettante al dipendente. La misura è applicabile alle spese in formazione sostenute nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017.

Nel NaDef è confermata anche l’intenzione di dare una svolta green al Piano così come quella di varare una strategia nazionale per la blockchain da affiancare a quella per l’AI. Già pubblicata dal Mise e messa a consultazione.

In fase di decollo il Fondo nazionale per l’Innovazione. “È in via di completamento l’iter per rendere operativo il Fondo”, si legge del documento.

In previsione anche un disegno di legge collegato alla manovra che istituisce l’Agenzia nazionale per la ricerca e il trasferimento tecnologico e un altro per l’economia dell’innovazione e l’attrazione degli investimenti.

Il Fondo nazionale per l’Innovazione

Il Fondo Nazionale Innovazione (Fni) ha una dotazione finanziaria di partenza, prevista nella Legge di Bilancio 2019, di circa 1 miliardo di euro e verrà gestito dalla Cassa Depositi e Prestiti, attraverso una cabina di regia che ha l’obiettivo di riunire e moltiplicare risorse pubbliche e private dedicate al tema strategico dell’innovazione.

Lo strumento operativo di intervento del Fondo Nazionale è il Venture Capital, ovvero investimenti diretti e indiretti in minoranze qualificate nel capitale di imprese innovative con Fondi generalisti, verticali o Fondi di Fondi, a supporto di startup, scaleup e PMI innovative. Per difendere l’interesse nazionale contrastando la costante cessione e dispersione di talenti, proprietà intellettuale e altri asset strategici che nella migliore delle ipotesi vengono “svendute” all’estero con una perdita secca per il sistema Paese.

Il Fondo Nazionale Innovazione è un soggetto (Sgr) multifondo che opera esclusivamente attraverso metodologie di cd Venture Capital. Si tratta dello strumento finanziario elettivo per investimenti diretti o indiretti allo scopo di acquisire minoranze qualificate del capitale di startup, scaleup e Pmi innovative. Gli investimenti sono effettuati dai singoli Fondi del FNI in modo selettivo, in conformità con le migliori pratiche del settore, in funzione della capacità di generare impatto e valore sia per l’investimento sia per l’economia nazionale. La selettività, flessibilità e rapidità degli investimenti sono gli elementi che consentono al VC la natura di strumento chiave di mercato per lo sviluppo dell’innovazione. Oltre che il modo migliore per allineare gli interessi di investitori e imprenditori verso il comune obiettivo della crescita economica.

La strategia nazionale sull’intelligenza artificiale

Lo scorso 19 agosto il Mise ha avviato consultazione pubblica della Strategia nazionale per l’Intelligenza Artificiale, elaborata con il supporto del gruppo di esperti che erano stati incaricati di redigere il piano.

Il documento sulla Strategia nazionale sull’Intelligenza Artificiale è composto da un capitolo iniziale in cui si parla della visione italiana, seguito poi da nove capitoli che corrispondono ognuno a nove obiettivi che la strategia si propone di raggiungere: incrementare gli investimenti pubblici e privati, potenziare l’ecosistema della ricerca e dell’innovazione, sostenere l’adozione delle tecnologie digitali, porre l’Intelligenza Artificiale al servizio della forza lavoro, sfruttare il potenziale dell’economia dei dati, consolidare il quadro normativo etico, promuovere la consapevolezza e la fiducia nell’intelligenza artificiale tra i cittadini, rilanciare la pubblica amministrazione e rendere più efficienti le politiche pubbliche, favorire la cooperazione europea ed internazionale per un’intelligenza artificiale responsabile e inclusiva.

I dati di Federmeccanica

La debolezza della domanda interna, soprattutto quella relativa agli investimenti in macchine, attrezzature e mezzi di trasporto e la concomitante contrazione dei volumi di fatturato indirizzati all’estero, hanno determinato un significativo peggioramento della congiuntura metalmeccanica. L’allarme è lanciato da Federmeccanica che oggi ha presentato la 15esima indagine congiunturale sul settore.

Nel secondo trimestre dell’anno in corso, infatti, i livelli di produzione sono diminuiti dell’1,1% rispetto al primo trimestre e del 3,1% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente.

