L'INTERVISTA

Industria 4.0, Gardini (Alleanza Coop): “Spese per la formazione siano detraibili”

Il presidente dell’associazione delle cooperative: “Alle Pmi serve più autonomia rispetto al piano Calenda”. E sulla trasformazione del lavoro dice: “Anche le piattaforme digitali possono diventare mutualistiche”

Pubblicato il 26 Apr 2017

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Politiche più mirate per le piccole e medie imprese nelle strategie di smart manufacturing. Maurizio Gardini, presidente dell’Alleanza delle cooperative italiane, spiega a CorCom come si può sostenere la trasformazione digitale delle aziende.

In audizione Alleanza Coop ha chiesto più autonomia per le Pmi rispetto al piano Industria 4.0. Per quale motivo?

L’innovazione tecnologica viene introdotta nelle imprese di capitale perché aumenta l’efficienza diminuendo il costo del lavoro. Aumenta, quindi, i profitti per il capitale. Nelle imprese cooperative, di proprietà dei soci lavoratori, l’innovazione tecnologica si scontra con un’evidente barriera che è data dalla diminuzione di reddito per il socio, fino all’estremo della sua sostituzione con una macchina. Questo paradosso porta ad una diversa valutazione di impatto dei processi di innovazione tecnologica per le imprese cooperative e a un loro sostanziale rallentamento, e quindi ha bisogno di una sua raffigurazione autonoma rispetto ai percorsi del Programma Nazionale Industria 4.0.

Si parla spesso della resistenza “storica” della Pmi ad innovare. Come sostenere il salto tecnologico 4.0?

Occorre rendere detraibili fiscalmente tutte le spese per nuovi software e per la formazione del personale in attività.

Il tema industria 4.0 accende i riflettori sul lavoro che cambia, sull’introduzione di sistemi che rischiano di cancellare posti di lavoro. Si può accompagnare la trasformazione senza pagare costi sociali troppi alti?

Occorre favorire percorsi autonomi di digitalizzazione delle imprese cooperative e di creazione di nuove imprese basate sulle piattaforme tecnologiche digitali cooperative, di proprietà degli utenti e dei lavoratori, che condividano i profitti in forma mutualistica con chi contribuisce a generarli in rete, salvaguardando i diritti dei lavoratori digitali a tempo parziale e tutelando i diritti alla privacy degli utenti digitali.

In questo contesto crede che la tassazione dei robot possa essere una leva per “salvare” il lavoro?

“Bisogna mettere le persone al centro. Il make money by money crea aberrazioni socioeconomiche Oggi, nella economia della transizione digitale c’è bisogno di un nuovo e più avanzato equilibrio tra capitale e lavoro, dove, senza rinunciare alle innovazioni della tecnologia, queste siano messe al servizio dell’uomo, consentendo la condivisione più larga e democratica possibile dei benefici che ne derivano”.

Una parte rilevante del piano Calenda riguarda i competence center. Lei che idea si è fatto?

I centri hanno l’obiettivo di sostenere il trasferimento tecnologico e la formazione sulle tecnologie avanzate attraverso il coinvolgimento di università, centri di ricerca e aziende private con uno partenariato pubblico-privato. Sono costituiti con atto negoziale tra soggetti pubblici e privati: ci deve essere almeno un organismo di ricerca e possono essere ricomprese start up, pmi e grandi imprese.

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