Video online, nel 2015 business da 22 miliardi

Idate: il mercato mondiale crescerà a un tasso del 35% entro i prossimi quattro anni. Multitasking e preferenza del pubblico per contenuti gratuiti gli ostacoli maggiori sulla strada per la monetizzazione

Pubblicato il 08 Nov 2011

Il mercato mondiale del video online consumer ha raggiunto un giro
d’affari di 4,7 miliardi di euro nel 2010, una cifra ormai di
tutto rispetto che viene generata per il 48% dalle entrate
pubblicitarie e per il 52% dalle entrate pay, grazie alla
particolare struttura del mercato statunitense, dove significative
revenues arrivano da Apple e Netflix, e, in minor misura, dai
canali tv a pagamento. Nel resto del mondo, il grosso dei guadagni
deriva invece dalla pubblicità.

Il dato emerge dal nuovo studio di Idate, "Online video: uses,
markets, delivery technologies/Cdn", che analizza i diversi
segmenti del mercato e modelli di business. Il video online
crescerà a livello globale a un tasso medio del 35% annuo tra il
2010 e il 2015 per raggiungere un giro d’affari di 21,7 miliardi
di euro nel 2015, circa il 6% del mercato video complessivo, nota
la società di ricerche, e la tecnologia chiave per la trasmissione
del video online include la Cdn o content delivery network.
"Il video Cdn si svilupperà a un tasso del 33% fino a un
valore di 2,4 miliardi di euro nel 2015”, sottolinea Vincent
Bonneau, Internet analyst di Idate.

Il mercato consumer dei servizi di online video viene suddiviso da
Idate in cinque macro-segmenti, che differiscono per elementi quali
lunghezza e qualità dei contenuti o modello di business (gratis
oppure pacchetti in abbonamento): servizi gratuiti che offrono
brevi clip; piattaforme di streaming (per lo più contenuti
illegali che arrivano da Megavideo); servizi di catch-up tv
(repliche, disponibili gratis ma per brevi periodi); offerte
premium Vod (che si pagano sulla base del modello pay-per-view o
abbonamento); live streaming (in diretta, specialmente sport, in
parte con contenuti illegali).

La distinzione è meno chiara se si vuole distinguere tra provider,
perché questi tendono a offrire non uno solo, ma molti se non
tutti questi servizi. La grossa differenza è perciò nel modello
di business e, in minor grado, nella qualità dei contenuti.

Nei Paesi sviluppati, più dell’80% degli utenti di Internet
guarda contenuti audiovisivi sul web. Le clip brevi, come quelle
fornite da YouTube o DailyMotion, sono i video online preferiti: il
78% degli utenti di Internet su banda larga li guarda. Altri
servizi popolari che offrono brevi clip sono quelli di alcuni siti
specializzati, come AlloCiné o, più di recente, Facebook. Molto
utilizzati anche la catch-up tv (offerta da aziende come Hulu ma
anche dalle maggiori emittenti tv, come il Bbc iPlayer), le
piattaforme di streaming come Megavideo e il live streaming. In
realtà il consumo delle serie tv sta crescendo velocemente proprio
grazie alle piattaforme di streaming e ai servizi di catch-up tv.
La disponibilità del video streaming impatta negativamente invece
l’uso dei servizi P2P.

Buono lo sviluppo del Vod premium, che resta però una nicchia
(anche su Apple iTunes). Fa eccezione Netflix, molto popolare ma il
cui futuro è incerto. il pay-Vod è molto utilizzato dalle persone
di età media, mentre il video online in genere è adottato per lo
più dai giovani.

I consumatori accettano che i servizi gratuiti siano di bassa
qualità, e che per una qualità più alta occorra pagare. Ciò si
riflette nel fatto che i servizi a pagamento hanno una penetrazione
inferiore (tranne per quelli che si basano su pacchetti, come
Netflix o, più di recente, Hbo). Molti utenti cercano ancora i
contenuti gratis (anche illegali) e ciò lascia aperte molte
domande sui modelli di business. Secondo Idate anche il
multi-tasking è un problema da affrontare se si vuole monetizzare
il pubblico online: le persone che guardano i video online
contemporaneamente navigano su Internet o su Facebook, chattano o
addirittura guardano la tv.

Proprio riguardo ai modelli di guadagno dei servizi consumer di
online video, Idate pensa che questo settore benefici dei format
tradizionali della pubblicità su web, in particolare il display,
lo sponsoring e il search marketing. Inserire pubblicità video o
non-video dentro i programmi video aumenta l’impatto e incoraggia
la circolazione dei programmi stessi. Le video ads pre-roll sono il
format più comune, ma anche overlay, ticker e companion ads sono
molto usati.

Un trend importante è quello che lascia l’utente libero di
personalizzare le ads a seconda delle sue preferenze. Implementare
tariffe cost-per-click anziché cost-per-thousand è fondamentale
per l’adozione dell’online video advertising da parte degli
inserzionisti.

I modelli a pagamento si stanno spostando dalle modalità
pay-per-view verso abbonamenti flat e molti servizi tendono a
combinare i modelli gratuito e a pagamento nella formula freemium,
dove l’accesso base è gratis ma con l’abbonamento si ha
diritto a contenuti più recenti, qualità più alta e portabilità
tra terminali.

Tuttavia, nota Idate, se si unisce l’online video in pacchetti
con altri servizi, sarà difficile individuare le revenues generate
dal consumo del video online: ciò vale per le versioni online
gratuite dei canali di pay-tv (Espn3, Hbo Go), ma anche per le
programmazioni premium in bundle con i servizi triple-play delle
telco (Orange).

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