RAPPORTO 2017

Agenda digitale, l’Italia cambia passo. Ma deve fare di più

Rapporto “In corsa per l’Italia digitale”, Osservatorio School of Managament Polimi: nonostante lo slancio degli ultimi tre anni il Paese non è ancora allineato all’Europa. Risultati insufficienti nelle infrastrutture, PA, imprese, cittadinanza digitale. Alessandro Perego: “Di vitale importanza garantire continuità a tutte le iniziative, senza frenesie o allarmismi”

Pubblicato il 05 Dic 2017

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Agenda digitale, l’Italia cambia passo ma deve fare di meglio. E’ quanto emerge dall’Osservatorio Agenda Digitale della School of Managament del Politecnico di Milano (www.osservatori.net), presentato oggi a Roma al convegno “In corsa per l’Italia Digitale”: secondo la ricerca condotta in collaborazione con AgId, il nostro Paese nonostante gli sforzi fatti negli ultimi tre anni non è ancora allineato al resto dell’Europa. La fotografia è stata scattata grazie alla messa a punto di un nuovo indice che supera i limiti dell’indice Desi (Digital Economy and Society Index) creato dalla Commissione Ue (utilizza dati non completamente aggiornati e non sempre attendibili, e non offre indicazioni utili per comprendere le aree in cui investire). Il nuovo indice creato dall’Osservatorio –  Digital Maturity Indexes (DMI) – considera invece 118 indicatori a livello internazionale: ebbene, in base al Dmi l’Italia è 25esima su 28 Paesi europei per sforzi fatti nell’attuazione della propria Agenda Digitale e 24esima per risultati raggiunti.

“Ora è di vitale importanza garantire continuità a tutte le iniziative, senza frenesie o allarmismi” dice Alessandro Perego, Direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation. Vediamo punto per punto risultati ottenuti e la strada ancora da fare.

Punti a favore:

L’Italia ha redatto un Piano Triennale che indirizza in modo chiaro la trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione, specificando come riqualificare i 5,6 miliardi di euro in tecnologie digitali.

Continua a pieno ritmo il Piano Banda Ultra Larga, grazie a cui la copertura a 30 Mbps è quasi raddoppiata rispetto al 2015.

Prendono forma i progetti di infrastrutture chiave con 1,7 milioni di identità SPID, 4 milioni di transazioni PagoPA e oltre 800 i comuni che hanno testato l’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR).

Si cominciano a usare gli oltre 11 miliardi di euro di risorse europee messe a disposizione da qui al 2020 e il Piano Industria 4.0 sostiene la digitalizzazione delle imprese; sono state semplificate molte normative e creati spazi virtuali (come forum.italia.it) per discutere problemi e favorire la partecipazione locale.

Punti a sfavore:

L’Italia presenta risultati insufficienti nelle infrastrutture per la digitalizzazione, con un punteggio di 0,47 contro una media europea di 0,54: tra i vari risultati, solo il 7% di abitazioni italiane ha una connessione oltre i 30 Mbps (quart’ultimi in Europa) e solo il 2% una connessione a 100 Mbps (sempre quart’ultimi), anche se siamo sopra la media per diffusione di banda larga mobile (85% contro 84%). Scarsi risultati nella digitalizzazione della PA, in cui l’Italia registra un punteggio di 0,42 contro la media europea dello 0,51: si riducono gli utenti dei servizi eGov, migliorano gli Open Data, soffre la sanità digitale. E non è ancora sufficiente la digitalizzazione delle imprese con un punteggio di 0,22 contro la media europea dello 0,28: solo il 71% delle imprese italiane ha un sito web, contro la media europea del 77, solo l’8% effettua vendite online per almeno l’1% del fatturato, contro il 18% della media europea. Ma il maggiore gap lo scontiamo nella cittadinanza digitale, con un punteggio di 0,38 contro una media europea di 0,48: gli italiani utilizzano poco la rete per prendere parte a consultazioni civiche o politiche (6% contro 7%), fare corsi di formazione (5% contro 7%) e cercare opportunità di lavoro (12% contro 17%), cercare informazioni su prodotti e servizi prima dell’acquisto: poco più di un terzo dei consumatori italiani si informa online, contro la media europea del 65%.

“Questo risultato non stupisce – dice ancora Perego -. Anni di miopia e mancati investimenti in innovazione digitale avevano creato una situazione critica che, nonostante l’impegno degli ultimi tre anni, non si poteva ribaltare in poco tempo. Siamo indietro nel livello di digitalizzazione, ma stiamo riducendo il gap: miglioramenti non sono ancora sufficienti ad avvicinarci ai Paesi simili per caratteristiche dimensionali e socio-economiche come Francia, Germania, Polonia, Regno Unito e Spagna. L’Italia però ha cambiato passo alla sua Agenda Digitale. Non dobbiamo rallentare la nostra corsa per riuscire a cogliere pienamente le opportunità offerte dall’innovazione digitale”.

