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In house, Catania: “Serve una privatizzazione selettiva”

La ricetta del presidente di Confindustria Digitale per valorizzare l’IT regionale: “Bisogna tornare al mercato senza svuotare il settore pubblico di competenze e capacità di indicare obiettivi e progetti”

Pubblicato il 15 Set 2014

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Privatizzazione selettiva e “ritorno” al mercato. È questa la ricetta di Confindustria Digitale per valorizzare l’informatica regionale. Secondo il presidente Elio Catania una roadmap è possibile per arrivare in sei mesi a una solzuione. “L’obiettivo è di tornare al mercato ma senza svuotare il settore pubblico di competenze e capacità di indicare obiettivi e progetti – spiega – procedendo a una privatizzazione selettiva – spIega ad Affari e Finanza di Repubblica – Che è d’altra parte quello che sta avvenendo anche nel settore privato, dove le grandi aziende industriali, le banche, si tengono in casa le competenze necessarie a definire esigenze e strategie e a disegnare progetti ma mettono fuori l’operatività: la gestione dei centri di calcolo, lo sviluppo delle applicazioni, il cloud. E poiché nella gestione di servizi IT le competenze alte, quelle progettuali e strategiche sono all’incirca il 20% del totale, si può immaginare che di tutti gli addetti delle società in-house le Regioni trattengano tale quota, 7-800 unità e il resto venga privatizzato. E’ una soluzione vantaggiosa sia per il settore pubblico, che si libera di costi impropri e inefficienti, sia per il privato che amplia il suo mercato: oggi le società “in-house” valgono la metà dell’intera spesa Ict delle PA locali”.

E il ridisegno del mercato passa anche dalla cancellazione dell’autonomia delle Regioni negli acquisti. Per questo è già all’opera un tavolo comune tra Confindustria Digitale e Consip per ridisegnare le logiche dell’e-procurement e risolvere il problema delle società in-house pubbliche.

Secondo i dati di Netics il “costo” delle in house è di 800 milioni l’anno. “Di cui 720 in capo alle 14 maggiori società, mentre ce ne sono un’altra quarantina che si dividono una torta restante sugli 80 milioni – spiega il direttore della società di ricerce Paolo Colli Franzone – Queste 14 maggiori avevano a fine 2013 4.754 addetti. Erano 4.093 nel 2010”. Dentro c’è di tutto. Dal Csi, il consorzio piemontese che riunisce le esigenze di Regione e di molti comuni, tra i quali Torino, con 140 milioni di fatturato e 1.163 addetti, alla emiliana Lepida, che ha solo 50 addetti, fattura 18 milioni ma ha realizzato una delle più estese reti ottiche regionali che però non gestisce direttamente ma la ha affidata ai privati con una gara pubblica. La più efficiente, nell’opinione generale, è Lombardia Informatica, 473 addetti e 188 milioni di fatturato, almeno dal punto di vista dell’efficacia dei suoi prodotti, che, pare, funzionano.

Il direttore di Netics precisa però che il tema dell’indotto, in particolare, presenta notevoli diversificazioni. “Alcune entità quali il Csi Piemonte e Informatica Trentina, da anni (anche – e forse “soprattutto” – in seguito all’emanazione della “Legge Bersani” del 2006) hanno completamente riconfigurato il loro rapporto coi fornitori attivando circuiti virtuosi il cui valore è stato testimoniato anche dalle Unioni Industriali territoriali -sottolinea – In altri casi probabilmente le in-house faticano a trovare un corretto equilibrio fra la tentazione di “scrivere software” e un trend che inevitabilmente dovrebbe condurle verso un ruolo di “Agenzie Regionali per l’Innovazione”.

“E non tutte le in-house, fortunatamente, pagano i loro fornitori a 400 giorni: questi sono i casi peggiori, e per fortuna non sono moltissimi e sono confinati nel mare magno delle piccole società a livello intercomunale – prosegue Colli Franzone – Rilevante, invece, il fenomeno relativo ai fornitori delle in-house messi in difficoltà da tempi di pagamento comunque troppo dilatati. Ma va anche detto che a loro volta le in-house subiscono tempi di pagamento altrettanto dilatati da parte dei loro enti affidanti. E da qui si dipana la madre di tutti i circoli viziosi, che trae origine dalla trappola del patto di stabilità!

“Ben venga comunque, come dice il Presidente di Confindustria Digitale Elio Catania, un momento di seria e serena riflessione sul futuro dell’in-house pubblico, anche attraverso operazioni di privatizzazione e di riconfigurazione dei rapporti tra domanda e offerta in un settore di rilevanza strategica per il futuro del Paese”, conclude l’esperto.

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