GOVERNANCE

Agenzia digitale: si blocca lo statuto, “rinasce” il Ddi

A quanto risulta al Corriere delle Comunicazioni, il governo ha intenzione di ripristinare il Dipartimento per la digitalizzazione della PA e l’innovazione tecnologica. Il motivo? E’ l’unico ente che ha fondi a disposizione pronti per l’Agenda digitale. Ragosa sul ritiro dello statuto: “L’esecutivo vuole semplificare la governance”

Pubblicato il 13 Mag 2013

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Potrebbe avere una “seconda vita” il Dipartimento per la digitalizzazione della PA e per l’innovazione tecnologica (Ddi) della Presidenza del Consiglio. Stando a quanto risulta al Corriere delle Comunicazioni il governo avrebbe intenzione di ripristinare il Ddi per accelerare sui progetti digitali messi in cantiere dal governo Monti, dato che il dipartimento è l’unica struttura che possiede ancora dei fondi a disposizione.

Si tratta di un progetto a cui stava già pensando Monti e che Enrico Letta avrebbe fatto suo, anche alla luce del fatto che la maggior parte dei dipendenti del Ddi hanno deciso di rimanere alla presidenza del Consiglio invece di passare alla neonata Agenzia digitale (il decreto Crescita stabiliva infatti che i dipendenti potessero scegliere volontariamente se transitare o meno verso l’ex DigitPA). Stando così le cose sarebbe abbastanza veloce ripristinare gli uffici e per di più con personale altamente qualificato. Letta dimostra dunque la volontà “di fare quanto possibile sull’Agenda digitale, visti i tempi presumibilmente brevi di questo governo”. Se il progetto dovesse essere portato a termine, al Ddi verrebbe riaffidata la funzione fondamentale di coordinamento delle politiche di sviluppo della società dell’informazione per la PA, passate all’Agenzia digitale che, a sua volta, ne verrebbe espropriata con un duro colpo per la governance dell’IT pubblico già “provata” da un’eccessiva frammentazione di responsabilità tra ministeri.

La notizia arriva nei giorni successivi a quella sul ritiro dello statuto dell’ex DigitPA da parte del governo Monti lo scorso 24 aprile. A questo proposito oggi, il dg Agostino Ragosa ha precusato che la decisione non è stata persa dal governo per fermare i lavori dell’Agenzia ma che “la volontà del governo è quella di semplificarne la governance”. “Sono quindi fiducioso – ha sottolineato Ragosa – che il lavoro dell’Agenzia continui e possa procedere speditamente. Letta è molto sensibile al tema del digitale e spero che il governo porti il tema della digitalizzazione del Paese al centro del dibattito politico”.

La Corte dei Conti avrebbe chiesto a Palazzo Chigi di ritirate del provvedimento perché presentava alcuni punti deboli. Secondo indiscrezioni la magistratura contabile chiede che sia ripensata la dotazione organica dell’Agenzia che lo statuto vuole di 150 unità a valle dell’accorpamento di DigitPA, Agenzia per l’Innovazione e Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione della Presidenza de Consiglio. Ma il decreto istitutivo dell’Agenzia – decreto legge 83/2012, convertito dalla legge 134 – parla di una cifra massima di 150 unità che, in tempi di spending review, non necessariamente deve essere raggiunto, secondo la Corte dei Conti.

Altro punto debole riguarda l’ultimo articolo che prevede, in via transitoria, l’assegnazione di cariche dirigenziali a garanzia dell’operatività dell’Agenzia. L’articolo dà al dg la facoltà di stipulare contratti a tempo determinato, per un massimo di due anni non rinnovabili, a persone di comproil govata professionalità, da assumere come dirigenti. In tempi di spending review alla Corte dei Conti questa possibilità è sembrata eccessiva.

Ultimo nodo riguarda la composizione del comitato di indirizzo dell’Agenzia, che – da statuto – è presieduto dal direttore generale. Secondo la magistratura contabile questa situazione potrebbe venire a creare un cortocircuito operativo dato che Ragosa è allo stesso tempo direttore e “presidente” della struttura che dovrebbe dare le linee guida dell’ente. Nel frattempo al governo c’è stato il passaggio di testimone fra Monti e Letta e nonché dei ministri coinvolti. Bisogna vedere se lo stop allo statuto possa essere occasione per rivedere un provvedimento che aveva lasciato più di qualcuno dubbioso sulla sua efficacia.

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