Industria 4.0, la Camera: “Basta rincorrere i big, serve un modello italiano”

Da una prima sintesi dell’indagine conoscitiva sulla manifattura digitale emerge la necessità di elaborare un piano strategico per digitalizzare i sistemi produttivi. Intanto il ministro Calenda lavora alla revisione del dossier “Manifattur@Italia”

Pubblicato il 24 Mag 2016

Federica Meta

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L’Italia è un grande Paese manifatturiero ma senza un piano coerente per digitalizzare la produzione. È quanto emerge dalla prima sintesi dell’indagine conoscitiva avviata dalla commissione Attività produttive della Camera su Industria 4.0 che conferma l’urgenza di fare uno scatto in avanti.

Le conclusioni di Montecitorio arrivano menre il dossier “Manifattur@Italia” – il documento del Mise – passa nelle mani del neominisrtro allo Sviluppo economico, Carlo Calenda che punta a revisionare il lavoro, dal taglio molto analitico, legandolo più strettamente alle policy e a una visione di maggiore internazionalizzazione del nostro sistema produttivo e valorizzazione del made in Italy.

L’obiettivo è quello di ”arrivare alla definizione di un quadro normativo necessario a favorirne la realizzazione”, fanno sapere dalla commissione Attività Produttive, valutando anche l”impatto della fabbrica digitale sul sistema industriale nazionale e sull”occupazione. Proposte di incentivi fiscali per le imprese che investono nella digitalizzazione ma anche una spinte per obbligare l”amministrazione pubblica a fare il salto verso le nuove tecnologie. E, ancora: piano nazionale del digitale, nuovi sistemi di reperimento dei fondi e ruolo svolto dalle università e dagli enti di ricerca, proposte concrete su come avviare partecipazioni tra settore pubblico e privato. Vediamo, in sintesi, quanto emerso finora su Industria 4.0.

Per Boston Consulting, multinazionale nel settore della consulenza strategica di business, l”Italia, per competere sul mercato internazionale, dovrebbe puntare su produttività e valore aggiunto. Questo è il motivo ”vero per cui ”Industria 4.0” è importante e strategico”, rappresentando ”l”unico modo per competere”. ”Ha la peggio chi non innova”, ha ricordato in proposito la filiale italiana di Roland Berger. Per McKinsey&Company, il compito delle istituzioni nello sviluppo strategico ”è quello di facilitare e creare l”ambiente più adatto all”innovazione”.

Per Microsoft il punto fondamentale resta quello di dotare il paese di un ”piano nazionale sul digitale”. Ma bisognerebbe anche creare un osservatorio unico ”che accompagni le imprese” alla digitalizzazione, trattandosi di un settore ”dove una normazione stretta e puntuale non è necessaria, mentre è importante trovare delle forme di incentivazione a sostegno e supporto di un mercato” in continua espansione.

Cna ha ricordato l”esigenza di valorizzare, per lo sviluppo di una strategia di Industria 4.0, l”università e i punti di ricerca avanzati, coerentemente con il nostro tessuto produttivo, composto principalmente da piccole e medie imprese”. E, tra gli obiettivi, non può sfuggire quello di favorire forme di aggregazione tra imprese in modo che le piccole diventino medie e siano facilitate ”a rimanere su alcuni mercati”.

Stessa posizione sul punto espressa da Boston Consulting: puntare sulle università, perchè le pmi ”da sole possono fare dei pezzettini ma bisogna trovare dei punti di aggregazione”. Il compito della politica, dunque? ”Incentivare le università nel creare nuovi modelli di insegnamenti e creare un”infrastruttura nazionale in grado di supportare larivoluzione digitale” per Avio Aero, azienda leader nel settore aeronautico e aerospaziale. O, anche, creare ”isole di aggregazione per la ricerca” per mettere assieme ”chi fa le tecnologie e chi utilizza queste soluzioni, con un polo di sistema” aggregativo delle informazioni, la proposta di Hewlett-Packard Enterprice Italia. Senza scordare, ha ricordato Ibm, di svolgere campagne di comunicazione ad hoc per le pmi ”sull”urgenza del cambiamento verso la digitalizzazione che deve essere vista come una opportunità”

