EUROPA

Diritto all’oblio, Wikipedia non ci sta

La sentenza emessa dalla Corte di giustizia Ue alla stregua del “buco della memoria” orwelliano. Emerge dalla conferenza annuale di Wikimedia, la fondazione che gestisce l’enciclopedia online. Il consigliere generale Geoff Brigham: “Minori garanzie alla libertà d’espressione”

Pubblicato il 07 Ago 2014

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Diritto all’oblio, Wikipedia non ci sta. La sentenza emessa dalla Corte europea di giustizia è un segnale di abbandono, da parte della Ue, “della responsabilità di garantire il diritto alla libertà di espressione e l’accesso alla libera informazione, condizioni cruciali per una società democratica”.

Lo dice Geoff Brigham, consigliere generale della fondazione Wikimedia, organizzazione no profit che gestisce Wikipedia, in riferimento al verdetto che sancisce il diritto di chiedere ai motori di ricerca di cancellare dei dati che lo riguardano, nel caso in cui li ritenga imprecisi o anacronistici, dunque in qualche modo fuorvianti rispetto alla sua realtà attuale.

La presa di posizione di Wikimedia è emersa nel corso della conferenza annuale alla presenza degli stessi Brigham e Jimmy Wales, cofondatore dell’enciclopedia online. Con loro anche Lila Tretikov, Chief Executive di Wikimedia, che ha definito “pericoloso” il panorama internazionale che si sta delineando, ed ha paragonato la regola dell’oblio al “buco della memoria”, un tubo di aspirazione in cui i documenti scomparivano per sempre per volere del Grande Fratello citato da George Orwell nel suo romanzo “1984”. Da parte sua Wales, pur preoccupato, ritiene improbabile che la sentenza possa avere ripercussioni negli Stati Uniti (“Sarebbe inconcepibile che la Corte suprema fosse d’accordo nell’obbligare Google a rimuovere, ad esempio, un link all’articolo di un quotidiano online”, ha affermato).

Il focus dell’incontro con la stampa è stato la presentazione del primo Wikimedia foundation trasparency report, il rapporto sulle richieste di rimozione di contenuti relative alle pagine di Wikipedia. Nel corso della conferenza la fondazione – nel rispetto della trasparenza, ha ribadito l’intenzione di rendere pubbliche le richieste di rimozione – ha reso noti i dati raccolti durante gli ultimi due anni (precisamente da luglio 2012 a giugno 2014). Nel corso di questo periodo, Wikimedia ha ricevuto 56 richieste riguardanti dati di utenti, dando seguito soltanto al 14% delle richieste pervenute; in totale ci sono state 304 modifiche di contenuti. La Fondazione ha anche annunciato di aver ricevuto, la scorsa settimana, cinque avvisi da parte di Google che ha provveduto a rimuovere contenuti che portano alle pagine di Wikipedia. Dunque sono 50 i link – su oltre 91mila richieste, delle quali approvate la metà – che mirano alle pagine di Wikipedia coinvolti nell’iter di rimozione.

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