Digitalizzazione degli italiani

Dotazione tecnologica – Secondo l’indagine dell’Osservatorio, quasi tutti gli italiani hanno gli strumenti per sfruttare le potenzialità offerte dalle tecnologie digitali. L’88% possiede almeno un dispositivo tecnologico tra smartphone (83%), PC portatile (71%), computer fisso (66%) o tablet (47%). Nella quota restante, il 9% possiede esclusivamente un telefono cellulare senza connessione a internet, il 3% (circa 1,3 milioni di persone) non ha alcun dispositivo.

L’85% dei cittadini italiani ha un accesso a internet. Nella maggior parte dei casi (63%) tramite banda larga ad almeno 10 Mbps, nel 16% con banda larga superiore a 30 Mbps (16%), nell’11% con banda larga mobile come canale esclusivo; solo il 15% è senza una connessione a internet. L’86% degli italiani accede a internet almeno una volta al giorno per svolgere diverse attività, soprattutto per leggere siti di notizie, giornali o riviste (79%) e consultare I social network (74%). Ma un buon 61% ha effettuato acquisti online, il 56% utilizzato servizi di online banking e sempre il 56% per il download di immagini, video, musica e film, il 51% per fare videochiamate e il 30% per accedere a video on demand.

Competenze digitali – Le competenze digitali più diffuse tra gli italiani sono quelle relative alla gestione delle comunicazioni digitali (email, social netowork, fare chiamate e videochiamate), presenti in media nel 72% della popolazione. Poi vengono, per il 65% dei cittadini, la gestione di file e informazioni digitali (copiare o spostare file, cercare info su siti della PA) e, per il 56%, la familiarità con i servizi online (fare acquisti online, trasferire file tra computer, usare online banking, creare presentazioni, installare software). Molti di meno, 45%, gli italiani che sanno produrre contenuti digitali: nel dettaglio solo il 49% è in grado di usare fogli di calcolo, appena il 15% sa programmare. La gran parte degli italiani con competenze digitali ha un’età inferiore a 55 anni. Bene i Millenials (i giovani tra i 18 e i 34 anni), non ci sono invece sostanziali differenze tra le persone dai 35 ai 54 anni, mentre le competenze crollano dopo i 65 anni .

Servizi pubblici digitali – Nell’ultimo anno l’80% degli italiani ha avuto almeno una volta l’esigenza di utilizzare un servizio pubblico, in particolare per la prenotazione di visite o esami (60%), il pagamento di ticket sanitari (54%), il ritiro dei referti (43%), il pagamento di tributi (38%) e la dichiarazione dei redditi (36%). Ma tra questi solo il 26% ha usato esclusivamente canali digitali per soddisfare ogni esigenza, mentre il 27% ha usato sia il canale digitale che lo sportello e un altro 27% si è sempre recato a uno sportello.

Solo il 38% degli italiani che ha usato servizi pubblici digitali li ha trovati semplici. Sono particolarmente soddisfatti coloro che hanno ritirato un referto online, che hanno acquistato biglietti online per il trasporto pubblico e che hanno pagato digitalmente le tasse scolastiche, mentre sono giudicati complesse soprattutto le richieste digitali per bonus o contributi lavorativi o la consultazione del fascicolo digitale del lavoratore.

Spesso, per ricevere servizi pubblici, i cittadini devono produrre documenti in cui dichiarano ciò che le PA dovrebbero già conoscere, ad esempio l’autocertificazione della residenza o lo stato matrimoniale. Il 60% degli italiani vorrebbe sistemi che gestiscano automaticamente le loro esigenze, senza fare richieste online, interagire con un operatore telefonico o recarsi a uno sportello. E il livello di automazione desiderata cresce all’aumentare delle competenze digitali possedute.

Acquisti pubblici di tecnologie digitali – Dal 2013 al 2015 la PA italiana ha speso mediamente 5,6 miliardi di euro l’anno in tecnologie digitali. La Finanziaria 2016 ha chiesto alla PA italiana di tagliare entro il 2018 la spesa pubblica in digitale, attraverso la riduzione di spese correnti improduttive che dovrebbero permettere di recuperare risorse per gli investimenti del Piano triennale: l’Osservatorio Agenda Digitale stima che a fine 2018 la riqualificazione prevista potrebbe far diminuire la spesa digitale a 5,1 miliardi di euro, liberando risorse per investimenti, pari al 15% della spesa a parità di risorse.

La spesa complessiva in tecnologie digitali della PA, cioè, a fine 2018 diminuirà di almeno 500 milioni di euro, grazie all’adesione di tutte le PA alle infrastrutture immateriali come SPID, ANPR e PagoPA che produrrà un risparmio di 400 milioni di euro e a interventi di ottimizzazione dei costi legati all’acquisto e alla gestione di soluzioni digitali con un risparmio complessivo di 100 milioni di euro. Nello stesso periodo gli investimenti pubblici in tecnologie digitali delle PA aumenteranno del 15%, arrivando a 1,4 miliardi di euro e le spese effettuate tramite soggetti aggregatori cresceranno dagli attuali 1,4 a circa 2,4 miliardi di euro l’anno.

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