Il Commissario Agcom Francesco Posteraro è intervenuto a Venezia nel corso del convegno “Un semestre in Europa – lo scenario per il cinema” organizzato dalla Direzione cinema del Mibact. Pubblichiamo di seguito un’ampia sintesi del suo contributo.
L’Agcom ha dato un contributo alla difesa dell’industria culturale con il regolamento per la tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica, entrato in vigore il 31 marzo di quest’anno. Si tratta di uno strumento inteso a contrastare il dilagante fenomeno che va sotto il nome di pirateria digitale, un fenomeno criminale che rischia di determinare il progressivo inaridimento delle fonti stesse della creatività.
Il regolamento Agcom non può certo svolgere da solo un ruolo risolutivo, se non altro perché la sua efficacia è limitata al territorio italiano, mentre la pirateria opera su scala globale, come tutto quello che passa sulla rete. Ma sta a testimoniare la validità del suo impianto il fatto che il provvedimento dell’Agcom ha convinto gli Usa a cancellare l’Italia, dopo ben 25 anni, dalla watch list oltre e l’interesse suscitato in altri Paesi, non solo appartenenti all’Unione europea, per cui c’è da credere che non tarderà ad affermarsi come una best practice a livello internazionale.
Il regolamento Agcom persegue la tutela del diritto d’autore online lungo due diverse direttrici: da un lato, reprimendo le violazioni; dall’altro, cercando di prevenirle attraverso la promozione dell’offerta legale e l’educazione dei consumatori.
La procedura di enforcement non può essere avviata d’ufficio, ma deve essere attivata da un’istanza del soggetto legittimato. Essa non ha per destinatari gli utenti finali, bensì gli unici soggetti che rientrano nel perimetro della regolazione dell’Agcom, ossia i provider italiani che ospitano o trasportano sulle loro reti i contenuti protetti da diritto d’autore. Il procedimento coniuga il rispetto del contraddittorio con la tempestività della risposta all’illecito.
Hanno infatti la possibilità di intervenire e di far valere le proprie ragioni tutti i soggetti interessati: non solo i provider, ma anche l’uploader e i gestori della pagina e del sito internet. Nel contempo, i termini massimi di durata sono contenuti in trentacinque giorni lavorativi per i procedimenti ordinari e appena in dodici per quelli abbreviati, cui si ricorre per le violazioni massive e nelle ipotesi di grave lesione dei diritti di sfruttamento economico dell’opera digitale (il caso emblematico è quello della diffusione in rete di un’opera cinematografica nell’immediatezza della sua programmazione in sala).
L’esito, qualora si riconosca la sussistenza della violazione, è l’emanazione di un ordine rivolto ai provider. Ordine rafforzato dalla previsione, in caso di inottemperanza, di una sanzione pecuniaria e che ha per oggetto, ove possibile, la rimozione selettiva dei contenuti diffusi illegalmente perché coperti da copyright.
Nel caso di violazioni massive e nei confronti dei siti ubicati all’estero, è invece giocoforza ricorrere – nel rispetto, s’intende, dei principi di gradualità, proporzionalità e adeguatezza – alla disabilitazione dell’accesso, ossia al blocco del sito: misura che peraltro può essere aggirata immettendo gli stessi contenuti in un sito diverso. L’Agcom non può andare oltre. Essendo un’autorità amministrativa, può perseguire le violazioni, non i responsabili. Quest’ultimo è un compito che spetta all’autorità giudiziaria.
I primi mesi di applicazione del regolamento hanno smentito le previsioni pessimistiche di quanti preconizzavano, da un lato, un diluvio di istanze che avrebbe paralizzato l’attività dell’Agcom e, dall’altro, una rivolta della rete contro la minaccia portata alla libertà delle comunicazioni.
All’opposto, è emerso un dato che testimonia una reazione positiva della rete, una diffusa disponibilità a farsi carico della tutela del diritto d’autore. Mi riferisco agli adeguamenti spontanei alla richiesta di rimozione, che sono stati finora in numero più che doppio rispetto agli ordini (questi ultimi tutti di blocco, e riguardanti siti dediti in maniera evidente alla pirateria massiva).
La parte del regolamento dedicata alle azioni positive – educazione dei consumatori e promozione dell’offerta legale – non è certo meno importante. Il regolamento ha previsto a questo fine l’istituzione di un apposito Comitato tecnico, del quale fanno parte rappresentanti di tutte le categorie interessate e di organismi e istituzioni dotati di competenze in materia di diritto d’autore.
L’educazione degli utenti alla legalità è ovviamente una condizione essenziale per il successo della lotta alla pirateria informatica. Manca in effetti, soprattutto nei più giovani, la consapevolezza del disvalore morale e sociale, prima ancora che giuridico, della diffusione e del consumo in rete di opere protette da copyright senza il consenso del titolare del diritto. E manca ugualmente la consapevolezza del danno arrecato da questi comportamenti a settori dell’economia, impoverendo i quali si sottraggono al Paese ricchezza e posti di lavoro
La promozione dell’offerta legale riveste a sua volta un valore ancora più strategico. Non sarà possibile sradicare l’illegalità se non si darà modo ai consumatori di accedere lecitamente alle opere digitali senza difficoltà e a costi non eccessivi. Nel campo della musica, vanno in questa direzione servizi come quelli offerti da Spotify. Per quanto concerne la cinematografia, la struttura e le caratteristiche del settore comportano un approccio più problematico. Produttori e gestori di sale, da un lato, e dall’altro videonoleggiatori, fornitori di servizi di media e consumatori sono portatori di interessi non facilmente conciliabili. La strada è comunque quella delle intese, per favorire le quali il Comitato ha deciso di partire da una mappatura delle offerte esistenti e da un’analisi della filiera di distribuzione nelle sue differenti articolazioni e nei suoi diversi modelli di business.
Oltre a quelli illustrati, il Comitato ha anche il compito di incoraggiare l’adozione di codici di autoregolamentazione da parte dei provider, che dovrebbero prevedere strumenti di contrasto alla pirateria, fra i quali il regolamento menziona esplicitamente il follow the money. Va in questo stesso senso un memorandum d’intesa sottoscritto nel giugno scorso, con il quale la IAB Italia si è impegnata a non allocare inserzioni sui siti segnalati come dediti alla pirateria dalla FAPAV e dalla FPM. Si tratta di un esperimento quanto mai interessante e suscettibile di fecondi sviluppi, in quanto la pubblicità rappresenta la principale risorsa dei siti pirata.
Con il suo regolamento l’Autorità ha gettato il sasso nello stagno. Occorrerà adesso l’impegno di tutti i soggetti interessati – autori, produttori, distributori, provider, operatori pubblicitari, broadcaster, utenti – per far avanzare le frontiere della legalità in rete, liberando nel contempo l’industria dei contenuti, quella cinematografica innanzi tutto, da questa sanguisuga, la pirateria, che ne frena e ne condiziona negativamente lo sviluppo.
Alla luce dell’esigenza di estendere quanto più possibile i confini della risposta a una forma di criminalità, la pirateria informatica, che è per sua natura transnazionale, sarebbe auspicabile che il Governo italiano assumesse tra gli impegni del suo turno di presidenza dell’Unione anche quello di promuovere l’adozione, a livello europeo e nei singoli Stati, di strumenti di tutela della proprietà intellettuale adeguati alle caratteristiche della rete. In questo quadro, il regolamento Agcom potrebbe rappresentare un’utile occasione di confronto e fornire spunti e soluzioni meritevoli di essere presi in considerazione.