Apple invade la privacy? Jobs risponde al Congresso

In 13 pagine i dettagli sulle nuove policy in materia di servizi di geolocalizzazione degli utenti

Pubblicato il 23 Lug 2010

I dati dei possessori di iPhone e altri dispositivi Apple a rischio
privacy? Forse, secondo una lettera spedita a Apple da parte di due
membri del Congresso americano. No, secondo Cupertino che respinge
ogni addebito smontando l'ipotesi in 13 pagine rese pubbliche
in questi giorni. Ma i dubbi, fra molti osservatori, rimangono.

Tutto nasce da un articolo di denuncia del Los Angeles Times sulle
modifiche apportate dalla Apple alla policy per la gestione della
privacy. Con il rilascio di iOs4, avvenuto lo scorso 21 giugno,
veniva infatti visualizzato un messaggio in cui la Mela avvisava
gli utenti circa il possibile utilizzo anonimo dei dati sulla
localizzazione, anche in tempo reale, per migliorare e fornire
nuovi servizi e prodotti basati appunto sulla
geo-localizzazione.

Gli onorevoli Ed Markey (democratico della Louisiana) e Joe Barton
(repubblicano del Texas) allarmati, hanno scritto una lettera a
Steve Jobs per chiedere delucidazioni in merito, sottolineando
l’impossibilità per gli utenti di negoziare o rifiutare le
singole clausole di Apple e chiedendo alla società di Steve Jobs
di offrire anche la possibilità di disabilitare i servizi basati
sulla posizione.

Gli uomini del congresso volevano inoltre sapere quali informazioni
avrebbe raccolto di preciso Apple e rispetto a quali device, come
le avrebbe utilizzate, chi vi avrebbe avuto accesso, nonché quali
misure sarebbero state adottate per assicurarsi che i dati fossero
effettivamente trattati anonimamente, nonché eliminati dopo un
certo periodo.

A distanza di un mese circa, Cupertino ha risposto pubblicamente
con un documento dettagliato di 13 pagine in cui Bruce Sewell,
general counsel e vicepresidente del dipartimento legale della
società, spiega che ogni operazione viene svolta solo dopo aver
richiesto il consenso agli utenti per il successivo sfruttamento
anonimo dei dati. Gli utenti hanno inoltre la possibilità di un
opt-out con il quale disabilitare le condivisione delle
informazioni relative alla geolocalizzazione, rinunciando però ai
servizi correlati.

Sewell ha poi aggiunto che i dati non identificano mai univocamente
l'utente, ma vengono utilizzati soltanto per garantire un
servizio ed una offerta pubblicitaria ottimizzati in base alla
posizione. I dati vengono archiviati per 6 mesi da Apple per
consentire all'azienda di migliorare il servizio iAd e quindi
fatti confluire in semplici rilievi statistici e senza condivisione
alcuna con aziende terze.

Il rappresentante della Mela ha infine sottolineato come la sua
azienda sia in linea con la sezione 222 del Telecommunications Act
statunitense. E che non essendo un operatore di telecomunicazioni,
Cupertino non ha in tal senso nessun obbligo di chiedere
l’autorizzazione prima dello sfruttamento dei dati sulla
posizione, come appunto richiesto dalla sezione 222.

La difesa di Apple non convince del tutto gli osservatori: secondo
alcuni le informazioni raccolte risulterebbero anonime solo sulla
carta e in ogni caso quando si colleziona una gran quantità di
dati c’è sempre un modo di ricostruire le informazioni dei
singoli utenti.

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