INNOVAZIONE

PA digitale, appello di Cida: “Servono più informatici, Pnrr carente”

Secondo la Confederazione dei dirigenti pubblici e privati e delle alte professionalità, gli obiettivi di reclutamento del Piano non sono sufficienti: “Grave debolezza che mette a rischio tutto l’impianto innovatore dei servizi informatici pubblici. Investire sulle competenze interne”

Pubblicato il 18 Mar 2022

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 Il Piano nazionale di ripresa e resilienza assegna ingenti risorse alla transizione digitale e, in particolare, destina circa 34 miliardi alla pubblica amministrazione per determinare quello shock sistemico di cui il Paese ha bisogno per avere una PA informatizzata. Ma nonostante questa forza d’urto, le condizioni contenute nel Pnrr per raggiungere questo obiettivo, appaiono necessarie ma non sufficienti. Il Pnrr è infatti carente sul piano del reclutamento di professionalità tecnico-informatiche pubbliche, il cui profilo è ben diverso dal previsto reclutamento di lavoratori con conoscenze digitali “lato utente”, chiamate a gestire le procedure digitalizzate. E’ quanto sostiene Cida, la confederazione dei dirigenti pubblici e privati e delle alte professionalità, nel tavolo di partenariato con Palazzo Chigi sul Pnrr dedicato alla transizione digitale.

“Questo vuoto programmatorio e attuativo – spiega il presidente di Cida, Mario Mantovani – costituisce un elemento di grave debolezza di tutto l’impianto innovatore dei servizi informatici pubblici. Ministeri ed enti pubblici medi e grandi devono poter contare su un congruo numero di risorse professionali informatiche, adeguatamente retribuite nel contesto di un mercato globale delle alte professionalità che offre ben altre prospettive rispetto a quelle prefigurate dalla pubblica amministrazione italiana e dalle leggi d’accompagno del Pnrr”.

“Per una serie di circostanze storiche e di scelte politiche a volte sbagliate, l’assenza di risorse informatiche professionalizzate interne, pone le amministrazioni pubbliche in condizione di grande debolezza strutturale e danneggia gli interessi generali della collettività. Infatti, costringe gli uffici pubblici a dipendere da fornitori esterni di servizi informatici per la manutenzione ordinaria dei programmi o per apportare variazioni tecniche anche minime. A questa situazione di sudditanza ordinaria si aggiungono danni molto più ingenti quando l’azienda pubblica si avventura nel mercato informatico per reperire un prodotto nuovo, perché manca una capacità autonoma di valutare i prodotti e/o servizi che vengono offerti da ditte esterne e non esistono know how interni che consentano di valutare il rapporto prezzi/qualità dei servizi in vendita – prosegue – Ovviamente distinguendo fra un atteggiamento di disponibilità al mercato e quello di subalternità dell’interesse collettivo agli interessi privati. L’unico presidio possibile per salvaguardare interessi generali e la qualità dei servizi, sta in una politica di reclutamento di professionalità informatiche interne, in numero congruo per garantire una sufficiente autonomia di gestione e di valutazione dei servizi informatici offerti dall’esterno”.

“Infine, nella strategia generale degli investimenti e delle riforme programmate dal Pnrr nella transizione digitale della pubblica amministrazione, sembra mancare un percorso abilitante di assimilazione del nuovo all’interno delle strutture amministrative oggi esistenti – conclude- Si renderanno necessarie risorse professionali capaci di gestire i nuovi processi di lavoro e saranno indispensabili competenze manageriali, sia quelle giovani, sia quelle munite di solida esperienza, capaci di immaginare gli scenari nuovi che le nuove tecnologie potenzialmente dischiudono, in termini di processi di lavoro e di relazione con l’utenza.  E’ decisivo imprimere cambiamenti controllati e di qualità: senza una chiara regia di gestione, si potrebbero verificare scontri e incomprensioni fra le professionalità nuove e le componenti tradizionali”.

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