LA RICERCA

Musei italiani sempre più attivi sui social, ma pochi hanno un piano digitale

Secondo la ricerca condotta dall’Osservatorio del Politecnico di Milano, crescono le istituzioni culturali che utilizzano Facebook, Twitter e Instagram. Apprezzate dagli utenti per i servizi digitali offerti, scontano però la carenza di risorse: quelle disponibili sono utilizzate più per le attività di portierato che per pianificare l’innovazione

Pubblicato il 30 Mag 2018

Giorgia Pacino

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I musei italiani sono sempre più social, ma solo 4 su 10 possono vantare una strategia per l’innovazione digitale. È quanto emerge dai dati presentati oggi dall’Osservatorio innovazione digitale nei beni e attività culturali, promosso dalla School of management del Politecnico di Milano.

Apprezzati dal pubblico per l’offerta di servizi digitali e sempre più attenti a creare engagement sui social media, i musei italiani scontano la carenza di risorse. Quelle disponibili sono utilizzate più per attività di portierato e vigilanza (25% del totale) che per finalità strategiche, come la pianificazione dell’innovazione o la conservazione delle collezioni. Secondo i dati Istat, appena il 30% dei musei offre almeno un servizio digitale sul posto (app, QR code, wifi o le tradizionali audioguide) e almeno uno online sito web, account social, biglietteria online). Percentuale che scende all’11% per i musei che ne offrono almeno due.

La ricerca condotta dall’Osservatorio sulla presenza online di 500 musei italiani mostra una leggera crescita del numero di istituzioni culturali con un sito web proprietario (43% rispetto al 42% dello scorso anno). Passi avanti si registrano anche sul fronte dei servizi: la biglietteria online è presente nel 23% dei musei, il 67% ha in homepage icone per l’accesso facilitato alle pagine social e il 55% consente l’accesso alla collezione virtuale. Cresce in modo più significativo la presenza su altri canali: il 75% dei musei è su Tripadvisor (+20% rispetto a fine 2016) e aumento il numero di account ufficiali sui social network. Su Instagram la copertura è passata dal 15% all’attuale 23%. I musei che utilizzano Facebook, Twitter e Instagram sono il 18% (16% nel 2016), mentre scende la percentuale di quelli senza alcun account social (dal 46% al 43%).

“Per sostenere l’azione di cambiamento e innovazione che tante organizzazioni vorrebbero avviare, ma su cui scontano ancora una forte mancanza di risorse economiche e manageriali, l’Osservatorio ha avviato un percorso di co-progettazione, insieme a oltre 50 tra istituzioni culturali e aziende del settore”, spiega Eleonora Lorenzini, direttore dell’Osservatorio. “Il percorso ha avuto come esito la produzione e l’utilizzo di una roadmap, volta a fornire strumenti in grado di sostenerne il processo di pianificazione e gestione dell’innovazione e l’adozione consapevole e ragionata degli strumenti digitali”. Quattro le tappe della roadmap: misurazione, strategia, attività e progetti, sostenibilità. Al momento il 72% del campione ha un livello di digitalizzazione avanzata, con un sito web istituzionale e più di un profilo social, ma appena il 6% del personale è impiegato nella gestione delle relazioni con altri enti e nel marketing. La figura del social media manager è presente nel 59% delle istituzioni culturali come figura interna, nel 26% dei casi è una funzione affidata a personale esterno. Per il 43% dei musei comunicazione e customer care sono progetti prioritari.

“Sebbene l’ecosistema culturale abbia accumulato un forte ritardo in termini di innovazione, negli ultimi anni si è avviato e sta prendendo consistenza un processo di trasformazione, anche digitale”, sottolinea Michela Arnaboldi, responsabile scientifico dell’Osservatorio. “Le nuove tecnologie potranno avere un forte impatto su alcuni processi, come quelli legati al customer care ma anche alla catalogazione e digitalizzazione della collezione. Occorre continuare a lavorare sulla disposizione a creare reti tra istituzioni culturali perché solo attraverso azioni sinergiche l’ecosistema potrà sopperire ai gap di risorse economiche e di competenze che ancora condizionano il percorso innovativo di molte realtà. La strada è lunga ma percorribile: i buoni risultati ottenuti in termini di soddisfazione dei visitatori devono costituire uno stimolo in questo processo di innovazione”.

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