Cna ha proposto anche agevolazioni fiscali per gli investimenti in digitalizzazione delle imprese e la collaborazione pubblico-privato in un fondo per lo sviluppo tecnologico delle filiere produttive. Partnership necessaria anche secondo le idee di Confindustria: investimento pubblici a monte, forma di finanza pubblico-privata a valle, potenziando e ridefinendo il ruolo in questo contesto di Cassa depositi e prestiti. Investimenti necessari ”come quelli sul sistema delle reti, sulle smart grid, tema rilevante dell”Industria 4.0 italiana”. Certo è che, secondo Fabbrica digitale, azienda che si rivolge all”industrializzare dei processi produttivi e delle piattaforme tecnologiche, per arrivare a un sistema di Industria 4.0 bisogna obbligare l”amministrazione ”a interoperare con le tecnologie stabilendo che da una certa data tutti i suoi sistemi tecnologici diventino interoperabili, aperti e in grado di dialogare tra loro e con i cittadini”.

Questione, quella dell”evoluzione digitale della PA, ricordata anche nell’audizione dei maggiori sindacati nazionali, secondo cui nel nostro Paese si sta facendo poco ”mentre ci vorrebbe un investimento serio nel campo della formazione del personale”, avverte la Cisl. Ma non c”è solo l”amministrazione pubblica. Bisogna anche ”trasformare il lavoratore di oggi in un lavoratore 4.0, creare dei poli di aggregazione e accelerare la digitalizzazione del Paese”, ha rilevato Hewlett-Packard Enterprice Italia. Indispensabile, poi, ripensare il sistema di crowdfunding, per Fonderie Digitali. Il modello da guardare è quello Usa, dove puoi ”essere finanziato senza chiedere nulla in cambio”.

La quarta rivoluzione industriale, secondo le stime fornite da Porsche, ”porterà in termini di efficienza per le aziende che operano nel manifatturiero una potenziale riduzione dei costi di fabbricazione e di logistica fino al 20%” e ”una riduzione del capitale circolante e dei costi indiretti fino al 30%”.
Attenzione, però, ha avvertito Confartigianato. Il tutto non è esente da rischi. Bene agire sulla competitività globale delle imprese manifatturiere, anche perché una strategia industriale ”rappresenta l”occasione per far compiere a tutta la nostra manifattura un deciso salto di qualità”.

Basta però non ridursi ad applicare indiscriminatamente ”standard definiti altrove e per sistemi produttivi completamente diversi da quelli italiani”. Bisogna trovare ”la via italiana alla manifattura digitale”, che passa da investimenti sulle competenze e sulla riqualificazione del capitale umano. Per la Cgil bisogna contribuire, con l”Industria 4.0, ”a nuovo made in Italy che possa far sue le tecnologie di punta”, per aumentare produzione annua e numero degli addetti

La commissione Industria di Montecitorio ha sentito anche rappresentanti di Stati esteri e delle Regioni. L’Italia, ”partner importante per la Germania”, è stata chiamata a ”fare dei test insieme”, almeno in 70 fabbriche dove si può cominciare a provare, secondo Jan Siedentopp, rappresentante del ministero dell”Economia tedesco. Che ha anche ricordato come ci siano ”già tanti progetti di industria 4.0 che potrebbero andar bene anche per le pmi italiane”.

Le regioni italiane, da parte loro, si sono dette convinte che la digitalizzazione sia un passaggio cruciale nei prossimi anni per mantenere alta la produttività del sistema produttivo” nazionale, pena ”l”avvio di un fenomeno di de-industrializzazione” in caso di fallimento. L”obiettivo proposto è stato quello dell”individuazione di temi comuni e possibili piani operativi ”da portare a cofinanziamento nazionale”.

Per quanto riguarda l”edilizia 4.0 l”associazione nazionale costruttori edili (Ance) ha ricordato come il nostro Paese sia in ”notevole ritardo” rispetto ai suoi competitor internazionali ed europei. ”In modalità Bim”, (building information modelling) ”si eseguono oggi le più importanti opere di ingegneria ed architettura del mondo” ma in Italia ci sono pochissime imprese, soprattutto di medio-grandi dimensioni, che se ne servono. Che servirebbe, dunque? ”Una strategia nazionale per il Bim da adottare a livello governativo”, come fatto da Gran Bretagna, Germania o Francia, non solo fissando percorsi o roadmap di obblighi legislativi ma anche investendo economicamente.

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