Negli ultimi decenni Internet ha trasformato profondamente il nostro modo di essere e di vivere. In questi anni l’evoluzione della Rete ha investito e rivoluzionato il quotidiano di cittadini, imprese e istituzioni, segnando i rapporti tra la sfera pubblica e quella privata, abbattendo muri e allargando i confini dell’agire digitale. Proprio mentre affiorano ogni giorno nuove questioni in termini di sicurezza, di privacy ma anche di connettività e di legislazione, si avverte in modo sempre più diffuso l’esigenza di nuovi diritti da riconoscere.
Internet offre grandi opportunità, presenta nuovi rischi e soprattutto ci pone di fonte a problemi giuridici e, in alcuni casi, etici che ci troviamo ad affrontare per la prima volta. Basti pensare a come negli ultimi anni i diversi Stati, dalla Germania agli Stati Uniti, hanno trattato il tema delle fake news in occasione delle grandi tornate elettorali o a come si dovrà adattare la legislazione, commerciale e finanche assicurativa, alle nuove questioni derivanti dall’inarrestabile progresso tecnologico del 5G.
Se, dunque, la Rete è la protagonista indiscussa della rivoluzione digitale con implicazioni che investono la sfera sociale, economica, politica e culturale dei singoli paesi è decisivo mantenere integre quelle che sono le principali caratteristiche della rete: a cominciare dall’apertura e dall’interoperabilità passando per la sicurezza e l’accesso sempre più diffuso. Internet è e deve restare uno spazio di libertà, di democrazia e di opportunità. Uno spazio però in cui i nostri valori possono essere declinati, i nostri diritti riconosciuti, la nostra identità riaffermata. Proprio per questo motivo occorre tenere bene a mente il fatto che Internet appartiene a tutti i cittadini, non solo ai governi. Si tratta di una consapevolezza che occorre ogni tanto riaffermare ricordando come la cosiddetta Rete delle reti sia cresciuta e si sia sviluppata intorno ad un modello di governance multi-stakeholder, che ha nel suo patrimonio genetico il confronto costante tra istituzioni, settore privato, comunità tecnica e società civile.
Il ruolo che l’Europa può giocare per il futuro di Internet è senza dubbio decisivo tanto più che, di fronte alle forti istanze di cambiamento avvertite in tutto il mondo, occorre garantire ora più che mai una governance di internet sempre più inclusiva. Per assolvere a questo compito, per evitare che la rete sia controllata dai governi, c’è la necessità che l’Europa si mantenga unita.
E’ essenziale che la nuova Commissione europea, guidata da Ursula von der Leyen, faccia della governance di Internet un tema centrale del proprio operato nei prossimi cinque anni. Non ho dubbi che la vicepresidente della nuova Commissione, Margrethe Vestager, che ha le deleghe per il digitale, e la commissaria all’innovazione Mariya Gabriel sapranno affrontare con decisione la questione tenendo uniti gli interessi e i diritti dei cittadini europei con l’obiettivo di sviluppare una società dell’informazione digitale pienamente inclusiva e un mercato unico digitale. Non è infatti pensabile che in Europa vi siano 28 policy diverse sulla governance di Internet. Tuttavia, sbloccare il potenziale legato alle nuove tecnologie garantendo uno sviluppo sostenibile in grado di assicurare l’inclusione digitale di tutti i cittadini e lo sviluppo del tessuto imprenditoriale nel rispetto dell’ambiente è alla portata dell’Europa, ma non basta.
Occorre farne un principio universalmente riconosciuto e si tratta di fare chiarezza sulla governance di Internet. Nella scorsa legislatura l’azione di governo di Antonello Giacomelli, ha spinto molto affinché l’Europa sostenesse il passaggio del controllo dei Dns (Domain Name System), elemento vitale per il funzionamento di Internet, direttamente sotto la tutela di Incann (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers), l’organismo no profit californiano, sancendo il principio che la rete debba essere neutrale e non controllata dagli stati. C’è necessità, per non dire urgenza, di costituire un organismo permanente multi-stakeholder che sia capace di dar voce alle diverse componenti della società. E questo perché occorre un interlocutore centrale e valido nell’affrontare e risolvere le numerose e sempre nuove questioni che derivano dalla trasformazione digitale.
Alla luce di tutto ciò serve oggi una nuova costituente digitale in grado di dar vita a un organismo che, in futuro, rappresenti un autorevole interlocutore di governo e parlamento ogni volta che occorrerà prendere decisioni relative alla governance di internet o del digitale a livello nazionale e internazionale. Credo altresì che l’Italia abbia tutte le carte in regola per candidarsi ad essere apripista all’interno dell’Ue nella gestione multi-stakeholder dell’Internet governance. Perché la sfida lanciata dalla rivoluzione digitale non può ridursi solamente al tema della connettività e dell’accesso, ma investe direttamente la guida del processo di sviluppo tecnologico che non può che vedere l’uomo come protagonista.
L’essere umano è padrone del proprio destino e per questo invece che farsi travolgere dai processi tecnologici li deve governare definendo in termini giuridici diritti, doveri, tutele nel rispetto della centralità della persona. E’ una sfida che investe i Paesi, i governi, le democrazie.