Complessivamente nel periodo gennaio-giugno 2019, la diminuzione dell’attività metalmeccanica è risultata mediamente pari al 2,7% rispetto ai primi sei mesi del 2018 con andamenti fortemente differenziati nei singoli comparti con variazioni negative in quasi tutte le attività ricomprese nell’aggregato. La fabbricazione di prodotti in metallo è diminuita del 3,7%, le produzioni metallurgiche del 2,1% e la meccanica strumentale dell’1,9%, mentre la produzione di autoveicoli è crollata del 10,1%. Unica eccezione la fabbricazione di altri mezzi di trasporto (navalmeccanica, aerospaziale, locomotive e materiale ferrotranviario) che, benché in rallentamento nel corso del 2019, ha segnato un +4,3%.

“Siamo entrati in una fase recessiva – spiega Fabio Astori, Vice Presidente di Federmeccanica –  la produzione industriale del settore metalmeccanico negli ultimi 18 mesi ha visto predominare il segno meno. Non possiamo permetterci costi non sostenibili per le imprese. Impensabile ad esempio imporre nuove tasse. La riduzione del cuneo fiscale è una priorità. Le dichiarazioni adesso devono essere tradotte in fatti concreti e la nuova Legge di Bilancio sarà un test fondamentale per capire che direzione prenderà la politica industriale di questo Paese. Servono più investimenti per la crescita all’interno di una visione che sia veramente espansiva”.

Sulle dinamiche produttive sta incidendo negativamente anche il peggioramento dei flussi esportativi, diminuiti nel secondo trimestre dell’1,2% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente dopo la brusca frenata rilevata a partire dal quarto trimestre del 2018. Sulla base delle indicazioni che emergono sia da dati di fonte Istat sia dalla nostra indagine congiunturale (portafoglio ordini e prospettive produttive), non sono attesi, almeno nell’evoluzione a breve, miglioramenti della congiuntura metalmeccanica.

Relativamente al fattore lavoro, nei primi sei mesi dell’anno in corso, le ore autorizzate di CIG sono aumentate del 66% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente mentre nella grande industria metalmeccanica si è osservato un calo occupazionale pari allo 0,7% dopo la moderata crescita registrata nel corso degli ultimi due anni.

Malgrado gli elevati livelli di disoccupazione, il 47% delle imprese continuano ad evidenziare difficoltà a reperire personale qualificato per lo svolgimento di specifiche mansioni all’interno dell’attività aziendale (sostanzialmente la stessa percentuale (48%) rilevata nell’analogo periodo dell’anno precedente). Di queste il 19% ha difficoltà nel reperire figure professionali con competenze tecnologiche avanzate/digitali, mentre il 23% incontra difficoltà nel trovare lavoratori con competenze tecniche di base/tradizionali e il restante 5% non riesce a trovare figure professionali con altre specifiche caratteristiche.

“A distanza di un anno ci confrontiamo sempre con gli stessi problemi. Non si trovano i profili che servono alle imprese. – evidenzia Stefano Franchi, Direttore Generale di Federmeccanica – Serve un piano straordinario per l’istruzione e la formazione. Togliere risorse e tagliare le ore di alternanza è stato profondamente sbagliato. Occorre rimediare e anzi rilanciare a tutto tondo al fine di realizzare un virtuoso eco-sistema per l’apprendimento permanente. Con la sfida delle competenze ci giochiamo il futuro. In generale è indispensabile continuare sulla strada delle riforme ad ogni livello ed in ogni ambito. Non si può tornare indietro, si deve andare avanti con determinazione e convinzione”.

Sul fronte occupazionale, le previsioni a sei mesi sono all’insegna di una dinamica sostanzialmente stazionaria: la percentuale di imprese che pensa di aumentare il numero dei propri dipendenti risulta pari al 15%, la stessa percentuale di quelle che invece pronosticano contrazioni. Il saldo risulta pari a 0, in flessione dal +6% registrato nel precedente trimestre e soprattutto dal +13% rilevato nell’analogo periodo dello scorso anno.

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