La pubblica amministrazione continua, nonostante i ripetuti annunci, a non pagare i suoi fornitori. Una situazione kafkiana: uno Stato costretto ad adottare un decreto legge per ordinare ai suoi uffici di saldare i debiti che lui stesso ha contratto con i suoi fornitori. È, nei fatti, un prestito forzoso chiesto dall’Italia alle imprese per un ammontare monstre di decine di miliardi di euro. In pieno e prolungato credit crunch, con le banche senza adeguate risorse per erogare il credito richiesto dal mercato, significa creare le condizioni per una caduta della produzione industriale peggiore di quella “normale” e per trasformare le camere di commercio in una Spoon River delle Pmi italiane con una numerosità eccessiva di lapidi a ricordare le imprese che un tempo producevano.
In un quadro tanto preoccupante, cosa può fare il governo per dare ossigeno alle aziende senza venire meno ai suoi obblighi di bilancio? Un intervento semplice e di fatto a costo zero sul fronte del bilancio fiscale è attivabile senza eccessiva difficoltà. Basterebbe riconoscere alle imprese la facoltà di ammortizzare in maniera accelerata gli investimenti iscritti all’attivo di bilancio per attività di ricerca o per l’acquisto dei connessi beni strumentali. In questo modo le imprese potrebbero beneficiare di una sorta di scudo fiscale sull’intero importo dell’ammortamento effettuato, liberando il bilancio da poste comunque destinate a sparire negli anni successivi. Invece di ammortizzare questi beni in tre o in cinque anni, le imprese potrebbero decidere di concentrare la manovra in un unico bilancio, il prossimo, cioè quello che approva i conti del 2015, ottenendo un’ottimizzazione fiscale che si traduce in minori imposte da versare a saldo ed in acconto all’erario e quindi migliorando la propria posizione finanziaria. Una forma indiretta, ma molto efficace, di finanziamento del ciclo degli investimenti e attivabile con la prossima manovra di bilancio che, peraltro, avrebbe il vantaggio di “rottamare” il parco investimenti più legati alla competitività ed alla produttività delle imprese. In pratica le imprese potrebbero, non solo nel loro bilancio civilistico ma anche in quello fiscale, ammortizzare in un solo anno le capitalizzazioni immateriali o materiali legate agli investimenti in innovazione fatti nel recente passato.
Soprattutto sarebbe un provvedimento la cui applicazione pratica sarebbe affidata alle stesse aziende che potrebbero, autonomamente, decidere come applicare la norma di vantaggio: in un’unica soluzione con un unico intervento di bilancio oppure in più tranche. Il 28% dell’importo dell’ammortamento effettuato sarebbe nei fatti finanziato dal fisco. Un importo abbastanza significativo per alleviare il credit crunch che non sembra avere alcuna intenzione di mollare la presa sull’economia italiana.