GIUSTIZIA

Orlando: “Processo civile telematico strumento di tutela diritti”

Il ministro della Giustizia: “Sarà un grande cambiamento culturale per il Paese”. Intanto inizia il conto alla rovescia verso il 30 giugno, ma resta da sciogliere il nodo tecnologia: 8 tribunali sono ancora senza senza servizi e il 40% non ha disposizione pc adeguati

Pubblicato il 18 Giu 2014

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“Il 30 giugno rappresenta non solo una tappa fondamentale per il processo civile telematico, ma anche un punto di non ritorno verso la completa digitalizzazione del processo civile e in generale dei processi”. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando, intervenendo a Salerno a un convegno sulla giustizia digitale, definisce l’introduzione delle procedure telematiche per gli adempimenti nel processo civile “un cambiamento culturale e uno strumento per una più efficace tutela dei diritti”.

Il ministro, alla platea di magistrati e avvocati, non nasconde le preoccupazioni che accompagnano la riforma. “Se abbiamo introdotto qualche elemento di cautela – spiega – se abbiamo cercato di tenere insieme diverse esigenze, è perchè non possiamo permetterci un effetto boomerang”. Orlando definisce la data del 30 giugno prossimo “una tappa fondamentale” che tuttavia non è universalemente accettata. “Non vanno nascoste le resistenze e le diffidenze che ci sono – sottolinea il ministro – rispetto alle innovazioni che ci troviamo a sperimentare. Dobbiamo tenerne adeguadamente conto dal punto di vista politico, ma queste non possono impedirci di ottenere un risultato importante per il nostro paese”.

Da ricordare che il processo civile telematico andrà a regime per tutti gli atti solo dal 31 dicembre 2014 e diventa obbligatorio dal 30 giugno solo per quelli nati da questa data in poi. Per quelli pendenti si potrà ancora usare la carta: il canale telematico è facoltativo.

Alla vigilia della partenza però c’è l’intoppo tecnologia. Otto tribunali su 140 senza servizi telematici attivi; il 40% degli uffici senza dotazioni hardware – pc soprattutto – efficienti e il 27% senza connessioni in grado di supportare il flusso documentale. Si presenta così il sistema Giustizia italiano a due settimane dall’avvio del processo civile telematico (Pct) previsto per il 30 giugno. È quanto emerge da un’indagine condotta dal Consiglio superiore della magistratura (Csm) secondo cui, entrando nel dettaglio, i tribunale che non hanno ancora attivato i servizi IT sono: Civitavecchia, Gorizia, Lecce, Pistoia, Vallo della Lucania, Velletri, Venezia e Vibo Valentia.

Problemi anche sul fronte delle dotazioni tecnologiche: solo il 33% degli uffici ha dichiarato che l’80% dei pc è efficiente mentre il 40% possiede computer malfunzionanti. Meglio, però, sul fronte dei portatili: nel 72% di Tribunali e Corti d’Appello – per ora queste ultime sono escluse dal processo online – l’80% dei laptop sono adeguati alle richieste del Pct .

Sul fronte connessioni Internet il 22% dei tribunale le ritiene insufficienti mentre un 5% addirittura “gravemente insufficiente”. La sufficienza alle connessioni la dà il 37% degli uffici (buona nel 32% dei casi, ottima nel 4%).

Per quanto riguarda l’assistenza IT, il Csm rileva che questa è gestita in outsourcing nel 69% dei tribunali e da personale interno nel restante 31%. Focus anche sulla soddisfazione del servizio: la metà (46%) di tribunali e Corti d’Appello afferma che i tempi di interventi sono rapidi mentre per l’altra metà questi sono lenti o addirittura è insoddisfatto a causa della lentezza. Per il 6% i tempi sono inaccettabili. Pochi anche gli avvocati che usano servizi telematici: il 90% degli studi legali li utilizza raramente.

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