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La spending review? Sui dirigenti

Qualunque riforma della PA che punti all’efficienza e al risparmio deve colpire nel profondo l’alta dirigenza ministeriale. Paghiamo a peso d’oro dirigenti che non potrebbero gestire neppure un condominio

Pubblicato il 15 Lug 2012

Piero Laporta

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Alcuni suggerimenti a Enrico Bondi per la spending review. Qualunque riforma della PA che punti all’efficienza e al risparmio deve colpire nel profondo l’alta dirigenza ministeriale. Se una ditta è in crisi il padrone se la prende col management prima di licenziare gli operai. Con lo Stato avviene il contrario e gli effetti sono sotto gli occhi di tutti.

Paghiamo a peso d’oro dirigenti che non potrebbero gestire neppure un condominio. Mettono in busta paga centinaia di ore di straordinario come se le prebende da dirigente non fosse sufficienti. Sfruttano congedi di maternità, paternità e malattia come fossero operai da mille euro al mese. Eppure accade che un giovanotto chiuda la sua partita Iva presso l’Agenzia delle Entrate di una città, sfinito da contributi e tasse versati a Inps e Camera di Commercio di un’altra città, dov’era residente al momento dell’apertura della partita e, dopo quasi due anni, Inps e Cdc chiedano contributi e tasse ulteriori, a loro dire esigibili perché non avvertiti della chiusura dell’attività.

Un ente dello Stato non comunica ad altri due enti dello Stato la cancellazione della partita Iva e non di meno i due enti rivendicano un diritto in nome dello Stato. Questa vicenda ricorda la distinzione, fra imbecillità profonda e imbecillità superficiale, che Karl Kraus reputava indispensabile. Bastava una e-mail dall’agenzia delle Entrate all’Inps e alla Cdc per chiudere la questione in due nano secondi. No, dopo due anni è tutto in alto mare; no, lo Stato è in mano a funzionari che invece di semplificare i problemi sono impegnati a crearne. In tempi di spending review, sarebbe opportuno cominciare da qui.

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