L'INTERVISTA

Coppola: “Agenda digitale, in Parlamento serve una commissione ad hoc”

Il deputato Pd spiega al Corriere delle Comunicazioni la sua proposta di modifica di regolamento: “Stop alla frammentazione delle competenze”. E rilancia: “Così diamo un segnale politico di forte attenzione ai temi dello sviluppo”

Pubblicato il 15 Nov 2013

Federica Meta

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“L’Italia non può più permettersi ritardi sull’Agenda digitale. Per questo ritengo necessaria l’istituzione di una commissione permanente sull’Agenda e sull’innovazione tecnologica”. Paolo Coppola, deputato Pd e componente della Commissione Trasporti e Tlc della Camera, spiega al Corriere delle Comunicazioni cosa lo ha spinto a presentare una proposta di modifica di regolamento ad hoc.

Coppola, perché non è sufficiente il lavoro delle commissioni che, a vario titolo, si occupano di digitale?

Il punto è che i temi dell’Agenda sono sparsi in varie commissioni. Tanto per fare un esempio tutte le tematiche relative al Codice dell’amministrazione digitale fanno capo alla I commissione (Affari Costituzionali) mentre la banda larga alla IX (Trasporti e Tlc). A livello legislativo è impensabile che le competenze dell’Agenda digitale siano così suddivise e frammentate. Inevitabilmente i tempi si dilatano perché le priorità sono molte e le sensibilità diverse. A titolo d’esempio, voglio ricordare una ricerca effettuata nella banca dati delle proposte di legge della Camera da cui si rileva che esistono 72 proposte che contengono la parola internet o una variante di digital o telematic o informatico electronic. Di queste ve ne sono nove assegnate alla Commissione giustizia, sei alla Commissione affari costituzionali, quattro alla Commissione bilancio, sette alla Commissione finanze, quattro alla Commissione affari sociali, tre alla Commissione agricoltura, tre alla Commissione cultura, tre alla Commissione ambiente, due alla Commissione per le politiche dell’Unione europea, due alla Commissione trasporti, una alla Commissione attività produttive e una alla Commissione lavoro.

Una frammentazione che genera ritardi, dunque.

Esattamente. L’istituzione di una XV Commissione, dedicata al tema specifico dell’Agenda digitale, potrebbe invece agire nei tempi più brevi possibili andando a toccare l’innovazione in tutti i suoi aspetti. Si tratta di uno strumento necessario per portare l’Italia al passo con gli altri Paesi europei.

Quali sarebbero le competenze della commissione?

Penso ad un organo con competenze specifiche che monitori e valuti adeguatamente i diversi effetti prodotti dai processi di innovazione e di accelerarli e favorirli in ogni settore: dal Cad, alla banda larga e ultralarga fino alla digitalizzazione della scuola, della giustizia, della sanità adeguando con tempestività le leggi ai velocissimi cambiamenti tecnologici. Inoltre potrebbe essere un interlocutore di riferimento unico per l’Agenzia per l’Italia Digitale nonché uno strumento di supporto per le altre commissioni che si trovano a legiferare sul digitale di loro competenza.

Perché proprio una commissione permanente e non, ad esempio, una bicamerale come ha proposto Antonio Palmieri (Pdl) oppure una commissione speciale?

La commissione bicamerale ha poteri solo consultivi, troppo deboli per un tema così importante dal punto di vista economico e sociale come è l’Agenda digitale. Le commissioni speciali invece operano solo su “mandato”: è la Camera che decide di volta in volta quali progetti assegnare. Non è un organo abbastanza incisivo, a mio avviso. E poi la nuova commissione sarebbe un segnale politico importante.

Ovvero?

Il Parlamento dimostrebbe in maniera concreta un’attenzione particolare allo sviluppo e alla crescita del Paese, una consapevolezza del fatto che la digitalizzazione non è solo uno degli aspetti del nostro sviluppo futuro, ma il perno intorno al quale il futuro si costruisce. A cominciare dall’occupazione, il cui rilancio passa dalla creazione di competenze e skills ad alto contenuto di creatività e conoscenza.

La proposta ha riscosso un successo bipartisan. È un buon segno.

Ho raccolto 230 firme, più del doppio del “record” di firme mai raggiunte da una proposta di modifica di regolamento. Però non può – e non deve – rimanere un esercizio fine a sé stesso, ma un atto politico che sottende una visione chiara di cosa vuol dire la rivoluzione digitale e di quanto sia importante per la Camera dei Deputati attrezzarsi in modo efficace per cercare di ridurre il gap di competitività che abbiamo. Bisogna agire nel più breve tempo possibile per evitare che tutto finisca “triturato” nei tempi biblici della Camera.

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