IL NUOVO CAD

Domicilio digitale anche senza Anpr, funzionerà?

Le modifiche apportate al nuovo Cad danno il via libera all’indirizzo digitale dei cittadino. Ma resta da capire come sarà possibile dato che le info devono essere inserite di default su Anpr. Che però è fermo al palo: solo 13 i Comuni subentrati

Pubblicato il 11 Set 2017

Federica Meta

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La ministra Madia accelera sulla riforma digitale della PA, “bypassando” l’Anagrafe Unica. Il decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri dà il via libera al domicilio digitale per tutti i cittadini, una sorta di indirizzo online che consentirà di dialogare con la PA e di ricevere addirittura le multe, proprio come se fosse un indirizzo “fisico”. Licenziato in via preliminare, il testo deve apssare al vaglio della Conferenza Stato-Regioni e delle commissioni parlamentari competenti.

Il decreto, contenente “disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 179, recante modifiche e integrazioni al codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n 82, ai sensi dell’articolo 1 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, integra e modifica alcune disposizioni del Cad, “al fine di accelerare l’attuazione dell’agenda digitale europea, dotando cittadini, imprese e amministrazioni di strumenti e servizi idonei a rendere effettivi i diritti di cittadinanza digitale”. Il decreto mira nello specifico, a rafforzare la natura di “carta di cittadinanza digitale” della prima parte del Codice, “concentrando in essa – scrive palazzo Chigi – le disposizioni che attribuiscono a cittadini e imprese il diritto a una identità e a un domicilio digitale, quello alla fruizione di servizi pubblici online in maniera semplice e mobile-oriented, quello a partecipare effettivamente al procedimento amministrativo per via elettronica e quello a effettuare pagamenti online”. Il fine è inoltre quello di “garantire maggiore certezza giuridica in materia di formazione, gestione e conservazione dei documenti digitali” e accrescere il livello di qualità dei servizi pubblici e fiduciari in digitale.

Lo schema di decreto sblocca quindi il c.d. “domicilio digitale” senza attendere la funzionalità a regime dell’Anagrafe unica della popolazione residente che è ancora in fase di sviluppo. Ciò significa che chi vorrà potrà attivare subito il proprio domicilio con posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito in linea con le norme europee. Non solo la pec, infatti, ma qualsiasi canale di comunicazione online che rispetti le norme europee in materia di sicurezza digitale, potrà costituire il domicilio digitale del cittadino. Tutti i domicili digitali dei cittadini che aderiranno al nuovo servizio verranno raccolti in una sorta di indice realizzato dall’Agid.

Il domicilio digitale dovrebbe portare a circa 250 milioni di euro di risparmi all’anno. Basta pensare, infatti, che il nuovo indirizzo via internet porterà ad azzerare gradualmente le spese postali. Ma non solo. Le PA non dovranno più sostenere – si legge nella relazione tecnica al decreto – “i costi per produrre, conservare, trasmettere documenti cartacei, né altri costi, diretti (carta, toner, buste, etc.) e indiretti (costo del lavoro, tempo per attività manuali, tempo impiegato dal destinatario in caso di assenza per recuperare una raccomandata, etc.)”.

La nuova infrastruttura però, per le attività di manutenzione ed erogazione del servizio, costerà alle casse dello Stato 200mila euro per il 2018 e il 2019.

Resta da capire come sarà possibile far funzionare il progetto anche senza Anpr dato che, almeno sulla carta, il domicilio digitale sarà fornito al cittadino direttamente dal Comune di residenza per essere poi inserito nella piattaforma anagrafica unica. Piattaforma che però stenta a decollare: il 28 agosto ha aderito ad Anpr Rapallo. Si tratta del 13° – su un totale di 8100 – Comune ad essere subentrato.

Il roll out va infatti al ralenti. A frenare finora la questione degli applicativi da utilizzare per il subentro: la maggior parte dei Comuni preferisce continuare la lavorare con quelli sviluppati dai loro fointori di software nonostante Sogei ne abbia sviluppato uno, gratuito, che però le PA locali non considerano esaustivo.

Per uscire dall’impasse è stato affidato al Team per la Trasformazione Digitale il ruolo di Program Office con funzioni di coordinamento.

La situazione attuale vede 13 Comuni attivi su Anpr, ma ci sono 720 Comuni in una fase di pre-subentro  – stanno effettuando gli ultimi test sulla loro anagrafe per correggere eventuali anomalie nate dal passaggio ad Anpr – e altri 2.000 che hanno iniziato a fare test di correttezza. Sprint anche sul fronte fornitori: tutti i 40 provider di servizi tecnologici e anagrafici stanno facendo test di integrazione sui Comuni pilota o hanno già prodotti che supportano l’integrazione.

In fase di pianificazione anche il passaggio ad Anpr anche per alcuni grandi Comuni come Firenze, Napoli e Torino, il cui passaggio sarà naturalmente più delicato. Per gli enti più piccoli il Team è a caccia di città capofila che possano assistere e sostenere i Comuni limitrofi.

“Ad oggi le nostre identità sono sparpagliate in 8.000 anagrafi diverse – ha spiegato a CorCom Mirko Calvaresi, Technical Project Manager del Team per la Trasformazione Digitale – Ogni Comune gestisce la propria individualmente servendosi di software che comunicano con alcuni sistemi centrali ma non tra di loro – pur rappresentando l’unica fonte certa e autoritativa per tutti quei dati anagrafici quali nascita, residenza e composizione del nucleo famigliare”.

Per quanto riguarda le modalità di passaggio dei dati dalle anagrafiche locali all’infrastruttura centrale, come puntualizzato da Calvaresi “i Comuni potranno scegliere se fare l’integrazione con la web app di Sogei oppure tramite i web services dei loro gestionali o ancora in modalità mista. Quello che ci interessa – precisa – è che gli enti conferiscano da Anpr il loro stato anagrafico e aggancino i servizi. Il metodo resta libera scelta delle PA”.

Oltre al domicilio digitale, il decreto prevede anche l’introduzione di una nuova figura: il difensore civico per il digitale istituito presso l’Agid. Una figura unica che opererà a livello nazionale e non uno per pni PA come previsto dalla versione originale del Cad: al garante i cittadini potranno presentare segnalazioni relativamente a presunte violazioni del Cad o delle altre norme in materia di digitalizzazione.

Novità anche sul fronte della e- firma digitale. Alla firma digitale, alla firma elettronica qualificata e alla firma elettronica avanzata, che sono note e normate, e che hanno sostanzialmente il medesimo valore giuridico della sottoscrizione autografa, si aggiunge un nuovo processo di firma avanzata che sarà integrato a Spid. Si prevede che il documento sia formato “previa identificazione del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’art. 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore”.

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