LA RICERCA

Digitale, l’allarme Cotec-Bei: solo 2 Pmi su 10 investono in formazione

Il report sulla digitalizzazione evidenzia il gap di competenze. Il ministro Colao: “Necessario puntare allo sviluppo delle conoscenze digitali”. Maria Cristina Messa: “Dare fiducia e credito alle skill e ai giovani è la molla che lancerà il Paese nel futuro”

Pubblicato il 05 Mag 2021

A. S.

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Soltanto due imprenditori italiani su dieci investono regolarmente per la formazione del personale nel campo dell’Ict. E’ uno degli elementi principali che emergono dall’ultimo report presentato oggi da Cotec e Banca europea degli investimenti. Alla presentazione hanno partecipato tra gli altri il ministro per l’innovazione tecnologica Vittorio Colao, la ministra per l’Università e la Ricerca, Maria Cristina Messa, e il vicepresidente di Confindustria e amministratore delegato di Tim Luigi Gubitosi.

Durante la presentazione dei dati il direttore di Cotec Italia, Paolo Di Bartolomei, ha evidenziato come nonostante l’Italia vanti un ecosistema dell’innovazione eccezionale, le nostre Pmi scontino ancora importanti ritardi in termini di adozione di tecnologie innovative e competenze digitali.

“Non c’è vera innovazione senza profonde competenze” afferma Colao, sottolineando l’urgenza per il Paese di “investire in modo massiccio nello sviluppo delle conoscenze digitali delle persone a partire dal sistema educativo fino ad arrivare alle imprese e alla nostra PA, agendo sia dal lato dell’offerta sia dal lato dello stimolo alla domanda di competenze”. Un percorso in cui il Governo farà la sua parte, prosegue, investendo su “progetti concreti per colmare il gap digitale e competitivo tra Italia ed Europa grazie a un profondo cambiamento culturale, di metodo e, soprattutto, di competenze”.

“Vogliamo ribaltare la narrativa della PA che rallenta le nostre vite, che ostacola la competitività delle imprese. Nei prossimi 5 anni porteremo il 75% delle PA italiane ad utilizzare servizi cloud, renderemo i dati pubblici interoperabili, doteremo il 70% degli italiani di un’unica identità digitale, e rafforzeremo l’uso della telemedicina e del fascicolo sanitario digitale – aggiunge Colao – Grazie a questi progetti possiamo raggiungere importanti obiettivi di modernizzazione di tutto il Paese, dal pubblico al privato. Il Pnrr appena approvato dal governo è la chiave per la modernizzazione del paese, 50 miliardi a disposizione per il digitale, e questo ci consentirà, ne siamo convinti, di entrare nel gruppo di testa dei paesi europei. Potremo così far crescere il sistema produttivo, garantendo da subito ai nostri imprenditori condizioni migliori per crescere ed essere più competitivi. Ridurremo anche i divari digitali e sociali, e garantiremo opportunità migliori ai giovani e alle donne, su cui oggi dobbiamo sovra investire”

“Il rapporto evidenzia l’importanza della transizione digitale per le nostre Pmi e di quanto questa rappresenti una straordinaria opportunità di consolidamento e crescita competitiva che non possiamo perdere – afferma Maria Cristina Messa, ministro dell’Università e della ricerca – E’ tuttavia necessario intervenire sui fattori che ne rallentano il processo. Tra questi: i divari di competenze e la insufficiente disponibilità di investimenti privati. Punti su cui il contributo delle università e dei centri di ricerca così come quello del capitale di rischio sarà determinante. Dare fiducia e credito alle idee, alla conoscenza e quindi ai giovani – conclude – è la molla che lancerà il Paese nel futuro”.

“Bisogna capire quale è l’autosufficienza che si vuole avere dal punto di vista tecnologico in Italia e Europa, dobbiamo essere anche sviluppatori di tecnologia e non solo fruitori – afferma Luigi Gubitosi, amministratore delegato di Tim e vicepresidente di Confindustria – Per le imprese italiane ed europee è fondamentale continuare a investire e aspirare a una leadership globale. E il Pnrr dà possibilità di sviluppare questo ulteriormente. E ‘ fondamentale ripensare investimenti delle Pmi in logica di digitalizzazione. Manca la consapevolezza del valore della digitalizzazione nelle Pmi. Serve un cambio di cultura aziendale. Occorre ripensare gli investimenti nella logica della digitalizzazione. La scarsa consapevolezza dei benefici è il maggior ostacolo e richiede un cambiamento culturale. Bisogna evitare di vederli come una spesa optional e l’attività di Confindustria sarà indirizzata alla sensibilizzazione della domanda: solo una impresa consapevole riesce ad approfittare di questa occasione. Partiamo da anni di ritardi e non si potrà fare a meno dei grandi player ma poter contare su campioni italiani ed europei significa essere più consapevoli e poter decidere in modo autonomo”

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