LA RELAZIONE

Industria 4.0, Europa a macchia di leopardo. Al palo i digital hub

Secondo la Corte dei Conti Ue, la maggior parte dei Paesi non ha adottato strategie ad hoc o azioni specifiche. Solo la Germania ha messo in campo un piano di diffusione capillare dei centri di innovazione. “Usare i fondi comunitari per imprimere una svolta”

Pubblicato il 22 Set 2020

F. Me

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L’Europa non sta traendo pienamente vantaggio dalle tecnologie avanzate per innovare e restare competitiva. Lo rileva la Corte dei conti europea che ha analizzatogli effetti dell’iniziativa “Digitalizzazione dell’industria europea (Dei)”, lanciata nel 2016 dalla Commissione per fornire sostegno alle autorità nazionali.

Secondo la relazione della Corte i progressi dell’iniziativa non sono uniformi dato che alcuni Paesi non hanno ancora elaborato le strategie nazionali di digitalizzazione o non hanno adottato azioni specifiche, come la creazione dei poli dell’innovazione digitale (Dih).

La trasformazione digitale dell’industria, o digitalizzazione, è qualcosa di più della semplice acquisizione di attrezzature e sistemi informatici nuovi. Significa sfruttare le possibilità offerte dalle nuove tecnologie per ripensare tutti gli aspetti dei processi aziendali. La digitalizzazione delle industrie europee è progredita negli ultimi anni, ma con velocità diverse a seconda dei paesi, delle regioni e dei settori. Vi sono inoltre notevoli disparità tra grandi imprese e piccole e medie imprese (Pmi).

In questo quadro si inserisce l’iniziativa Dei per rafforzare la competitività dell’Ue nell’ambito delle tecnologie digitali e fare in modo che qualsiasi impresa in Europa, indipendentemente dal settore in cui opera, dal luogo in cui si trova e dalle sue dimensioni, possa beneficiare delle innovazioni digitali. L’iniziativa mirava a mobilitare quasi 50 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati nel quinquennio successivo al suo avvio.

“È fondamentale che le nostre imprese europee attuino la trasformazione digitale, se vogliono restare competitive a livello mondiale. Si stima che la digitalizzazione nell’Ue possa generare oltre 110 miliardi di euro di entrate all’anno – spiega Iliana Ivanova, il membro della Corte dei conti europea responsabile della relazione – Fino ad oggi, però, i progressi non sono stati uniformi nei diversi Stati membri dell’Ue. Perché l’iniziativa Dei abbia successo, occorre un continuo impegno di tutte le parti interessate: Ue, amministrazioni nazionali e imprese”.

I sopralluoghi della Corte

Gli auditor della Corte hanno visitato quattro Stati membri (Germania, Ungheria, Polonia e Portogallo) per constatare personalmente sul campo i progressi realizzati. La strategia della Commissione per favorire la digitalizzazione poggiava su solide basi ed aveva il sostegno degli Stati membri, ma non specificava quali effetti intendeva ottenere. La Germania e il Portogallo dispongono di strategie, ma nel 2019 l’Ungheria e la Polonia non avevano ancora elaborato alcuna strategia nazionale completa di digitalizzazione. Anche se la Commissione ha realizzato diverse attività per aiutare gli Stati membri, secondo le autorità nazionali queste hanno in genere influito solo in misura limitata sull’elaborazione e l’attuazione delle strategie nazionali di digitalizzazione. La Corte rileva inoltre che non si conosce quanto costi in totale creare e mantenere un quadro per sostenere la digitalizzazione dell’industria dell’Ue. Per quanto riguarda l’uso dei fondi Ue, l’iniziativa ha ricevuto finanziamenti nell’ambito di Orizzonte 2020 e anche i programmi esaminati del Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) prevedevano misure potenzialmente in grado di sostenere l’attuazione della Dei. Tuttavia, la Commissione non ha incoraggiato gli Stati membri ad assegnare i finanziamenti del Fesr all’iniziativa.

Uno degli elementi fondamentali dell’iniziativa Dei era la creazione e il funzionamento dei poli dell’innovazione digitale (Dih), con il compito di fornire consulenza sulle tecnologie e creare una rete di imprese locali. Ad eccezione della Germania, il concetto di Dih non è stato pienamente sviluppato negli Stati membri visitati. La Corte ha riscontrato casi in cui l’utilizzo dei limitati finanziamenti nazionali pubblici e privati per le attività dei Dih non era stato coordinato; sottolinea che la Commissione non attua un monitoraggio specifico sulle attività dei Dih in tutta l’Ue, eccetto per quelli finanziati da Orizzonte 2020. I fondi del Fesr possono essere usati per finanziare i Dih, ma questo avviene di rado.

Infine, buoni livelli di connettività a banda larga sono un presupposto essenziale per la digitalizzazione. Come sottolineato per un audit del 2018, è improbabile che tutti gli Stati membri raggiungano gli obiettivi dell’Ue per il 2020 in materia di copertura della banda larga, e sarà ancora più difficile raggiungere gli obiettivi fissati per il 2025. Inoltre, il tasso di diffusione della banda larga veloce varia notevolmente in funzione delle dimensioni delle imprese (nel 2019, ad esempio, solo il 46 % delle Pmi disponeva di un accesso alla banda larga veloce) e questo inevitabilmente frena la rivoluzione industriale digitale nell’Ue.

Le raccomandazioni della Corte

La Corte formula una serie di raccomandazioni, che tengono anche conto della proposta per il nuovo programma Europa digitale 2021-2027 ancora in fase di discussione. In particolare, raccomanda di aiutare gli Stati membri a individuare i deficit di finanziamento e attirare la loro attenzione sui finanziamenti Ue disponibili; migliorare il sistema di monitoraggio dell’iniziativa Dei definendo indicatori di risultato adeguati e un sistema di tracciamento delle spese; definire, coordinare ed adottare il quadro di riferimento per una rete di poli europei dell’innovazione digitale che copra tutte le regioni d’Europa e intraprendere ulteriori azioni per sostenere il conseguimento di livelli adeguati di connettività a banda larga.

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