Carlo Scarpa: “Agenda digitale, Serve una visione di sistema”

L’economista: “L’Agenda ddeve essere il driver che trasforma il Paese. Ma senza un piano di lungo periodo che chiarisca gli obiettivi anche i progetti innovativi rischiano di restare lettera morta”. Sblocca Italia: “Sgravi sulla banda larga? Ci spieghino meglio i criteri”

Pubblicato il 15 Set 2014

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“Mi sarei aspettato una politica più chiara sul digitale da parte di questo governo, una politica che rispondesse a un’idea di trasformazione del Paese”. Carlo Scarpa, economista e docente ordinario all’Università Brescia, non usa mezzi termini nel valutare le azioni del governo Renzi.

Eppure il governo sta spendendo molte energie per temere la barra dritta sul digitale. Cosa non la convince?

Guardi, se stiamo agli annunci l’impegno del governo è innegabile: va bene affermare che la PA italiana va riformata o che la banda larga è un’infrastruttura abilitante per il rilancio del Paese. Ma se questi annunci vanno sostenuti da una visione forte di trasformazione del Paese. In questi anni abbiamo visto più “decreti sviluppo” che sviluppo: il primo provvedimento di questo tipo risale al 2011 e conteneva “zone a burocrazia zero”, interventi sulla scuola e interventi di semplificazione. Iniziative che si sono poi replicate in decreti successivi come se fossero evidenziate per la prima volta. Ora il governo ne ha appena varato uno che dovrebbe sbloccare il Paese.

Non crede che possa funzionare il “combinato disposto” di Sblocca Italia, riforma della PA e riforma della scuola?

La ricaduta economica di questi provvedimenti , nel caso diventassero realtà, si potrà rilevare in un periodo che va da 3 a 5 anni: non esistono provvedimenti che da un giorno all’altro fanno cambiare segno al Pil. Però si può dire che, ad esempio, su un settore chiave come quello delle Tlc – banda larga in primis – gli investimenti sono scarsi.

Ma nello Sblocca Italia sono previsti sgravi del 30% su chi investe in banda larga…

Ecco anche in quel caso sarebbe stata necessaria una chiarezza maggiore sul perché si è deciso di tagliare le tasse senza spiegare quale è stato il criterio con cui sono stati decisi i requisiti. Io credo che quando ci sono di mezzo soldi pubblici serva uno sforzo di trasparenza ulteriore. Mi spiego: il governo dovrebbe dire in quali aree basta l’investimento dei privati, quali quelle in monopolio dove – magari – fare dei bandi di gara e, infine, quali sono quelle dove senza l’intervento pubblico il digital divide non verrà colmato. Poi c’è il nodo tecnologico che non mi pare si stato sciolto, ancora una volta.

Ovvero?

Oltre a fare chiarezza su chi, dove e con quali fondi fare le reti bisognerebbe anche decidere quale tecnologia – Fiber to the home oppure fiber to the cabinet? – adottare. Se non si decide presto ho l’impressione che questo benedetto digital divide non lo colmeremo ancora per lungo tempo.

Quindi servirebbe più decisioni “tecniche” da parte di Palazzo Chigi?

Non si tratta di decisioni “tecniche” ma di decisioni squisitamente politiche che un governo deve avere il coraggio di prendere. Senza queste anche i progetti sulla fibra dei privati, come quelli di Metroweb e Telecom Italia, rischiano di non servire.

Sul fronte Agenda digitale il governo sta spingendo su anagrafe unica, identità digitale e fatturazione elettronica considerati progetti abilitanti della PA digitale. Lei che idea si è fatto?

Più che fare una valutazione sui singoli progetti mi piacerebbe capire esattamente cosa succede se le amministrazioni non si adeguano a quanto previsto della legge, sul fronte tecnologico ma anche organizzativo. Annunciare che la PA deve fare alcune cose senza nulla dire sulla responsabilità dei funzionari preposti mi lascia dubbioso.

Sta dicendo che i funzionari inadempienti vanno “puniti”?

Sto dicendo che non sono stati modificati in profondità i sistemi di incentivi, remunerazione e controllo nelle PA che sono la vera chiave di ogni riforma.

Che servirebbe?

Incentivi e premi per chi lavora meglio e sanzioni per chi non adempie gli obblighi di legge. Inoltre c’è bisogno di un investimento forte nella formazione perché il digitale non comporta solamente un’iniezione di tecnologia ma cambia il modo di lavorare. È inutile mettere su carta tante riforme se poi la loro attuazione resta nella totale discrezionalità della nostra burocrazia, il cui potere cresce proprio quando i processi sono oscuri e incontrollabili. Finora la burocrazia si è mostrata molto più forte del nostro legislatore e ha disfatto tutto quanto si era cercato di fare, come ben sa chi ha a che farci quotidianamente.

Il governo si è dato mille giorni di tempi per fare le riforme.

Più che il tempo io porrei l’accento sulla vision politica alla base di queste riforme. Una vision che dica cosa vuole diventare l’Italia facendo leva sull’innovazione. Altrimenti i progetti rischiano di restare lettera morta.

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