Quasi la metà dei lavoratori statunitensi – per la precisione il 47% – si dice disponibile a rinunciare a parte della retribuzione per lavorare in smart working. Un dato che sale al 68% se si restringe il campo all’utenza più giovane, disposta a cedere fino al 10% dello stipendio. Questi i dati che emergono da una recente survey a firma di Platform.sh (l’infografica è stata realizzata da Statista).
L’indagine, condotta su un campione di 700 lavoratori operativi in numerosi settori, rivela che sono soprattutto le generazioni più giovani a indicare nello smart working la modalità preferita, in particolare la fascia di età fra i 18 e i 34 anni. E peraltro la modalità è già ampiamente adottata da molte startup soprattutto oltreoceano. Esaminando esclusivamente la fascia di età in questione viene fuori infatti che il 68% sarebbe disponibile a tagliarsi lo stipendio mentre il dato scende al progressivo aumento dell’età dei lavoratori, con il campione sopra i 45 anni meno propenso all’eventualità di una decurtazione (si scende al 40%).
Vero è che la survey non ha preso in esame importanti elementi, fanno notare alcuni commentatori: ad esempio, non è stata posta ai partecipanti la questione dell’aumento dei costi delle utenze domestiche – bollette dell’energia ma anche delle connessioni a Internet – a fronte della quale forse ci si sarebbe aspettata una diversa conclusione. Ma d’altro canto il “fattore tempo libero” è stato indicato dai più come discriminante numero uno. E a fronte di un aumento di spese da un lato, bisognerebbe valutare anche l’abbattimento di costi importanti dall’altro come ad esempio quello dei trasporti e delle spese correlate.
Una compensazione dunque che potrebbe comunque far pendere la bilancia a favore dello smart working. Ma andrà comunque “esaminata” la questione dell’orario di lavoro: il 51% del campione ha infatti dichiarato di sentirsi “pressato” molto più che in ufficio.
La survey di Platform.sh fa il punto anche sulle piattaforme maggiormente utilizzate per il lavoro a distanza: il 40% dei lavoratori coinvolti utilizza già Microsoft Teams – che sta progressivamente eclissando Skype – e l’8% preferisce Slack.