AGENDA DIGITALE

Galletti (Olivetti): “All’e-school servono 2 miliardi”

Parla l’executive vp e responsabile vendite Europa e Italia dell’azienda di Ivrea: “Fondamentale l’interoperabilità delle soluzioni e l’uso dei tablet. Ma il Governo deve investire per recuperare il gap accumulato dal Paese”

Pubblicato il 26 Apr 2014

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«L’Italia deve recuperare un grande gap. La diffusione delle lavagne interattive nelle aule ha raggiunto una diffusione del 20/22%. In Uk parliamo dell’85%, in Olanda e Danimarca del 60%. Se poi guardiamo alla presenza di tablet nelle scuole, si tratta di casi isolati. Ma il tema dell’integrazione della didattica sui tablet, che fino a pochi anni fa era inesistente, ora si sta affermando. Non si può più pensare a una didattica su lavagne interattive che non preveda anche i tablet».
A parlare è Gianluca Galletti, executive vice president e responsabile vendite Europa e Italia di Olivetti. Al di là delle tecnologie, sottolinea, per il futuro sarà fondamentale la politica di investimenti che il Governo riuscirà a programmare: “Un esempio per tutti: i fondi Miur per i progetti su Lim, scuola 2.0 e classi 2.0, che erano di circa 15 -16 milioni di euro per il 2013, non sono stati erogati e sono slittati al 2014 per la spending review. E’ chiaro che la mancanza di fondi è un limite all’evoluzione delle scuole. Sarebbe necessario un investimento ingente, da uno a due miliardi di euro”.
Dottor Galletti, quali sono le principali prospettive in questo campo?
I contenuti didattici saranno sempre più “personalizzati” e autoprodotti nelle scuole del futuro, mentre fino a ora sono stati poco più che la traduzione in digitale di testi cartacei. Lo sviluppo di collaboration e mash up sarà lo scenario di più forte evoluzione dei prossimi 2 o 3 anni. In questo contesto se si continua a scrivere col gesso sulla lavagna c’è un problema: si deve riuscire a far diffondere le tecnologie, e in questo è importante non soltanto il ruolo di chi propone soluzioni, come Olivetti, ma anche quello delle istituzioni. Noi, come elementi di “traino” tecnologico, dobbiamo essere pronti e stimolare facendo capire che le opportunità ci sono, e sono a portata di mano.
Di cosa si compone l’offerta di Olivetti?
Abbiamo approcciato in modo sistemico l’evoluzione della scuola verso un diverso livello di informatizzazione, dall’infrastruttura alla didattica. La soluzione scuola digitale di Olivetti parte dalla connettività, come il cablaggio della scuola e il wi-fi, passa attraverso la lavagna interattiva multimediale e i device, quindi i pc e i tablet, e prosegue con un portale web erogato in modalità software as a service, per le interazioni con le famiglie, con il registro elettronico. Prevede inoltre una suite di applicativi , anche basati su tablet, di supporto alla didattica, alla remotizzazione, alla condivisione dei contenuti autoprodotti o provenienti dalle case editrici. E, non ultima, la formazione, fatta da docenti ad altri docenti: tutto mettendo al centro il processo di apprendimento.
Qual è il vantaggio dell’interoperabilità dei sistemi?
Le lavagne e i tablet non sono nativamente interoperabili. Quindi era importante proporre alle scuole uno strumento che consentisse di recuperare gli investimenti fatti anche precedentemente in hardware e in software. Per questo abbiamo creato la Web interactive board, una soluzione che consente l’interazione anche tra dispositivi di diversi player.
Tra le case history c’è la vostra esperienza con la Regione Sardegna: come è andata?
E’ forse il primo progetto in Italia di evoluzione sistemica del sistema scolastico. Un piano pluriennale, del valore di 100 milioni di euro, con al centro l’interoperabilità dei sistemi. Quell’esperienza ci ha dato grandi soddisfazioni di mercato ed economiche: abbiamo raggiunto il 40% del mercato in Sardegna nella dotazione delle infrastrutture tecnologiche per le scuole.
Come cambia l’offerta a seconda del grado d’istruzione dei ragazzi?
L’offerta riguarda tutte le scuole di ogni ordine e grado, a eccezione delle materne. Dal punto di vista dei contenuti e del livello di complessità dell’interazione software, man mano che si avanza si gestisce una diversa complessità, per cui, per esempio, si arrivano a fare equazioni di secondo grado alla lavagna multimediale, ma per le dotazioni e il software di base l’offerta non cambia molto, al di là di tablet più resistenti per le elementari e più “standard” per le superiori. I ragazzi delle elementari sono nativi digitali e utilizzano gli elementi tecnologi in modo quasi più evoluto rispetto agli studenti delle superiori, e sicuramente più evoluto rispetto agli insegnanti.
Quali sono state le reazioni più significative tra i docenti e studenti?
Il digital divide culturale esiste e non va trascurato. Se il docente non utilizza gli strumenti o li utilizza in modo sbagliato, c’è un effetto boomerang sulla didattica. Per questo abbiamo creato un supporto formativo, con i docenti che utilizzano gli strumenti che spiegano ai loro colleghi come fare. Non vogliamo sostituirci a chi vive la didattica day by day. Il tema dei comportamenti regressivi e di resistenza andrebbe affrontato anche nell’agenda digitale, disegnando un percorso con il coinvolgimento anche delle componenti sindacali. Non ci si può illudere di fare resistenza passiva, il tema delle tecnologie, in aula e fuori dall’aula, è ineludibile.

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