Dal 2004 al 2014 la spesa R&S in Italia è cresciuta complessivamente del 31%. Nello stesso periodo l’incremento della spesa R&S nelle imprese è stato pari al 52%. L’81,6% delle attività di ricerca e sviluppo sviluppate nelle imprese sono autofinanziate per oltre 10 miliardi di euro L’incidenza è dello 0,3% sul fatturato e dell’1,5% sul valore aggiunto. Focalizzandoci però solo sul settore Ict, l’incidenza sul fatturato sale al 2,3%, mentre quella sul valore aggiunto passa al 5,3%. La spesa nazionale in R&S delle aziende del settore Ict rappresenta (con 2.120.266) oltre il 21% del totale degli investimenti intra-muros compiuti dalle imprese in tutti i settori.
Sono alcuni dei dati emersi da un’analisi elaborata da Anitec, presentata oggi a Milano dal Presidente di Anitec Stefano Pileri e dall’Amministratore Delegato di Invitalia, Domenico Arcuri, all’interno dell’incontro dal titolo “Ricerca e Innovazione per l’industria Ict in Italia”, tenutosi nella sede dell’associazione.
Nel 2015 l’Italia con l’1,33% del Pil si collocava al 4° posto in Europa dopo Germania (quasi 3%), Francia (poco oltre il 2%) e Regno Unito (poco oltre l’1,5%) per spesa in Ricerca e Sviluppo.
Quanto ai brevetti, in Italia nel 2016 sono stati 4.166 (registrando il secondo maggiore incremento in Europa, con il 4,5%) , contro 5.142 del Regno Unito, 6.889 dei Paesi Bassi, 7.293 della Svizzera, 10.486 della Francia e ben 25.086 della Germania. Nel 2016 il settore Digital Communications in Italia ha comunque visto un incremento nell’attività brevettuale di oltre il 17%.
Guardando più in generale la situazione sulla digitalizzazione del nostro Paese, l’indice Desi (Digital Economy and Society Index) testimonia di un processo ancora in fase arretrata (Italia al 25° posto della classifica europea); il posizionamento dell’indice in Dtei ci pone tuttavia al 16° posto a testimonianza del riconoscimento comunque della presenza dei fattori abilitanti alla trasformazione digitale.
In parallelo l’Italia dà all’Europa più di quanto riceve in finanziamenti: il nostro Paese contribuisce al bilancio Ue per oltre 14,23 miliardi di euro, ma ne riceve in finanziamenti 12,34 miliardi (dei quali solo l’8,59% per R&S, contro il 21,31% del Regno Unito, il 17,37% della Germania e una media Ue del 10%).
Quindi è di tutta evidenza la necessità di migliorare le condizioni per garantire gli investimenti nella trasformazione digitale e nelle attività di ricerca e sviluppo.
“Il tema della Ricerca, Sviluppo e Innovazione – dice Stefano Pileri, presidente di Anitec – è da sempre centrale nelle attività di Anitec e delle aziende associate quali principali interpreti e fornitori delle tecnologie, apparati, soluzioni e servizi innovativi ed evoluti. Proprio per questo, abbiamo voluto approfondire e sottolineare, attraverso la presentazione di alcuni rilevanti dati, incentrati sulla ricerca e innovazione nel settore Ict, che l’innovazione è il volano essenziale per la crescita della competitività e rappresenta il futuro del nostro Paese e la capacità di investire in ricerca rappresenta un elemento vitale per le imprese. Abbiamo evidenziato inoltre che nonostante la buona performance dell’attività brevettuale in Italia, il numero di brevetti nelle applicazioni Ict è ancora lontano dai valori europei”.
“Mai come in questo momento – continua Pileri – dobbiamo accelerare la trasformazione digitale in Italia sia guardando alle Aree Strategiche del Digitale per la Vita (Sanità e Assistenza), per i Luoghi dove viviamo (le città e le nostre case) e per lo sviluppo dell’Economia (Industria 4.0, Agrifood, Energia, Made in Italy) sia investigando sugli abilitatori digitali (la Banda Ultra Larga, il 5G, l’Intelligenza Artificiale, l’Internet delle Cose e dei Dati). Questa trasformazione sì avviata ma va ancora sostenuta, all’interno delle Imprese e della Pubblica Amministrazione, per allinearsi a quella dei maggiori paesi europei, investendo anche e soprattutto in competenze digitali. In questa direzione sono estremamente importanti i Piani Strategici Banda Ultra Larga, Industria 4.0 e l’avvio delle sperimentazioni 5G”.
Secondo l’Ad di Invitalia, Domenico Arcuri, “le politiche di ricerca e innovazione dovranno sempre più essere finalizzate a favorire e rafforzare l’integrazione tra i settori, selezionando e premiando pochi ma significativi progetti in grado di generare valore per i territori. Spetta dunque alle amministrazioni nazionali e regionali italiane il compito di individuare un numero ristretto di ambiti tecnologici prioritari, con le conseguenti traiettorie di sviluppo in grado di valorizzare competenze scientifiche e produttive e rafforzare la competitività delle nostre imprese. Invitalia, che offre il proprio supporto alla definizione delle policies nazionali e regionali in questo settore, si propone di dare impulso alla crescita economica del Paese anche come soggetto attuatore che gestisce strumenti e misure destinate a promuovere la nascita e lo sviluppo di iniziative imprenditoriale di elevato contenuto tecnologico e come finanziatore di spin-off e start up nel campo della ricerca”.
In occasione dell’evento è emersa l’esigenza di favorire azioni per le sinergie tra Pmi e grandi imprese, anche nell’ottica dell’open innovation; accelerare le iniziative di Trasformazione Competitiva Digitale della nostra economia; migliorare gli strumenti per favorire le partnership pubblico/privato ed il coinvolgimento del sistema bancario; produrre maggiore allineamento con i progetti in ambito Horizon 2020 e con le linee strategiche del Pnr in termini di contenuti e programmazione dei follow-up; accelerare e semplificare le procedure di approvazione dei finanziamenti dando maggiore certezza dei tempi, sin dal momento di emissione dei bandi; sfruttare maggiormente le opportunità offerte dalla PA digitale.