OSSERVATORI POLIMI

Fisco, il digitale leva anti-evasione

La maggiore diffusione dei Pos e dei pagamenti elettronici contribuisce a stanare gli evasori e far emergere l’economia sommersa. Alessandro Perego (Polimi): “Ma bisogna agire prima di tutto sul fronte culturale e dare priorità alla fatturazione elettronica”

Pubblicato il 31 Mar 2013

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La necessità di uno stato modernamente organizzato e ispirato, emerge anche per il tema dell’evasione fiscale. L’Agenda Digitale non solo ha il compito di colmare il digital divide nel Paese, ma anche quello di instillare metodi e idee moderne, che entrino in modo permanente nel nostro “sistema circolatorio”, ancorato a schemi mai rinnovati. Sul tema evasione è ancora prevalente l’idea di investire sulle azioni di carattere ispettivo. La visione dello Stato incombente, che controlla e punisce, fa parte della cultura dell’autoflagellazione, del senso di colpa che deve provare chi trasgredisce e sbaglia.
Quanto si sta facendo per combattere l’evasione con riforme strutturali, che potrebbero rendere permanente il cambiamento? L’attività di controllo non solo è necessaria, ma è indispensabile. Tuttavia non è sufficiente. Anzi, dovrebbe essere residuale. Il fenomeno ha sicuramente risvolti ampi e non solo legati alla scarsa tax compliance, che caratterizza il nostro Paese. Se, da una parte, il sommerso economico vale (sottostimato) 300 miliardi di euro, cioè il 20% del Pil, dall’altra, la pressione fiscale ha raggiunto il 45%. Significa che l’evaso vale circa 140 miliardi. A metà anni ’60 l’Italia poteva contare su un differenziale fiscale a suo favore tra i 5 e i 10 punti percentuali, rispetto a Germania, Gran Bretagna e Francia. Vantaggio bruciato nel corso degli anni. Mentre gli altri hanno consolidato la pressione fiscale, l’Italia l’ha accresciuta significativamente. Se depuriamo i dati dall’economia sommersa la fiscalità reale supera il 50%. Questo significa che l’evasione fiscale è un “male necessario”? Che, addirittura, va vista come “ammortizzatore sociale” nei confronti di uno Stato vessatore? Non scherziamo. Come si criticano le inquisitorie autodafé, così vanno condannate le autogiustificazioni.

“Non dimentichiamoci – afferma Alessandro Perego, Ordinario al Politecnico di Milano e Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Agenda Digitale – che la tracciabilità dei pagamenti, utile per combattere l’evasione, soprattutto nei comparti economici consumer, in Italia è più difficile da realizzare per motivi strutturali e culturali. Bisogna agire su entrambi i fronti”. A un numero di Pos simile a quello del resto d’Europa, fa da contraltare una rete commerciale polverizzata. In Italia il numero di bar, tabacchi e pub è tre volte quello della Francia e il 40% dei nostri esercizi alimentari sono di tipo tradizionale. Segno evidente che gli strumenti in grado di accettare i pagamenti elettronici sono ancora poco diffusi. Ma anche lato consumatore i dati non sono confortanti. Circa il 50% delle carte di credito emesse nel nostro paese non sono attive e poco distanti da questi valori sono anche le carte di debito (Bancomat).

“Sono necessari interventi da parte del governo e della filiera dei produttori di sistemi elettronici e del circuito finanziario per incrementare l’uso delle carte elettroniche e dei sistemi di pagamento tramite mobile”, prosegue Perego. Passare a dimensioni più europee nel transato tramite carte elettroniche- da 130 miliardi di euro a circa 200 – significa intercettare maggior gettito ora sommerso.
L’evasione stimata di questi settori è del 50% circa. Ogni 10 miliardi di pagamenti elettronici aggiuntivi potrebbe far emergere una base imponibile di circa 5 miliardi, in grado di generare un gettito incrementale di 2-3 miliardi di euro tra Iva e imposte sul reddito. Ma con la tecnologia digitale si può fare altro ancora. Pensiamo alla conservazione sostitutiva. Renderla obbligatoria potrebbe giovare anche ai controlli dell’Agenzia delle Entrate. A parità di personale, la produttività potrebbe aumentare di tre volte, con un aumento significativo sia dell’accertato che dell’incassato.
“Senza contare – conclude Perego – che, ampliando il perimetro della digitalizzazione alla fatturazione elettronica e, in genere, alla più ampia gestione documentale, i vantaggi coinvolgerebbero anche le imprese e non solo l’autorità fiscale, con benefici tra i 30 e i 50 euro per ogni fattura trattata”.

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