Il direttore dell’Agenzia per l’Italia digitale sarà nominato a breve “prima di Digital Venice”. Lo ha detto al Corriere delle Comunicazioni il ministro della Semplificazione e PA, Marianna Madia, a margine del seminario “Dalla società industriale alla società digitale”, organizzato dall’associazione Italiadecide presso la Camera dei deputati.
Nel suo intervento Madia ha evidenziato la necessità di proseguire con forza sulla strada della digitalizzazione di pari passo con la semplificazione. “Digitalizzare l’amministrazione – ha spiegato Madia – significa essenzialmente semplificare i processi, altrimenti il rischio è di trasportare nei procedimenti digitali le stesse lentezze che si riscontrano in quelli analogici”.
“Questo vuol dire – ha evidenziato – passare, nella PA, dalla cultura del documento alla cultura del dato che deve essere disponibile a cittadini e imprese ma soprattutto non viziato da duplicazioni che, appunto, andrebbero a complicare i processi”.
In questo senso il ministro ha sottolineato la necessità di unificare il più possibile le banche dati delle PA. “Il governo sta spingendo molto su questo fronte – ha ricordato – Intendiamo, ad esempio, unificare i database del Mef e del ministero della PA sulle società partecipate per avere contezza delle stesse e avviare un processo di consolidamento all’insegna dell’efficienza”.
La gestione e la conservazione del dato sono dunque le assi su cui vertono azioni digitale volte all’efficienza. Azioni che però non produrranno mai i risultati sperati se dietro non c’è “la volontà politica di eliminare – ha chiarito Madia – rendite di posizione e poteri costituiti per i quali il dato è una proprietà e non un valore da condividere. E questo nel governo questa volontà politica c’è”.
“La digitalizzazione della PA – ha proseguito il ministro – è uno dei pilastri dell’azione dell’esecutivo per gestore la quale, però, ha tenuto a chiarire Madia servono grandi competenze all’interno dell’amministrazione stessa”.
“E’ finito il tempo di super esperti Ict per l’amministrazione – ha detto – Bisogna investire sulla dirigenza pubblica per metterla nella condizione di gestire in maniera efficiente risorse e problemi complessi legati alla digitalizzazione dei processi. Il nostro impegno di governo, come si evince anche dal nostro piano di riforma della PA, è proprio quello di puntare sulle capacità dei dipendenti pubblici per fare finalmente il salto nell’innovazione”.
Secondo Madia l’Italia, con il semestre di presidenza Ue, ha la grande occasione di assumere un ruolo guida nell’Agenda digitale europea. E il primo banco di prova sarà Digital Venice. “Si tratta di un evento nel quale si possono mettere a fattore comune gli spunti di istituzioni, aziende e tecnici – ha ricordato Madia – Il frutto di questo evento sarà la Venice Declaration, il documento dove verranno inseriti gli impegni del governo italiano nel semestre di presidenza”.
In occasione del convegno, il presidente di Italiadecide Luciano Violante, ha chiesto al ministro Madia di rendere pubblici riutilizzabili tutti i dati pubblici, “Lamentazioni sui ritardi del digitale? – ha detto – No, abbiamo un’ idea precisa su questo tipo di atteggiamento: è un alibi per la difesa dell’esistente e avvia un grande processo di deresponsabilizzazione: troppe cose da fare e troppo difficili, deve pensarci qualcun altro!”.
Violante, dopo aver sottolineato come il tema della società digitale sia entrato con determinazione nella strategia del governo, ha sottoposto al minustro Madia e quello dell’Istruzione, Stefania Giannini, presente anch’essa al seminario, l’esigenza della “sostituzione della cultura pubblica del segreto della pubblica amministrazione con la cultura pubblica della trasparenza della pubblica amministrazione”.
“Il 26 giugno 2013 è stata adottata una direttiva europea, che integra una varata dieci anni prima – ha ricordato – dedicata alle informazioni del settore pubblico che rende chiaro l’obbligo di tutti gli Stati della Ue di rendere riutilizzabili tutti i dati pubblici, ad eccezione di quelli il cui accesso sia limitato o escluso”. Perché, fermo restando l’utilizzo di tecnologie che consentono di proteggere i dati personali – ha concluso – i dati non sono del singolo ufficio pubblico; sono della Repubblica, e cioè delle istituzioni e dei cittadini”.