Una polemica tanto per fare polemica. Come da copione ormai. Scatenatasi sui social a seguito di un intervento del ministro dell’Innovazione e del Digitale Paola Pisano durante una trasmissione radiofonica. Tema: l’identità digitale – in gergo tecnico lo Spid, Sistema Pubblico di identità digitale – e la possibilità, intesa quale ipotesi su cui ragionare, di un possibile utilizzo del sistema anche per l’accesso a servizi privati oltre che a quelli pubblici. Tanto è bastato a sollevare un polverone tale da “costringere” il ministro a un chiarimento: “Una, semplice, universale, sicura. Per usare i servizi pubblici e privati ma senza che lo Stato o le aziende accedano a informazioni sull’utilizzo che i cittadini ne fanno”, ha spiegato il ministro in un lungo post su Linkedin in cui si fa anche il punto su cos’è Spid, a cosa serve e sulle novità prossime venture.
È sul controllo dei cittadini da parte dello Stato che sui social sono rimbalzati a catena commenti e insulti. E non sono mancati i rappresentati del mondo politico che hanno accusato il ministro di “ignoranza, di una proposta da “regime totalitario”, di voler replicare in chiave pubblica la piattaforma Rousseau, invitandola persino a dimettersi. Che la questione della privacy e della tutela dell’identità digitale siano determinanti è evidente a tutti. Ma di qui a scatenare un processo alle intenzioni nonché allarmismi ingiustificati e pretestuosi – questi sì in toni “da regime” – è la dimostrazione di un clima politico oramai votato alla polemica sterile nonché di una scarsa conoscenza delle tematiche in ballo da parte dei cittadini-utenti della Rete e anche dei rappresentanti delle istituzioni.
Il mancato decollo dell’identità digitale in Italia paga lo scotto, oltre che di modalità attuative farraginose, anche e soprattutto della mancanza di una visione “trasversale” e “alta” che eviti il ritorno alla casella di partenza a ogni nuovo governo. Il digitale non è né di destra né di sinistra, e la stretta collaborazione di tutte le parti in causa non solo è auspicabile, se si vuole davvero il bene del Paese, ma necessaria. E invece ci si ritrova tutte le volte a puntare il dito contro questa o quella proposta in un dibattuto dai toni distruttivi e non costruttivi, in cui l’hate speech e le fake news prevalgono sul buon senso e sulle azioni. E in quanto alla tutela della privacy e alle delicate questioni che andranno sempre più affrontate l’appello al governo e al parlamento è che si acceleri sulle nomine del nuovo Garante, nel limbo ormai da sei mesi, così come su quelle dell’Agcom.
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